Non sei registrato? Registrati.
di CLAUDIA LOSI

“La mia responsabilità ha inizio con il mio pensiero”.
(E. Jabès)

In questi mesi di ansia più o meno velata, subdola compagna che s’insinua nei nostri comportamenti facendoci scoprire aspetti di noi non prevedibili, continuo a ripetermi parole guida, come bussole a cui chiedere l’orientamento per un futuro davvero incerto.
In questi ultimi mesi di una difficoltà diversa rispetto a quelli primaverili, ma non meno greve, queste parole riguardano la terra su cui stiamo e il corpo che siamo, il lavoro collettivo e condiviso, il tema della cura estesa al vivente, compresi noi. E quella parola importante, feroce e sfaccettata, che è responsabilità.

Claudia Losi

Sono riuscita a lavorare e molto quest’anno. Non so bene per quale fortuna, coincidenza, volontà. Ho chiuso e sto chiudendo percorsi durati anni, a volte decenni. Ho incontrato anime meravigliose, di generosità naturale che hanno condiviso questi percorsi. Mi hanno dato una mano. Letteralmente.
In estate ho presentato una mostra dal titolo Dove le mani ricordano, curata da Marina Dacci (Galleria Monica De Cardenas_Zuoz) dove ho installato lavori ideati e realizzati in tempi diversi. Per alcuni di questi ho coinvolto molte persone, per lunghi periodi; in particolare un grande ricamo in seta al quale hanno lavorato per tre anni una decina di donne, incontrandoci nel mio studio (lavoro permettendo) per aggiungere punti su punti imbibiti di discorsi amicali, di pettegolezzi, di malinconiche descrizioni delle famiglie lasciate o dei problemi dei figli mentre realizzavano un vortice marino: la rappresentazione fantasmatica del Polo Antartico di Atanasio Kircher. Nati, invece, durante la prima parte di questo 2020 sono gli Amuleti (una cinquantina di piccole sculture in argilla, mezze animali e mezze figure umane urlanti o mute), sono tra le opere esposte in Svizzera. Una versione delle “pietre del fulmine”, non lasciate alla fine di una tempesta, conficcate nel terreno dalle scariche elettriche, ma dal desiderio di frequentare una “zoologia” profonda, intima e presente, più o meno consapevolmente, in ognuno di noi.

Il mio interesse, in questo tempo, si sposta sempre lungo delle correnti che si toccano mescolandosi per un po’ e poi riprendendo la propria corsa. Non ho davvero idea di dove stiano andando e per me è solo vaga la loro origine. Quello di cui son certa è il desiderio di restituzione. Tornare a chi ha voglia di ascoltare le esperienze vissute e quelle immaginate nella fitta rete di relazioni, incontri, abbandoni, nascite che sta diventando il mio lavoro. O almeno così lo percepisco.

Praticare un ascolto reale, memorizzare le parole, tenerle in tasca come amuleti e, ogni tanto, dare loro aria.

Claudia Losi, Poli Antarctici Constitutio, 2016 – 2019, ricamo in seta su tessuto in lana, ∅ 250 cm. Courtesy Collezione Maramotti, Reggio Emilia e Monica de Cardenas Gallery, Milan-Zuoz. Ph: A. Rossetti

Un altro pezzo importante della mia storia che sto ora chiudendo è Balena Project. In primavera uscirà un libro in cui racconto di questa macro-forma animale, fossile vivente del nostro immaginario profondo. Si intitolerà The Whale Theory e sarà edito da Johan&Levi. Vi trova ospitalità anche Whalebone Arch: un arco, un “tori” (un sacro portale), una struttura portante di un riparo o una lapide non di vero osso, ma mandibole di terra rossa, di quasi quattro metri l’una, sbiancate irregolarmente e lasciate alle intemperie. Queste ossa di terra hanno viaggiato (grazie a Museo Carlo Zauli Faenza, e Fondazione Elipis in collaborazione con Galleria Continua) fermandosi nel Finisterre italiano, dove han trovato dimora, a Presicce-Acquarica in Salento.

Claudia Losi, Whalebone Arch, 2020, Terra dell’Impruneta, ferro 2 pezzi, 390 x 50 cm ognino; struttura in metallo: 350x200x300h cm. Courtesy Elpis Foundation e l’alrtista. Prodotto da Fondazione Museo della Ceramica di Montelupo e Comune di Scandicci (FI); con l’aiuto del Museo Carlo Zauli, Faenza. Ph: P. Luca

Ritornando alle bussole di cui parlavo all’inizio, una di queste è “paesaggio”: dal 2019 con EN laboratorio collettivo, di cui sono cofondatrice, abbiamo ideato un festival, a Piacenza, Sette giorni per paesaggi-immaginari del limite, dove tutte le connessioni, gli argomenti che mi sono stati a cuore vengono, sviluppati e narrati attraverso diverse modalità, attraverso una voce corale e generosa. Per quest’anno, abbiamo realizzato un festival ponte, su podcast (su piattaforma storielibere.fm), a cui speriamo si intrecceranno eventi dal vivo nei mesi a venire e in base alle possibilità.

Chiudendo ancora con Jabès, “Il sogno della riva, è un’altra riva ancora”.

Claudia Losi, Amuleti, 2020, ceramica bianca, ossidi 48 elementi: da 3 a 7 cm cad., dettaglio 48. Courtesy Muzeum Susch-CH e Monica de Cardenas Gallery, Milan-Zuoz, Ph: A. Rossetti e R. Sodi, Dettagli.

Claudia Losi (1971), vive a Piacenza. Studia presso l’Accademia Clementina e si laurea in Letteratura e Lingue straniere all’Università di Bologna. Studia, risiede e viaggia per lungo tempo all’estero.
Il suo lavoro parte dell’osservazione teorico-pratica dell’ambiente, naturale e antropizzato. La bussola che la dirige proviene dalle scienze naturali e umanistiche, dallo studio della relazione profonda tra narrazione collettiva e immaginario, dal ruolo centrale dell’esperienza corporea e di una “zoologia del sé”. Opera con diversi media: installazioni site-specific e performance, scultura, fotografia, opere tessili e su carta.
Tra le numerose esposizioni in Italia e all’estero: Monica De Cardenas Gallery, Zuoz_CH; Museo Carlo Zauli, Faenza; MAMbo, Bologna (2020); Ikon Gallery, Birmingham (2019); Voce a vento, Ass. Jazzi, Monte Bulgheria, Salerno (2018); Collezione Maramotti, Reggio Emilia; Second Hangzhou Triennial of Fiber Art, China; (2016); Triennale, Milano (2016); Livorno In Contemporanea (2015); MAXXI, Roma (2012 e 2010); MAGASIN, Grenoble; Royal Academy, Londra (2010); 15aQuadriennale, Roma; Stenersen Museum, Oslo (2008); SharjahBiennial8, Emirati Arabi Uniti (2007).
Dal 2004 alimenta un progetto proteiforme, Balena Project: il racconto mitico di una balenottera comune in stoffa di 24metri, che ha viaggiato per il mondo coinvolgendo persone e immaginari a ogni suo passaggio e la cui storia verrà a breve edito un libro, The Whale Theory edito da Johan&Levi.
www.claudialosi.com

Leggi qui i contributi delle artiste invitate in Open Dialogue: https://www.espoarte.net/tag/open-dialogue/

Condividi su...
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •