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FORLÌ (FC) | Fondazione Dino Zoli | 19 ottobre 2019 – 19 gennaio 2020

Intervista a NADIA STEFANEL e GIGLIOLA FOSCHI di Matteo Galbiati

Dopo l’anteprima presso The Arts House a Singapore (è stato il terzo progetto artistico presentato dalla DZ Engineering, azienda del Gruppo Dino Zoli, durante il GP di Formula 1), la mostra Gradazioni di luce. Geografie di sguardi tra storia e contemporaneità inaugura il prossimo sabato presso la sede della Fondazione Dino Zoli a Forlì (FC).
Abbiamo approfondito i contenuti di questo progetto – in cui sei artisti di generazioni diverse, fotografia, arte e cultura, business, mission e cultura d’impresa si fondono in un’interessantissima reciproca valorizzazione – con le due curatrici che hanno definito i contenuti di questo ampio e intenso lavoro. Ecco il resoconto di questa esperienza nelle parole di Nadia Stefanel e Gigliola Foschi:

Alessandra Baldoni, Mausoleo di Galla Placidia (prima metà V sec DC), Ravenna, Photo 2019

Come nasce questo progetto nell’ambito delle attività culturali promosse dalla Fondazione Dino Zoli?
Nadia Stefanel – Il progetto nasce da un’esigenza concreta della DZ Engineering, una delle aziende del Gruppo Zoli, che progetta e realizza sistemi integrati di illuminazione, telecomunicazioni e audiovisivi, sia in Italia che all’estero: il voler documentare gli innumerevoli cantieri realizzati in Italia attraverso lo sguardo di fotografi emergenti o già conosciuti. Il poter disporre di un archivio fotografico di alto profilo.
Si è trattato di un lavoro su commissione, volutamente affidato ad artisti appartenenti a diverse generazioni, che si è trasformato in “altro”: ogni autore ha messo, infatti, in questi scatti la sua ricerca e la sua arte, offrendo lo spaccato di un Paese capace di guardare al futuro senza dimenticare la propria storia.

Quali caratteristiche deve avere un artista, e di conseguenza la sua ricerca, per affiancare la vostra promozione della cultura e la mission d’impresa?
Nadia Stefanel – La mission d’impresa è quella di continuare a crescere affiancando creatività, passione per l’arte, e la cultura, ricerca, attenzione per i giovani e business.
La Fondazione Dino Zoli, punto di riferimento culturale per il Gruppo Dino Zoli, cerca di raggiungere questo obiettivo facendosi promotrice di iniziative tese a valorizzare il rapporto tra arte, nuove generazioni e impresa, scegliendo artisti che possano interpretare questo spirito, che siano aperti allo scambio di idee, a intraprendere un percorso di crescita reciproca. Obiettivo raggiunto con il nuovo format Who’s Next, nato nel 2018 (con Silvia Bigi), in seguito con la prima residenza d’artista (con Elena Hamerski) e con i progetti curatoriali, come gli eventi organizzati a Singapore per sostenere e promuovere la creatività emergente.

Luca Gilli, Mapei Stadium (1994), Reggio Emilia, Photo 2019 #1

Quali sono i contenuti della mostra? Quali linee avete seguito per costruire questo progetto?
Nadia Stefanel – Insieme al team della DZ Engineering abbiamo selezionato dodici luoghi in Italia che fossero rappresentativi dei progetti dell’azienda, cercando di optare per dodici tipologie diverse tra loro (dalla Sinagoga al Mausoleo, dall’Abbazia alla Chiesa al sito archeologico, dal Porto, allo Stadio al Castello, al circuito automobilistico).
Con Gigliola abbiamo poi cercato di intraprendere un viaggio italiano da Nord a Sud seguendo due direttrici: quella dei luoghi storici e quello dei luoghi legati alla contemporaneità e un fattore comune, la LUCE, nelle sue diverse intensità.

Gigliola Foschi – DZ Engineering è intervenuta in dodici siti storici e contemporanei, estremamente diversi tra loro, con sistemi integrati e innovativi di telecomunicazione, ma soprattutto di illuminazione. Con Nadia abbiamo quindi pensato che il file rouge in grado di unire tra loro i progetti degli autori invitati poteva, quindi, essere proprio la luce. Una luce al crepuscolo e poi notturna, intesa come un momento che determina e influisce sugli aspetti percettivi ed esperienziali; una luce che evidenzia determinati elementi e altri li sottace o li rende misteriosi. Alcuni autori, come ad esempio Cosmo Laera, hanno sottolineato il cambiamento percettivo da una visione notturna – dove l’intervento della DZ Engineering è determinante – a una visione diurna immersa nella luce abbacinante delle estati del Mediterraneo (Laera ha infatti fotografato tre siti archeologici in Puglia: il Bastione di Santa Scolastica di Bari;  l’Abbazia di San Leonardo Abate in Lama Volara di Siponto nei pressi di Manfredonia e il Parco Archeologico di Canne della Battaglia vicino a Barletta) costruendo, quindi, una sorta di approfondita esplorazione dal giorno alla notte.

