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MANTOVA | Casa del Mantegna ed esterni del Tempio di San Sebastiano | 26 settembre – 31 dicembre 2020

Intervista a VITTORIO ERLINDO di Matteo Galbiati

Apre domani a Mantova, nella duplice sede della Casa del Mantegna e degli esterni del Tempio di San Sebastiano, luoghi iconici del capoluogo lombardo, la Biennale Light Art Mantova 2020 che, per l’edizione di quest’anno, si intitola Elogio della luce tra destrutturazione e ricostruzione degli spazi. La mostra riunisce le opere di 34 artisti le cui diverse visioni e i differenti esiti formali testimoniano al pubblico la ricchezza e la varietà di ricerche che, indicativi esempi del panorama italiano e internazionale, facilitano una visione dello spaccato sulle tecniche e sulle poetiche che hanno il tema “luminoso” – la luce vera e tangibile – come motore di senso.
Ci parla della Biennalequest’anno suddivisa nelle due sezioni dedicate rispettivamente alla Light Art (curata dallo stesso Vittorio Erlindo) e della Black light (curata da Gisella Gellini e Gaetano Corica) – il curatore generale Vittorio Erlindo:

Giuliana Cunéaz, Il disegnatore di luce, 2020

Quali sono le novità della Biennale Light Art Mantova 2020? Penso ad esempio alle nuove location e alla suddivisione in due sezioni: Light Art e Black Light
La prima novità è che, a differenza della Biennale del 2018 dove i visitatori potevano vedere la Biennale dai finestroni di Palazzo Ducale senza mai poter entrarvi e vedere da vicino le opere, quest’anno siamo all’interno della Casa del Mantegna e possiamo quasi toccarle.
La seconda novità è l’avere dato uno spazio adeguato alla Black Light, che farà scoprire ai visitatori le potenzialità della luce di Wood e ricordare la prima opera di Lucio Fontana, Ambiente spaziale a luce nera, realizzata più di 70 anni fa.
La terza novità è una sala dedicata al fuoco, alla cera e al laser per far comprendere in grande sintesi il percorso praticato dall’uomo per dominare la luce.

Trovo indicativo, quasi una dichiarazione di intenti il sottotitolo: Elogio della luce tra destrutturazione e ricostruzione degli spazi. Ci riassume queste opere in cui la luce è l’elemento chiave con cui stabiliscono una relazione peculiare con gli ambienti che le accolgono?
La luce modifica sempre la percezione dello spazio: in questo caso la Black, ma anche la Light Art, destruttura e ricostruisce, con prospettive e visioni, gli ambienti che le opere hanno quasi il potere di trasformare.

Vincenzo Marsiglia, Fold Screen Paper, 2020, incisione, pieghe e inchiostro trasparente fluorescente su cartoncino, 7 elementi da 24×18 cm ciascuno

Con la Black Light il buio di Wood invade completamente i volumi delle stanze e invita a fermarci, a riprenderci lo sguardo seguendo le fasi di illuminazione delle opere che, proprio grazie ai pigmenti fluorescenti, ci offrono loro visioni diverse. Ma ci sono pure gli interventi all’interno della Light Art ad esempio di Pietro Pirelli con il suo Idropiro dentro al camino o le proiezioni laser sulla sposa di Francesco Romano: attraverso il laser e una serie di dispositivi elettromagnetici le immagini spaziano in maniera difforme e insospettata sulle pareti riunendo l’opera materiale con le immagini immateriali.

In questo senso come avete coordinato le presenze dei 34 artisti in due luoghi che sono strettamente connessi uno all’altro e sono estremamente caratterizzanti la città di Mantova?
Io ho curato la mostra in generale e la sezione della Light Art con i suoi 25 artisti e il gruppo di Gisella Gellini, Gaetano Corica e Fabio Agrifoglio quelli della Black Light, con altri 13 artisti. In tutto 38 artisti poiché alcuni di questi sono presenti sia nella Light Art che nella Black Art.

Tra i nomi che avete selezionato, tutti con esperienze di rilevanza internazionale, ci sono sia artisti storici che nuove proposte: quale rapporto li avvicina nella scelta linguistica di un mezzo tanto peculiare, come quello luminoso, nell’essere strumento di indagine e di verifica sia estetica che artistica?
Quest’anno ho voluto coinvolgere sia artisti storici che nuovi artisti che, per la prima volta, si sono trovati di fronte a problemi connessi all’uso dell’elettricità e della luce applicata alle proprie opere che fino a questa Biennale erano per loro sconosciuti. Il senso è quello di allargare la platea degli artisti e di favorire nuove espressioni e nuovi linguaggi. Realizzare opere luminose non è come appendere quadri, anche importanti, alle pareti, è molto di più: è capire le necessità che si sprigionano dal loro rapporto intrinseco con la luce.     

