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MILANO | Palazzo Reale | Fino all’11 febbraio 2024

di MATTEO GALBIATI

È forse attitudine del genio quella di essere costretto ad errare. Essere di tutti e, al contempo, non essere di nessuno. Deve vagare da un luogo all’altro in cerca del proprio ambiente, dove riuscire a fermare la propria voglia di affermarsi, dove ancorare il proprio sentimento artistico, dove decantare e distillare le proprie visioni. Creta, Venezia, Roma poi la Spagna e, qui, Toledo, il suo approdo: sono le tappe che hanno scandito la vita di Doménikos Theotokópoulos, a tutti noto con l’appellativo di El Greco (Creta, 1541 – Toledo, 1614). Un artista che ha viaggiato assorbendo storie, modelli, esempi, capace di immergersi appieno nel suo tempo per sconfiggerlo con la grandezza – forse allora non pienamente compresa – del suo talento. Già perché El Greco ha respirato la contemporaneità con quasi quattro secoli di anticipo.

El Greco, San Francesco in meditazione in ginocchio
1586-1592 circa, olio su tela, 144 x 104 cm Museo Diocesano de Arte Sacro, Vitoria-Gasteiz © Elizbarrutiko Arte Sakratuaren Museoa. Arabako Foru Aldundiaren gordailua Museo Diocesano de Arte Sacro. Depósito de la Diputación Foral de Álava

La struggente forza, così arcaica da essere modernissima, delle sue fragili figure, claudicanti nel loro allungamento affusolato, fredde nella lucentezza metallica dei colori, incompiute per una pennellata nervosa e vibrante, ci colpisce e stupisce ancora oggi. Così El Greco è e rimane di là dal tempo, sempre così nuovo da non fissarsi in unità temporali certe. La sua visionarietà, che è di fatto cosmopolita sommando quanto raccolto nel suo peregrinare attento, ha proprio il timbro di tutte quelle opere studiate tanto nel profondo da permettergli di recepire ogni novità e proporla con uno stile, nel tempo, affinato nella sua totale unicità. Ogni suo soggetto che sia sacro o profano, sia ritratto o paesaggio, si accende di quella colta raffinatezza e di quell’intellettualità sapiente che ha forgiato ogni suo pensiero. Dipinge con uno spirito sperimentale, nuovo, innovativo nei modi e nelle espressioni regalando capolavori diventati eterni nella loro sorprendente audacia iconografica e in quelle sfumature personalissime, agite da un detonante colore sibillino.

El Greco, Palazzo Reale, Milano, 2023 Foto: Roberto Serra Courtesy: MondoMostre

L’occasione per lasciarsi stupire dal linguaggio di questo figlio di un’Europa che doveva ancora configurarsi, è quella della grandiosa – non esageriamo in questa definizione – mostra che gli tributa Palazzo Reale a Milano. Intitolata semplicemente El Greco, basta il nome dell’autore e non occorre nient’altro per definire il suo contenuto, è un saggio espositivo in cinque momenti temporali e tematiciIl bivio; Dialoghi con l’Italia; Dipingendo la santità; L’icona, di nuovo; El Greco nel Labirinto – in cui ben 41 opere del maestro cretese, con prestigiosi prestiti internazionali di notevole rilevanza, raccontano uno sguardo incredibilmente unico in cui sfumature orientali si uniscono a quelle occidentali, dove ambienti culturali differenti si parlano in una sintesi che perdura nell’ardimentoso ardore delle sue potentissime rappresentazioni.

El Greco, Annunciazione, 1596-1600 circa, olio su tela, 114 x 67 cm, Museo Thyssen Bornemisza © Museo Nacional Thyssen-Bornemisza, Madrid

Nelle sale dell’istituzione milanese si susseguono dipinti celeberrimi che sono il fulcro nobile con cui si parla della vicenda umana e artistica, intellettuale e storica, di questo autore il cui misterioso linguaggio non smette di affascinarci. Ecco allora che anima di una potenza classica il superbo San Sebastiano (1577 circa) in cui l’eco dei modelli è evidente nelle citazioni, eppure interpretato con spunti unici che ne fanno risaltare sia l’intuizione originale, sia la meditazione su quanto precedentemente osservato. Il San Francesco in meditazione in ginocchio (1585-90) presenta una delle prime versioni di numerose altre che rappresentano il santo di Assisi riformulato in diversi dipinti: qui ne apprezziamo la sempre sconcertante carica di spiccata umanità unita a quella trascendenza mistica che lo eleva al divino. Spunti che El Greco ha saputo sottolineare con l’incisiva energia del suo registro cromatico, dove luce e buio vivificano ogni tratto, ogni elemento.
Una complessità intrigante, che quasi ci coglie di sorpresa rispetto al tema, è la magnifica tela dell’Incarnazione (1596-1600) in cui il sopraggiungere dello Spirito Santo trascina in un vortice fiammeggiante tutte le figure presenti. La sua presenza, nella colomba bordata di luce accecante, è punto focale di un racconto che porta la dimensione divina a confrontarsi con l’umano. Ancora una volta il misticismo dei soggetti è ribadito dalla tessitura pittorica e dall’esclusività di un colore capace di rivoluzionare ogni presenza e tutti i dettagli.

El Greco, San Martino e il mendicante, 1597-1599, olio su tela, 194×103 cm, National Gallery of Art Washington © Courtesy National Gallery of Art, Washington

Una luce particolare è anche quella che sembra assottigliare, pure in questo caso quasi a risucchiare, le figure nel San Martino e il mendicante (1597-99): in questa opera i colori esaltano le figure allungate quasi al paradosso e le definisce nobilitandole di una religiosità che non appartiene più al nostro mondo. La scena resta dinamica, si protende fuori dal dipinto che sembra proprio non bastare per contenerne l’eccezionalità della visione. Si staglia monumentale e statuario il suo San Giovanni Battista (1600 circa) che solo da lontano ricorda il lucentissimo ed eroico Battista di Tiziano. Le due opere nella mostra milanese si trovano, si vedono assieme, si specchiano una nell’altra a ribadire la rispettiva unicità. Eccezionali e solenni entrambe.
Scena ricorrente, già da quando era a Venezia, nel lavoro di El Greco è l’Adorazione dei pastori, qui citiamo la versione del 1605 circa, che ormai attesta l’indipendenza interpretativa in cui la luce (notturna) si genera spontaneamente da dentro il dipinto stesso, profondendo un’umanità, struggente e solenne al contempo, a ciascun soggetto. Tutto si genera dal colore che resta misura di ordine e di equilibrio nella sua dinamica inventiva tanto peculiare.

El Greco, Palazzo Reale, Milano, 2023 Foto: Roberto Serra Courtesy: MondoMostre

Chiudiamo questo breve riassunto con l’ultimo capolavoro: alla fine del percorso espositivo troneggia il poderoso Laocoonte (1610-14) – vicino ad una replica statuaria di Ferri e Mercatali del 1959 – che, unico soggetto mitologico dell’artista, è proposto con un simbolismo enigmatico di ragguardevole significazione. Il mistero della tensione dei corpi e del serpente che li avvolge interpreta questo gruppo di figure con un accento nuovo, completamente inedito. El Greco si libera nelle possibilità di lettura dei soggetti e, così facendo, sblocca i corpi in una suggestiva autonomia di movimento che accresce la densità drammatica della vicenda da loro incarnata e vissuta.
La mostra, però, non si limita alle sole opere – e già ci sarebbe di che saziarsi – del maestro greco-spagnolo, non mancano, infatti, neppure confronti, stretti e presenti, con i dipinti dei suoi grandi modelli: si avvicinano, in una dialettica di prossimità, nel confronto e nell’analisi, i capolavori di Correggio, Jacopo da Bassano, Tintoretto, Tiziano, per citarne solo alcuni. Questo dialogo appassiona il visitatore e gli fa comprendere quelle traiettorie osservate, colte e seguite, ma più spesso superate, da El Greco. Ogni dipinto aiuta l’analisi di un pensiero che è rivelazione di un talento su cui riflettere con devota attenzione, perché nulla delle sue proposte resta banale o scontato nella complessità dell’animo di un artista che ha saputo dare visioni di un principio nuovo, che è stato un modernizzatore fuori dal tempo, benché lettore altrettanto attento della sua epoca, della storia, delle correnti e dei modi che lo hanno preceduto.

El Greco, Laocoonte, 1610-1614, olio su tela, 137 x 172 cm, National Gallery of Art Washington © Courtesy National Gallery of Art, Washington

Forse gli interrogativi si rinnovano oggi, come allora, rispetto al suo valore, al suo effettivo talento, eppure è proprio il dubbio che eleva e allontana dall’ordinario l’insegnamento di geni come lui. Quand’anche restassero incompresi o, quantomeno, sempre dibattuti, il pregio della loro testimonianza è quello di non banalizzare ciò che ci fanno guardare grazie al dono di uno stupore mai pago di scoperte continue.
L’individualità di El Greco è l’avvincente segno di quella singolarità solitaria che attanaglia ogni testimonianza di un’arte di cui è stato interprete emotivamente avveniristico e di una modernità così non convenzionale che ogni presupposto di cronologia sembra sempre fuorviante o sbagliato. Non resta che, abbagliati, farsi ispirare ancora dalla sua sorprendente audacia.

El Greco
a cura di Juan Antonio García Castro, Palma Martínez – Burgos García, Thomas Clement Salomon
mostra prodotta e realizzata da Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale, MondoMostre
con il patrocinio di Ambasciata di Spagna in Italia
catalogo Skira

11 ottobre 2023 – 11 febbraio 2024

Palazzo Reale
Piazza Duomo 12, Milano

Orari: chiuso lunedì; martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica 10.00-19.30; giovedì 10.00-22.30; ultimo ingresso un’ora prima della chiusura

Ingresso (con prevendita + €2.00) intero €15.00; ridotto €13.00; ridotto speciale €10.00; ridotto Comune di Milano, scuole, giornalisti, FAI e TCI €6.00; open €17.00; per prenotazioni gruppi.elgreco@vivaticket.it

Info: www.palazzorealemilano.it
www.mostraelgreco.it

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