Cosmo Laera, Santa Scolastica (XVI sec.), Bari, Photo 2019

Altri autori, ad esempio Lucrezia Roda, si sono concentrati maggiormente sulla notte e il tramonto quali momenti in cui luoghi ed edifici emergono come presenze luminose e intense nell’oscurità. A ogni artista abbiamo inoltre chiesto di interpretare tali siti, per la mostra presso la Fondazione Zoli, in modo libero e autoriale, ma rispettando il tema comune della luce.

Il lavoro che avete chiesto si lega a dodici luoghi che toccano la storia e l’impegno della DZ Engineering. Quali sono e come li avete “assegnati” agli artisti?
Nadia Stefanel – Abbiamo scelto sei autori che potessero, con la loro poetica, raccontare e narrare al meglio lo spirito delle locations scelte. Fare in modo che attraverso il loro sguardo nella luce ne risultasse uno spaccato di ciò che si può definire “stile italiano”.
Fotografi di cinque generazioni diverse per dare spazio al già conosciuto e continuare nella nostra ricerca come Fondazione di una creatività diffusa.
Ad ognuno dei 6 artisti è stato richiesto un doppio incarico fotografico: 1) documentaristico, quasi da reportage per raggiungere l’obiettivo aziendale di costruire un archivio di immagini rappresentativo dei progetti realizzati e 2) una ricerca autoriale sui luoghi, che presupponesse una conoscenza storica artistica e una capacità di saperli leggere al di fuori degli schemi tradizionali.
Credo che il risultato si veda.

Luca Marianaccio, Autodromo di Vallelunga (XXI sec), Roma, Photo 2019

Gigliola Foschi – Come ha detto Nadia, ogni autore aveva un doppio incarico: da una parte doveva documentare gli interventi della DZ Engineering nei vari siti, dall’altra progettare un proprio lavoro di ricerca legato al tema assegnato. Abbiamo di conseguenza cercato e poi coinvolto nel progetto autori capaci, tecnicamente e professionalmente, di fotografare luoghi e architetture (compito, questo, che già da solo richiede sensibilità e competenze precise); ma a questi autori abbiamo anche chiesto di uscire dalle logiche di una mera documentazione, sia pur di alto livello, per interpretare tali luoghi in modo chiaramente autoriale. Faccio un esempio tra i molti possibili: l’incarico di fotografare il Mausoleo di Galla Placidia e la Sinagoga di Pisa è stato affidato ad Alessandra Baldoni perché avevo già visto vari suoi lavori, dove alcuni elementi legati alla storia dell’arte venivano rivitalizzati e presentificati grazie ad accostamenti inediti eppure profondi. E lei, non solo è riuscita a fotografare tali edifici storici in modo impeccabile, ma anche a realizzare un lavoro artistico dove alcuni dettagli carichi di spiritualità e intensità religiosa vengono avvicinati ad altre immagini, in apparenza totalmente “altre”, ma che, accostate le une alle altre in dittici e trittici, danno vita a piccole storie narrate sottovoce, simili a rime visive sospese tra mistero e incanto. Un altro elemento, determinante nella mia scelta degli autori a cui offrire l’importante incarico della Fondazione Zoli, è stato sapere se conoscevano intimamente, per così dire in prima persona, la storia e la storia dell’arte dei luoghi in cui si trovano i siti artistici illuminati da DZ Engineering. Per fare “buone” fotografie (e non solo belle) non basta essere bravi tecnicamente, ma soprattutto occorre saper conoscere, avere la capacità di stupirsi, di interrogare ciò che si ha di fronte. Sapevo – ad esempio – che Pio Tarantini è salentino e che ha realizzato molti importanti lavori in Puglia legati all’arte, all’architettura e al suo territorio. Ricordo ad esempio le sue serie – spesso sfociate in mostre e volumi fotografici – Arte sacra minore nel Salento; Sere a Sud-Est; Lecce Barocca ed altre ancora; ecco quindi che lo abbiamo incaricato di fotografare la Cattedrale di Otranto e la Chiesa di Uggiano. Oppure, nel caso di Lucrezia Roda, conoscevo i suoi lavori realizzati all’interno della Trafileria San Paolo – (esposti in numerose mostre e pubblicati di recente nel libro Steel-Life, vanillaedizioni); avevo quindi la certezza che si sarebbe sentita artisticamente in sintonia con gli spazi industriali; e per questo le abbiamo quindi affidato l’incarico di fotografare il Polo Chimico di Ferrara e il Porto di Ravenna. E, ultima cosa, mi incuriosiva (cosa che spero accada anche agli spettatori della mostra) l’idea di vedere che cosa sarebbe successo coinvolgendo fotografi molti diversi tra loro per età ed esperienze, stili e sensibilità.