Nicola Evangelisti, Struttura spaziale Ice, 2015, mixed media, cristallo, vetro, luci Led, acciaio, 100x100x10 cm

Nel considerare queste opere, e i relativi percorsi di ricerca di cui sono testimonianza, non possiamo prescindere dalla relazione che intercorre tra arte e scienza, tra espressività artistica e sviluppo e aggiornamento tecnologici. Come possono essere specchio del proprio tempo o di una temporalità sempre rinnovata nella propria proposta?
C’è un tema che si svolge silenzioso e quasi immutato nel tempo. È il rapporto tra arte e scienza.
Entrambe si pongono come modelli di sapienza e come protagoniste verso un incessante fluire del contemporaneo, stabilendo un assiduo rapporto con le esigenze, i pensieri e le domande che l’uomo si pone da secoli, da millenni: il principio di Verità e Giustizia, il senso della Vita, l’esistenza o meno di un Dio e, infine, il nostro rapporto con l’Infinito.
Ciò che sappiamo è che arte e scienza si frequentano più di quanto si pensi, attraverso le rispettive tecniche e i loro risultati e, soprattutto, attraverso i medesimi postulati di immaginazione e creatività. Perché l’unica cosa che è richiesta all’arte e alla scienza è quella di non copiare, ma di ragionare e pensare in maniera opposta rispetto al senso comune. Questa è anche una delle ragioni che ha spinto ENI ad essere il nostro main sponsor.

Quale stimolo deve cogliere lo spettatore? Come deve leggere il racconto di questi autori?
Il visitatore deve lasciarsi fascinare da una esposizione che emoziona e che pone domande, inquietudini, sul rapporto tra il buio e la luce e immaginare la propria città, il proprio giardino, il proprio salotto con un’opera luminosa a parete che lei illumina. Un rimando, quindi, ad altre domande.
Io non so se siamo riusciti a creare un racconto che fila giusto giusto su tutto il percorso, so che ogni opera ha un proprio racconto che attende di essere letto e ripensato. È questo uno dei significati e una delle funzioni primarie dell’arte.

Davide Coltro, Laudate Luminis, 2020, scultura digitale autoportante, icone digitali trasmesse a quadro elettronico Hardware e software auto progettati, 210x100x20 cm

L’edizione di quest’anno ha certamente risentito della situazione imposta dal Covid-19, ma avete resistito e non avete rinunciato al vostro progetto. Ci sono state scelte progettuali che avete dovuto rivedere o ridimensionare? Avete dovuto accettare qualche condizionamento o qualche rinuncia?
Non abbiamo dovuto rivedere il progetto e non ci sono state rinunce, anche se tutta l’organizzazione ha risentito del Covid. Ancora faccio fatica a crederci che domani inaugureremo.
Come dicevo in uno dei primi comunicati stampa “Il Covid 19 ci ha spaventati, ma non ci ha vinti. Non sapendo fino a quattro mesi fa se la Biennale si sarebbe potuta realizzare, abbiamo ricostruito in Cinema4D la Casa del Mantegna e il Tempio di San Sebastiano e nei loro ambienti abbiamo collocato le opere e le interviste degli artisti. Anziché rintanarci nei nostri studi abbiamo raddoppiato il nostro lavoro con il Virtualtour che sarà possibile vedere nelle diverse parti che lo compongono anche sul sito e sui social. Non è come vedere fisicamente la Biennale, ma è certamente un’opportunità che la realtà virtuale oggi offre a quanti non potranno venire a Mantova non solo per visitare la Biennale, ma anche la città che la ospita, uno tra i più belli e armoniosi capoluoghi italiani.”

Può essere prematuro chiederlo ora, ma ha già qualche idea sulla prossima edizione? Ha desiderata particolari?
Una Biennale del tutto diversa dall’attuale, ma credo si debba aspettare l’inaugurazione di questa. In ogni caso sarete tra i primi a saperlo!

Biennale Light Art Mantova 2020. Elogio della luce tra destrutturazione e ricostruzione degli spazi
curatore generale Vittorio Erlindo
curatore sezione Light Art Vittorio Erlindo
curatori sezione Black Light curata da Gisella Gellini e Gaetano Corica
main partner Eni
con il patrocinio di MiBACT, Provincia di Mantova, Comune di Mantova

Artisti: Mario Agrifoglio, Nino Alfieri, Peter Assmann, Carlo Bernardini, Nicola Boccini, Leonilde Carabba, Davide Coltro, Guglielmo Paolo Conti, Giuliana Cuneaz, Davide Dall’Osso, Giulio De Mitri, Mario De Leo, Nicola Evangelisti, Elia Festa, Maria Cristiana Fioretti, Giovanna Fra, Silvia Guberti, Massimo Hachen, Margareta Hesse, Oky Izumi, Marco Lodola, Fardy Maes, Federica Marangoni, Vincenzo Marsiglia, Max Marra, Yari Miele, Mary Mutt, Pietro Pirelli, Francesca Romano, Sebastiano Romano, Giuseppe Rosini, Donatella Schillirò, Paolo Scirpa, Claudio Sek De Luca

26 settembre – 31 dicembre 2020

Esterni Tempio di San Sebastiano di León Battista Alberti
via Giovanni Acerbi, Mantova

Casa del Mantegna
via Giovanni Acerbi 47, Mantova

Orari: martedì riservato a visite guidate per le scuole; da mercoledì a domenica 10.30-12.30 e 15.30-18.30; sabato sera visita in notturna 21.00-23.00; lunedì e 25 dicembre chiuso
Ingresso libero

Info: Casa del Mantegna
+39 0376 360506
www.biennalelightart.it

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