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SASSOFERRATO (AN) | PALAZZO DEGLI SCALZI | 28 OTTOBRE 2022 – 15 GENNAIO 2023

di CHIARA DI EGIDIO

Un artista contemporaneo e un pittore del seicento in mostra insieme, in un confronto che non lascia indifferenti. Nicola Samorì (Forlì, 1975) e Giovan Battista Salvi (Sassoferrato, 1609 – Roma, 1685) sono i protagonisti della 71° edizione della “Rassegna Internazionale d’Arte | Premio G. B. Salvi”, che si presenta in una modalità nuova e attraverso un dialogo inedito, sorprendente, serratissimo.

I curatori, Federica Facchini e Massimo Pulini, hanno pensato a un rilancio della longeva rassegna artistica, collegando idealmente passato e futuro attraverso questa narrazione a due voci. Partendo dalla profonda comprensione della posizione estetica dell’artista che dà il nome al premio, il pittore G.B. Salvi detto il Sassoferrato, hanno cercato nello scenario contemporaneo un ideale parallelo creativo.

Così come il Sassoferrato si distinse per una ostinata ricerca pittorica nella salvaguardia di valori rinascimentali, ponendosi in direzione contraria rispetto alle tendenze del suo tempo, così Nicola Samorì con il suo lavoro testimonia un incessante e originale innesto tra la storia dell’arte passata e il tempo presente, nobilitando la potenza espressiva dell’arte “ferita”.

Nasce così la mostra SALVIFICA. Il Sassoferrato e Nicola Samorì, tra rito e ferita una monografica di Nicola Samorì in dialogo con dieci dipinti inediti di Giovan Battista Salvi. Si trova a Sassoferrato, in provincia di Ancona, nella sede di Palazzo degli Scalzi dal 28 ottobre 2022 al 15 gennaio 2023.

SALVIFICA. Il Sassoferrato e Nicola Samorì tra rito e ferita, Palazzo degli Scalzi, Sassoferrato (AN). Foto: Michele Alberto Sereni

Nicola Samorì presenta in questa occasione un nucleo di opere scultoree e pittoriche recenti, in parte site-specific e frutto del dialogo che lui stesso ha instaurato con la produzione artistica di Salvi. Come dichiarato dall’artista romagnolo nella conferenza stampa di presentazione “Non è un confronto facile, è uno scontro da cui si esce sconfitti”, lui che sul tema della ripetizione differente innesta la riflessione su e con il pittore seicentesco, maestro nella realizzazione di icone sacre.

È infatti nella serie La bocca (2022), una teoria di dieci Madonne prodotta per l’occasione, che si concretizza questo dialogo. L’artista sceglie alcune “Madonne assorte” all’interno della vasta produzione del Sassoferrato e ne ricostruisce l’immagine su lastre di onice rosa, ricavate da un blocco di pietra intaccato da un geoide. La cavità lasciata dalla natura, l’anomalia preesistente, viene messa da Samorì al centro della rappresentazione, interrompendo la narrazione e negando lo sguardo allo spettatore.

Nicola Samorì, La bocca III e La bocca VI, 2022, olio su onice. Courtesy MONITOR Roma/Lisbona/Pereto

Così i volti delle Madonne, che si innestano sulle forme naturali della sezione della cavità, diventano vuoti materici e la pittura acquisisce qualità scultorea. Vedendo le opere dal vivo, si percepisce la potenza espressiva delle velature di colore e la luminosità del supporto, che l’artista rende spesso visibile, in contrapposizione con le ombre che si creano nelle mancanze della pietra.

Un’altra opera di Samorì sul tema del geoide, forse la più sconvolgente di tutte, è Lucia (2019). Da lontano si percepisce solo l’incarnato della Santa sul fondo bruno, ma qualcosa di insolito rompe l’equilibrio e attrae lo spettatore che, avvicinandosi, scopre che gli occhi non sono dipinti, ma sono piccole cavità della pietra, geoidi che evidenziano il trauma della visione. Una provocazione ad andare oltre l’apparenza di ciò che vediamo, a rivolgere lo sguardo verso la nostra interiorità, come quello della figura che ci guarda, senza poter vedere.

Nicola Samorì, Lucia, 2019, olio su pietra di Trani e onice. Foto: Rolando Paolo Guerzoni

Questa ricerca recente di Samorì, attraverso le cavità naturali, ha attivato, esteso ed espanso un approccio che già era presente nella sua produzione artistica. Partendo sempre da una fase di riflessione sull’antico, l’artista vìola la tradizione, con buchi, tagli, manipolazioni della materia, che si ritrovano anche nella produzione scultorea.

