VENEZIA | COMPLESSO DELL’OSPEDALETTO | FARMACIA E SCALA DEL SARDI | 11 maggio – 24 novembre 2019
Intervista a DANIELE CAPRA di Livia Savorelli
Il progetto ideato dal curatore Daniele Capra per le rinnovate sale del Complesso dell’Ospedaletto a Venezia, che rientra nella programmazione di Ospedaletto Con/temporaneo, utilizza il linguaggio della nostra contemporaneità. Reagents parte, infatti, da importanti presupposti e un’attenta analisi preliminare; come scrive Capra, «la realtà in cui siamo immersi, come pure l’inarrestabile flusso di eventi che hanno costituito il nostro passato – e che similmente costituiranno il nostro futuro – sono frutto della costante applicazione di dinamiche di azione / reazione. Se tale modalità non implica necessariamente una correlazione di esattezza meccanicistica tra le cause e gli effetti, di certo è significativo cogliere come questa continua negoziazione tra spinte contrastanti sia il terreno fertile in cui l’opera viene a generarsi»…
In una Venezia super congestionata da Biennale ed eventi collaterali e paralleli, due sono le mostre che portano la tua curatela: il progetto Reagents e l’installazione di Arthur Duff nel nuovo complesso dell’Ospedaletto (a questi si aggiunge un tuo intervento critico nel catalogo della mostra Recursions and Mutations, ndr).
Parliamo di Reagents, come è nato questo progetto e come hai dialogato con le sale rinnovate del Complesso dell’Ospedaletto, una nuova realtà espositiva di Venezia e sede di Ospedaletto Con/temporaneo?
In realtà c’è anche un’altra mostra, che ho avuto il piacere di seguire con più colleghi (Michael Stoeber, Rozana Vojvoda e Nancy von Breska Ficovic) per il Momad, il Museo di Arte Contemporanea di Dubrovnik. Si tratta di Point of Interrupted Departures, ospitata presso le Tese dell’Arsenale, con tre artisti di Dubrovnik: Izvor Pende, Mariana Pende e Slaven Tolj. La mostra mette a confronto tre artisti sulle potenzialità narrative ed analitiche che le loro opere innescano, che sono alternative e sovversive rispetto al racconto monofunzionale della realtà. È una mostra in cui abbiamo sofferto di alcuni problemi organizzativi, che si stanno risolvendo in questi giorni, ma le opere sono davvero di rara intensità.
Reagents nasce dalla possibilità di impiegare degli spazi molto belli, di proprietà dell’IRE e di Fondazione Venezia Servizi, all’interno del progetto messo a punto da Venezia News. In quel contesto è nata la possibilità di impiegare gli ambienti dell’Ex Farmacia dell’Ospedaletto con una proposta indipendente, resa possibile grazie al sostegno di Marignana Arte. Quegli spazi, fortemente caratterizzati, rendevano impossibile immaginare una mostra in forma astratta, che trovasse le sue ragioni al di fuori di quel sito. Bisognava reagire alle difficoltà del luogo, alla non perfetta ortogonalità di alcune pareti, alla presenza invadente del pavimento e di alcuni muri colorati. Ho così pensato di costruire una mostra proprio su questo aspetto, sulla necessità di rispondere agli stimoli ambientali, alle pressioni esterne, alle contraddittorietà da cui siamo percorsi. La reattività al contesto è poi, a mio avviso, uno dei fenomeni più significativi del fare arte, anche dal punto vista squisitamente antropologico: l’artista infatti continuamente negozia la sua poetica, la forma dell’opera o la sua posizione ideologica rispetto allo scenario in cui è immerso. Così, con l’aiuto di Ludovica Matarozzo che mi ha assistito nel lavoro, abbiamo invitato degli artisti la cui pratica, più di altri, è basata sulla loro capacità di rispondere agli stimoli dell’ambiente, e tra le opere più significative sono state scelte quelle più adatte agli spazi dell’Ex Farmacia. Abbiamo così applicato lo stesso principio che gli artisti mettono in pratica. E quindi reagenti che operano con altri reagenti…
Il titolo Reagents è dichiaratamente ispirato al terzo principio della dinamica di Isaac Newton contenuto nei Philosophiae Naturalis Principia Mathematica. Sulla base di questo principio come hai individuato gli artisti e quali dialoghi hai privilegiato tra loro?
