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PALERMO | Università degli Studi di Palermo I | #Report

di MARIA ROSA SOSSAI

La Direzione Generale Creatività Contemporanea, la Fondazione Scuola Beni e Attività Culturali, in collaborazione con il Sistema Museale d’Ateneo dell’Università degli Studi di Palermo, martedì 14 novembre nella Sala Magna del Rettorato dell’Università di Palermo hanno organizzato il seminario, che è parte di una serie di incontri in altre città italiane, a seguito della pubblicazione del volume Arte e spazio pubblico, risultato di un progetto biennale che ha coinvolto più di cento esperti da tutta Italia.

Il titolo Quale spazio pubblico? sollecita una riflessione su come le arti possono affrontare sfide sociali e culturali urgenti e stimolare un pensiero condiviso sulla presenza dell’arte nello spazio pubblico. Al di là del tema nella sua globalità, il seminario si è concentrato su casi studio ma anche su questioni di carattere teorico, entrambi fondamentali per approfondire le azioni intraprese e le collaborazioni future.

Prendendo la cura del territorio come punto di partenza per attivare una coesistenza futura sostenibile e inclusiva tra opere d’arte e spazio pubblico, gli interventi hanno indagato i modi di agire degli artisti nella creazione di spazi pubblici abitati dalle opere d’arte, che siano una lezione trainante per nuovi inizi, mirata a creare connessioni durature tra esperienze passate e in corso.

Sebbene esista oggi una ragguardevole letteratura scientifica su questo tema, nel simposio si è posto l’accento sulle radicali trasformazioni in atto negli ultimi decenni, in misura maggiore nei centri storici e in alcuni territori a vocazione turistica, indirizzando gli interventi verso una consapevolezza di quanto la materia sia complessa e l’urgenza di creare più momenti di confronto.

Laura Barreca, che insieme ad Alessandra Ferrighi ha organizzato e moderato l’incontro, ci ricorda come lo spazio pubblico si sia nel tempo modificato per accogliere nuove forme di socialità e altre modalità di interazione. Come sottolineava già Michel Foucault, l’epoca in cui viviamo è considerata l’epoca dello spazio, a favore di una simultaneità e di una giustapposizione, che hanno azzerato la categoria temporale. Il progressivo annullamento della distanza tra reale e virtuale ha reso obsolete categorie come vicino e lontano, facendoci precipitare in una accelerazione senza precedenti. Solo la pianificazione condivisa potrà preservare la natura identitaria degli spazi, non in termini funzionalistici quindi ma privilegiando la valorizzazione partecipata e garantendo a tutti gli attori una reale opportunità di dare voce alle loro istanze.

Il direttore Direzione Generale Creatività Contemporanea Ministero della Cultura Fabio De Chirico ha ricordato il progetto di Arte Pubblica (1963) di Giovanni Carandente in cui le sculture occupavano lo spazio urbano di Spoleto; mentre il progetto di un decennio più tardi di Enrico Crispolti svolto a Volterra, in cui gli artisti furono invitati a risiedere per un certo periodo nella città, aveva creato i presupposti per un’arte pubblica partecipata. Dal confronto tra le due mostre emerge in modo chiaro come nell’arco di dieci anni il modo di vivere lo spazio pubblico era cambiato non solo da parte degli artisti ma anche della committenza e degli abitanti. Se nel primo caso infatti le opere avevano ancora una semplice funzione di abbellimento di piazze e strade, nel secondo esempio le opere diventavano interventi dialettici che innescavano dinamiche tra gli abitanti, lo spazio pubblico e le opere. Oggi i tempi sono maturi perché tutte le regioni si dotino di un Ufficio di Arte Pubblica, che è già operativo in alcune regioni, insieme a un Manuale di manutenzione che dia delle linee guida per il restauro e la conservazione delle opere. Cosa è allora che permette ai luoghi di diventare spazi? Proprio quel processo di risignificazione che ha permesso all’arte di contribuire alla valorizzazione del territorio. Fulvia Carnevale del collettivo Claire Fontaine ricorda come già nei Passages Walter Benjamin avesse sottolineato l’importanza dei luoghi di passaggio che preservano la natura imprevedibile dei luoghi di attraversamento, un tema reso oggi ancora più cruciale dal fenomeno dell’overturismo. I passages esistono ancora oggi e sono quei luoghi che attraversiamo ogni giorno, quelli che George Perec chiama l’infra-ordinario, ovvero quell’ordinario quotidiano che potenzialmente conserva, nella sua ossessiva ripetitività, una carica eversiva, in quanto si sottrae a qualsiasi processo di mercificazione. Il suo valore non è monetario, ma simbolico, fatto di emozioni, ricordi, gioia, tristezza, noia, tutti stati d’animo vissuti singolarmente da persone ordinarie che a volte vivono nell’incuria, soprattutto al Sud. Ma, ci ricorda l’artista, l’incuria non è tanto peggiore della cura malevola che si trova al Nord, destinata a incentivare unicamente il profitto e impedire che diventi un bene comune.

Lisa Parola, storica dell’arte e autrice del recente saggio Giù i monumenti? (Einaudi, 2022) è dell’idea che nella definizione di un processo civico di riappropriazione condivisa dello spazio pubblico, si debba partire da un ripensamento del ruolo che la statuaria ha ricoperto per secoli, segnando lo skyline delle città. E sono al tempo stesso un’occasione per interrogare la Storia. Le statue infatti sono un dispositivo dialogico complesso, perché rappresentano la parte dominante dell’umanità, ovvero l’io del maschio bianco, issato su un piedistallo. Quello che manca oggi è una grammatica, un glossario che crei un ponte tra arte partecipata e arte pubblica.

La professoressa di Estetica dell’Università degli Studi di Palermo Elisa Di Stefano ricorda che lo spazio pubblico è anche performativo e atmosferico, connotato emozionalmente, una palestra dove le persone si confrontano e costruiscono le relazioni con gli altri e con il mondo.

Tanti gli spunti di discussione interessanti che meriterebbero di essere approfonditi, soprattutto a Palermo, dove è in corso un brutale processo di gentrificazione del centro storico, processo che in altre città come Venezia, Roma, Firenze si è già concluso e ha portato allo svuotamento del centro cittadino.

Le teorie e i calcoli economici modellano il modo in cui le società costruiscono non solo il valore economico dei luoghi ma anche la produzione architettonica e di conseguenza l’ambiente. Ciò è particolarmente evidente in quelle aree del mondo che hanno basato la loro crescita economica sulla mercificazione del tempo libero e del sole. Da quando il Medio Oriente è teatro di conflitti e di guerre, Palermo è diventato l’ultimo avamposto geografico a incarnare l’esotico nell’immaginario globale.

È compito dell’arte immaginare un futuro della sfera pubblica, che non venga fagocitato dalle logiche neoliberali dell’industria turistica e culturale ma rivendichi spazi condivisi di libertà e di autodeterminazione.

Quale spazio pubblico?
Seminario sui temi della ricerca “Arte e Spazio Pubblico” e presentazione del volume

14 novembre 2023

Università degli Studi di Palermo I
Complesso Monumentale dello SteriPiazza Marina 60, Palermo

Info: https://www.fondazionescuolapatrimonio.it/evento/quale-spazio-pubblico-arte-e-spazio-pubblico-il-volume/

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