Lucrezia Roda, Polo chimico (dal 1936), Ferrara, Photo 2019

Da Singapore a Forlì, come cambia e si sviluppa il progetto espositivo nelle due diverse sedi?
Nadia Stefanel – A Singapore abbiamo esposto una preview delle 12 locations suddivise in 6 autori a The Arts House, luogo iconico della città situato di fianco alla National Gallery, realizzando per il terzo anno un progetto artistico durante il GP di F1. Il motivo è dato dalla presenza della DZ Engineering a Singapore dal 2011 con l’incarico per la realizzazione degli impianti di illuminazione e di comunicazione di pista sul circuito di Marina Bay, dove ogni anno viene disputato il Gran Premio di Formula 1.
A Forlì la mostra si svilupperà nella sua interezza, dando ampio spazio alla creatività degli autori, per scelta dei formati delle foto, del tipo di allestimento e delle carte sulle quali stampare gli scatti.
Con Gigliola Foschi abbiamo realizzato un accurato lavoro di selezione foto per permettere nei 1500 mq della Fondazione un uguale spazio espositivo ad artista, ma che fosse rappresentativo dell’Arte di ciascuno. Il risultato è un armonico racconto della nostra Italia.
Il progetto è inedito ed è interamente prodotto dalla Fondazione Dino Zoli e dalla DZ Engineering.

Gradazioni di luce. Geografie di sguardi tra storia e contemporaneità, veduta della mostra, The Arts House, Singapore (Nadia Stefanel, Monica Zoli e Roberto Grilli)

Come hanno lavorato singolarmente gli artisti e come si inserisce questo lavoro nell’ambito della loro ricerca? Ci accompagni ad una lettura di queste opere?
Gigliola Foschi – I lavori degli autori che abbiamo invitato si inseriscono nell’importante tradizione delle numerose campagne d’indagine fotografica sul territorio che, in Italia, si sono sviluppate soprattutto gli anni Ottanta e Novanta. Con una differenza: qui il committente non era pubblico ma privato e il tema era più circoscritto: non un determinato territorio, ma specifici siti o monumenti. Cosa, questa, che ha reso ancora più intrigante per gli autori la sfida di riuscire a creare opere di approfondimento e documentazione che non fossero una ripetizione del già visto.  Tanto che – di comune accordo con Nadia Stefanel e con un privato “illuminato” come DZ Engineering – abbiamo sottolineato che ogni autore doveva e poteva sentirsi libero di esprimersi e di interpretare i luoghi affidati nei modi che riteneva più in sintonia con il proprio lavoro artistico, senza però tradirne la storia, anzi offrendo nuove possibilità di lettura più in profondità, più ricche, più sottili. L’obiettivo era che ogni autore facesse un proprio lavoro espressivo, non semplicemente una ricerca per la Fondazione Zoli. Un proprio lavoro capace di resistere nel tempo, e dare dignità e valore ai siti fotografati. Del resto anche scegliere come illuminare un sito storico significa farlo vedere in “un altro modo”, diverso rispetto a quello della luce naturale. E la bravura di chi progetta tali luci consiste nel saper interpretare e valorizzare i siti in cui si interviene senza snaturarli, senza trasformarli in una sorta di parco giochi stile Las Vegas; si tratta semmai di emozionare gli spettatori, di far loro vedere più intensamente e diversamente tali luoghi. Compiti, soprattutto questi ultimi, che, a mio avviso, sono anche quelli di una fotografia consapevole di sé, protesa a relazionarsi con il mondo del visibile adottando un atteggiamento al contempo conoscitivo, interrogativo ed empatico.