Nel costruire questa mostra, la variabile tempo è stata fondamentale. Da quando c’è stata la conferma del progetto, il processo di costruzione è stata una corsa contro il tempo, aspetto che, contrariamente a quanto si possa immaginare, è stato un grande stimolo intellettuale, perché mette alla prova rispetto i limiti. Reagents è stata costruita, in modo anomalo ed anti-schematico, con due principi contradditori. Siamo partiti da un paio di opere che incarnavano concettualmente la nostra tesi, e che sarebbero state perfette per gli spazi: cioè prima l’opera e poi l’artista. Ma poi ci siamo confrontati anche con artisti nella cui ricerca era possibile cogliere forti elementi di reattività, con questi abbiamo così scelto insieme la modalità della loro partecipazione: cioè prima l’artista e poi l’opera. Le opere sono state allestite negli spazi con tre differenti temperature, quasi delle sezioni. La prima sala (Arthur Duff, Serena Fineschi e Silvia Infranco) raccoglie lavori in qualche modo materici che rimandano ad altro/ve; la seconda è costruita sulla ricerca tecnologica e del limite imposto dalla fisica (Quayola, Túlio Pinto); la terza invece (Fabrizio Prevedello, Verónica Vázquez, Marco Maria Zanin) sul potere evocativo degli oggetti e della materia.
Arthur Duff ha inoltre dialogato con l’imponente Scala del Sardi (dal nome dell’architetto che la completò nel 1666 per collegare tutti i piani dell’edificio) per realizzare un’installazione site-specific, considerando sia l’estetica del luogo e la sua conformazione sia la storia del complesso e le sue precedenti funzionalità?
Ci puoi descrivere come si è concretizzato il suo intervento anche in relazione alla cifra stilistica dell’artista americano?
Duff ha sviluppato un poetico intervento site-specific che mette insieme scultura, luce, accentrando lo sguardo del visitatore sulla verticalità della scala di marmo, seguendo il percorso naturale della gravità. Su una corda collocata al centro della scala è, infatti sospeso un lungo neon a filo bianco con le parole di Bodies without points of view, che sono un riferimento esplicito alle cure che qui all’Ospedaletto venivano prestate ai bisognosi come malati ed orfani. L’opera è sia un rimando intimo a coloro che nel passato in questo luogo hanno ricevuto l’attenzione di cui avevano bisogno, che, in senso atemporale e metafisico, un riferimento alla fisicità del corpo e al suo costante dissolversi e manifestarsi nello sguardo altrui.
Per chiudere, una domanda a bruciapelo… Cosa ne pensi di questa edizione della Biennale?
La Biennale è diventata così estesa, articolata e, per certi aspetti leviatanica, da avere anche difficoltà a capire se con quella parola si intenda la mostra internazionale, i padiglioni nazionali o le mostre nella città. Personalmente ho trovato molto calzante la mostra di Rugoff rispetto alla nostra contemporaneità, senza le rigidità ideologiche o tassonomiche che hanno rispettivamente caratterizzato le due edizioni precedenti. Originale l’idea di chiedere agli artisti di essere presenti due volte, ma in maniera differente: lo sdoppiamento, benché difficile da comprendere in un contesto enorme e frastagliato, è uno dei temi antropologici del nostro tempo. Di certo si deve riconoscere che in May You Live In Interesting Times, senza eccessi, ma è percepibile anche il lavoro svolto dal mercato e dalle gallerie, che talvolta indagano e scoprono ben di più di quanto tanti curatori o centri d’arte fanno. Devo ammettere che non sono ancora riuscito a visitare tutti i padiglioni. Il nostro è forse un po’ anestetizzato dalla pur bella idea del labirinto, mentre tra quelli che ho visto quelli che mi sono piaciuti di più sono il Ghana ed il Lussemburgo.
Reagents
Arthur Duff, Serena Fineschi, Silvia Infranco, Túlio Pinto, Fabrizio Prevedello, Quayola, Verónica Vázquez, Marco Maria Zanin
a cura di Daniele Capra
Assistente alla curatela Ludovica Matarozzo
11 maggio – 24 novembre 2019
Complesso dell’Ospedaletto, Farmacia
Castello 6691, Venezia
Orari: da martedì a domenica, 10.00 – 18.00; chiuso lunedì; Ingresso libero
Info: www.reagentsvenice.com
info@reagentsvenice.com
+39 041 5227360
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Arthur Duff. Bodies without points of view
a cura di Daniele Capra
Assistente alla curatela Ludovica Matarozzo
11 maggio – 24 novembre 2019
Complesso dell’Ospedaletto, Scala del Sardi, Venezia
Castello 6691, Venezia