Artaud (2021) è una scultura che omaggia il drammaturgo francese e raffigura un corpo lontano dalla tradizione classica, rivelandone imperfezioni, mutilazioni e fragilità: la figura umana è arcuata, sofferente e incompleta e diventa metafora e manifesto del disagio psicologico della società contemporanea. All’interno della mostra, l’opera è posta al centro del chiostro del Palazzo degli Scalzi: colpisce il rapporto tra il rigore decorativo dell’ambiente seicentesco e la plasticità della scultura, un’anticipazione del confronto tra tradizione e contemporaneità che si ritrova in tutta la mostra.

Nicola Samorì, Artaud, chiostro di Palazzo degli Scalzi, Sassoferrato (AN). Foto: Chiara Di Egidio

Durante tutto il percorso espositivo, infatti, i dipinti di Gian Battista Salvi sono affiancati alle opere di Samorì e rinforzano lo stretto confronto tra i due.

Accanto a quattro degli esemplari di La Bocca di Samorì, è presentata Vergine orante, una delle opere del Sassoferrato che l’artista contemporaneo ha riproposto. È un dipinto inedito che testimonia la grande capacità pittorica di Salvi e la grande tensione qualitativa presente nelle sue opere durante tutta la sua vastissima produzione.

Tra le altre, sono esposte redazioni inedite e autografate dell’Addolorata, dell’Annunziata e del Salvator Mundi, iconografie che hanno determinato il successo del pittore seicentesco, spingendolo a una continua reiterazione dei modelli proposti, senza intaccare il talento nell’esecuzione. La ripetizione per il Sassoferrato è calcolata e studiata, un processo che diventa rito: “mai, prima di lui, l’atto di copiare era stato concepito come una mirata necessità creativa, come mezzo intermedio indispensabile per elevarsi a un livello inventivo superiore” afferma il curatore Massimo Pulini nel catalogo della mostra.

Degni di nota sono, inoltre, due ritrovamenti recenti: Amorino con chitarra e Tre putti e un tritone, opere del periodo di formazione del Sassoferrato presso la bottega del Domenichino a Roma, che testimoniano la fase giovanile della sua produzione e la presenza di tematiche mitologiche, poi abbandonate in favore di quelle sacre della produzione matura.

Al centro Dei Santi e del fuoco di Nicola Samorì, ai lati Amorino con chitarra e Tre putti e un tritone del Sassoferrato. Foto: Michele Alberto Sereni

Il percorso espositivo riesce a nobilitare somiglianze e differenze della produzione dei due artisti, accomunati dalla forte volontà di indagine dell’arte a loro contemporanea e solo all’apparenza lontani.

Nella serena ieraticità delle immagini sacre del Sassoferrato, si innesta la potenza espressiva della proposta artistica di Nicola Samorì. Un’arte straniante la sua, perturbante, “un fare contemporaneo che si nutre di un retaggio ampio e profondo della storia dell’arte” – come scrive la curatrice Federica Facchini nel catalogo della mostra – in contrapposizione con l’approccio imperturbabile di Gian Battista Salvi, che nelle sue icone testimonia la capacità di ripetere senza stanchezza, in una riscrittura di temi e modelli che accomuna i due artisti.

Un dialogo da percepire con tutti i sensi, da ascoltare e non solo da ammirare, e che, se si tende l‘orecchio, regala al visitatore attimi di quiete e fascinazione.

 

71^ Rassegna Internazionale d’Arte | Premio G. B. Salvi
SALVIFICA. Il Sassoferrato e Nicola Samorì, tra rito e ferita
a cura di Federica Facchini e Massimo Pulini

28 ottobre 2022 – 15 gennaio 2023

Palazzo degli Scalzi
Piazza Antonio Gramsci 1, Sassoferrato (AN)

Orari:
venerdì, 15.30-18.30
sabato e domenica, 10-13 | 15.30-18.30
Mostra chiusa il 25 dicembre 2022 e 1 gennaio 2023

Info: Punto I.A.T. Sassoferrato
 +39 0732 956257 | +39 333 7301732 – +39 333 7300890
iat.sassoferrato@happennines.it
www.sassoferratocultura.it
Social: @rassegnasalvi

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