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PISTOIA | Galleria ME Vannucci | Fino al 29 luglio 2023

di BEATRICE BENEFORTI

Ci sono legami e gesti che ci fanno sentire protetti. Quante volte tendiamo a paragonare queste sensazioni a quella di sentirsi a casa? Ma la casa può anche essere il primo posto dal quale si scappa. La casa può essere lasciata, trascurata, abbattuta, confiscata, affittata, occupata, oppure amata. Abitare qualcosa con qualcuno o in compagnia di sé stessi che significa?
Fare pace con la propria origine spesso coincide con il riconciliarsi con la propria casa. C’è chi va e chi resta oppure c’è chi torna e fa entrambe le cose. C’è chi parte, dopo aver chiuso tutto e nascosto le chiavi, c’è chi resta e si scorda le porte aperte. C’è chi le finestre neanche le ha. Nelle case ci possono entrare tutti, a partire dai delinquenti, i topi e la muffa. Questa è casa mia, fuori dal mio territorio.
La casa è la casa di quell’istituzione che è la famiglia. La prima e l’unica con cui dobbiamo avere a che fare per sempre, che ci si resti o no.

Gli artisti della Galleria ME Vannucci hanno tentato di porre domande sul sentirsi a casa, sulle contraddizioni delle proprie origini e su quelle delle nuove destinazioni, sulle nostre bandiere e quelle degli altri paesi. Anche la galleria è una casa, per gli artisti e per i curatori, per gli affezionati e per i giovani.
In galleria si creano circoli famigliari dove si analizza, controlla, discute e progetta qualcosa: la nascita di una cosa nuova. La galleria può anche essere luogo aperto alle invidie di chi, in questa famiglia, non c’è ancora entrato. Può essere un punto di lancio o un posto da odiare.

Summer Love – Welcome Home, veduta della mostra. Esterno dell’installazione Rising Sun, 2023, di Mohsen Baghernejad; Erika Pellicci, Fragrance, 2023, stampe fotografiche; Lori Lako, Zoo, 2023, stampa su tappeto; Lori Lako, Imperfect Lullaby, 2023, stampa digitale su carta cotone. Foto Ernesto Mangone

La casa e la famiglia tendono a essere considerate parallelamente unite, così come l’origine e le migrazioni, così come le migrazioni e le case vuote e le sofferenze.
Siamo abituati a vivere in casa, uscire e convivere all’aperto con gente che chissà che relazione ha con la propria, di casa.

È normale incontrare per strada immigrati che si sono ricostruiti una casa più bella della tua. L’hanno ricomprata, era dello zio della moglie del tuo caro amico di pallavolo e guarda ora come questa famiglia di albanesi l’ha rifatta tutta. E ti stupisci, e ti stupisci di esserti stupito. Poi passeggi un altro po’ e ci sono persone che vivono nel tuo quartiere ma non sai mica dove. Forse in chiesa o forse per strada, ma è difficile ora trovare una chiesa sempre aperta e le strade sono pulite, i barboni non li vedi oppure fanno la raccolta differenziata come te. E continui ad andare avanti.
Guardi le finestre chiuse se è giorno ed è estate, guardi le luci accese dentro le finestre se è sera e ti chiedi cosa succederà li dentro. Senti urlare il tuo vicino, ti affacci e ti accorgi che una ragazza balla da sola in camera sua e la vedi perché ha lasciato tutto aperto, e lei non lo sente il vicino che urla.

Lori Lako, Zoo, 2023, stampa su feltro, 120 x 160 cm. Foto dal drone di Ernesto Mangone

C’è chi ha preso un gatto o sta traslocando e ti chiedi dove andrà, ma soprattutto chi prenderà il suo posto. Ci sono quelli che partono per un po’ e chiamano pet sitter o qualcuno che annaffi le ortensie per loro.
C’è chi non esce mai di casa e si fa portare il cibo a domicilio. C’è chi è solo e disabile.
C’è il matto del quartiere che vive benissimo o malissimo da solo e te neanche ti sei mai affacciato a portargli un avanzo del pranzo della domenica.

Ci sono scrittori e scrittrici che per scrivere hanno dovuto salpare su una barca e vedere il mondo, ci sono scrittori e scrittrici che non si sono mai mossi di casa, che vedevano tutto dalla finestra e che sentivano quello che le cicale e i passeri si dicevano da un albero all’altro.
Ci sono coinquilini che mettono i calzini sulla maniglia per non essere disturbati.
Ci sono alberghi di lusso, normali e popolari.
Ci sono alberghi occupati dove vivono anche bambini, dove avvengono suicidi, dove capita che qualcuno venga rapito e nessuno ne sapeva nulla.