Pio Tarantini, Chiesa Santa Maria Maddalena (seconda metà XVIII sec.), Uggiano, Photo 2019

Un altro aspetto che penso qualifichi questa mostra è che ogni autore ha potuto presentare le sue opere in sintonia con la poetica del proprio progetto, creando installazioni visive estremamente diversificate che li valorizzino e aiutino gli spettatori ad “entrare” di volta in volta nei vari lavori. Cosmo Laera ha creato, per ogni sua ricerca, composizioni di immagini grandi e piccole relazionate sottilmente tra loro, con toni coloristici volutamente oscillanti, spesso rarefatti nelle riprese diurne e intensi in quelle notturne. Operando lui in questo modo, ecco che il suo lavoro – se visto da lontano – si presenta come un insieme di “tasselli” molteplici, quasi si volesse suggerire l’idea di un viaggio esperienziale. Egli ci propone un percorso che certo ci interroga, ma che al contempo evidenzia il carattere frammentario e instabile di una percezione visiva necessariamente legata alla temporalità, agli incontri, al darsi di una luce in un determinato momento e non in un altro. Mentre – se vista da vicino – ogni immagine, precisissima e ricca di dettagli, sembra invitarci a guardare meglio e con più cura anche le piccole cose. Pio Tarantini, in sintonia con i suoi lavori precedenti, ha invece puntato su una composizione pacata, volutamente non aggressiva; la sua infatti è una visione mai fredda, ma sempre intima e affabile: accogliente nei confronti dei luoghi, garbata nei confronti della luce, rispettosa nei confronti del tempo che si accumula; le sue lunghe pose di ripresa infatti creano una tensione dialettica tra l’immobilità degli spazi e l’impermanenza degli uomini che li vivono. Alessandra Baldoni, come ho già detto, ha lavorato creando accostamenti inediti e poetici; mentre Luca Gilli – quasi in antitesi con il tema trattato, ovvero lo stadio Mapei di Reggio Emilia, un luogo “rumoroso” e affollato per vocazione – ha costruito un insieme silenzioso, contemplativo, basato su un ritmo visivo dove il vuoto degli spazi bianchi ostende immagini “quasi vuote”, attraversate da una luminosità diffusa e opalescente. Di segno opposto le fotografie di Luca Marianaccio creano una narrazione intensa e concentrata, forse addirittura convulsa, dove frammenti visivi essenziali e serrati si relazionano gli uni agli altri in modo inatteso eppure preciso. E per finire Lucrezia Roda ha puntato sull’intensità di grandi immagini singole che trasformano gli edifici e i luoghi in presenze vitali.

Che visione e interpretazione ne trae lo spettatore?
Gigliola Foschi – Speriamo che gli spettatori possano vedere tali luoghi davvero in un’“altra luce” e comprendere l’importanza di opere che sanno essere al contempo documentazione e interpretazione, riflessione sul linguaggio visivo e sui nostri modi di rapportarci al mondo attraverso lo sguardo.

Gradazioni di luce. Geografie di sguardi tra storia e contemporaneità
a cura di Gigliola Foschi e Nadia Stefanel
promossa da DZ Engineering e Fondazione Dino Zoli
in collaborazione con Ambasciata d’Italia a Singapore, EuroCham, Camera di Commercio Italiana a Singapore (ICCS), Regione Emilia Romagna, Regione Puglia, Polo Museale della Puglia, Comune di Forlì
con il sostegno di Credem Banca, ELFI SPA, I Sabbioni

Opere di: Alessandra Baldoni, Luca Gilli, Cosmo Laera, Luca Marianaccio, Lucrezia Roda, Pio Tarantini

19 ottobre 2019 – 19 gennaio 2020
Inaugurazione sabato 19 ottobre ore 18.00

conversazioni con gli artisti il sabato pomeriggio alle ore 18.00:
16 novembre 2019 conversazione con Cosmo Laera e Pio Tarantini
14 dicembre 2019, conversazione con Alessandra Baldoni e Luca Gilli
11 gennaio 2020, conversazione con Luca Marianaccio e Lucrezia Roda

Fondazione Dino Zoli
Viale Bologna 286/A, Forlì (FC)

Orari: da martedì a giovedì 9.30-12.30ò da venerdì a domenica 9.30-12.30 e 16.30-19.30; chiuso lunedì e festivi
Ingresso libero

Info: DZ Engineering
+39 0543 1917350
www.dz-e.com

Fondazione Dino Zoli
+39 0543 755770
info@fondazionedinozoli.com
www.fondazionedinozoli.com

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