Ci sono case costruite da uomini disperati. Ci sono case dove la gente si ammazza e da dove i famigliari poi devono scappare per non convivere con le immagini di quel gesto.
Ci sono case piene di assenze che bisogna lasciare, dove le vedove hanno costruito santuari con ninnoli e fotografie.
Ci sono i cimiteri accanto agli asili. Ci sono viaggiatori che prima dell’ora di cena – all’ora dei marinai, appunto – ripensano a quello che hanno lasciato a casa, che potranno non trovare più, al loro ritorno.
Ci sono galere.
Ci sono monasteri.
Ci sono i fari.
Ci sono letti di ospedali.

Mohsen Baghernejad Moghanjooghi, Rising Sun, 2023, stoffe, cemento, ferro, legno, dimensione ambiente. Foto Ernesto Mangone

Gli artisti di Summer Love, curati da Serena Becagli, hanno creato letti, case nelle case come ha fatto Mohsen Baghernejad che ricostruisce l’interno di una stanza, un luogo mentale in connessione con lo spazio circostante ma pronto a immergerci in un’atmosfera surreale, dove da un letto spunta una pianta con foglie in cemento, la coperta è a sua volta una stampa realizzata dall’artista con la scritta Overture che avverte dell’inizio di uno stato di sogno. Oppure hanno parlato di identità come nell’opera Zoo – un tappeto dallo sfondo bianco e popolato da sagome di animali fantastici – Lori Lako riflette sui nazionalismi e le divisioni scucendo l’aquila bifronte dalla bandiera albanese e, insieme ad essa, alcuni animali presenti nelle bandiere di altre nazioni liberandoli da tutti quei confini che li limitano.

 

Mohsen Baghernejad Moghanjooghi, Rising Sun, 2023, veduta dell’installazione dall’esterno

Nella serie fotografica Imperfect Lullaby, l’artista recupera alcune fotografie da una serie di scatti in bianco e nero realizzati nei primi anni Novanta da un reporter in Albania. Le foto vengono riportate a colori attraverso un’applicazione, operando una sorta di eliminazione della distanza temporale alla quale si accompagnano delle scritte, come fossero sottotitoli che raccontano ai non udenti quello che si sente nella scena. Le immagini diventano per Lori Lako un pretesto per parlare del proprio Paese e della reale possibilità di spostarsi, varcare i confini, fare casa altrove.

Lori Lako, Imperfect Lullaby 1 #2 #3 #4, 2023, stampa digitale su carta cotone, 50×70 cm.
Foto Roberto Melani

Infine c’è il silenzio di un trittico fotografico Fragrance dell’artista lucchese Erika Pellicci: uno scatto realizzato a bordo di una barca sul lago di Costanza, ai confini tra Svizzera, Austria e Germania; un autoscatto alla finestra della nuova casa di Berlino; il ritratto di Herma, la chiocciola arrivata in Germania tra le foglie di insalata giunte tramite corriere dall’orto della casa toscana.

Erika Pellicci, Fragrance, 2023, stampe fotografiche, 20 x 30 cm.
Foto Giovanni Fedi

Summer Love è il nome del caicco turco con a bordo 180 migranti che è naufragato nelle acque calabresi di Cutro il 26 febbraio 2023. Mentre artisti e curatrice riflettevano sul tema della casa, sullo stare, sullo spostarsi, sul fare casa, anche lontano dal proprio luogo di origine, è accaduto questo naufragio sulle coste italiane.

Erika Pellicci, My home 01, 02, 03, 2023, stampe su pvc, 200×150.
Foto Giovanni Fedi

 

Summer Love
Mohsen Baghernejad Moghanjooghi, Lori Lako, Erika Pellicci
a cura di Serena Becagli

Fino al 29 luglio 2023

GALLERIA ME VANNUCCI
Via Gorizia 122, Pistoia

Orari: dal mercoledì al venerdì 17.00 -19.30
sabato 9.30-12.30 / 17.00 -19.30
sempre possibile su appuntamento

Info: +39 0573 20066 mob. +39 335 6745185
info@vannucciartecontemporanea.com
www.vannucciartecontemporanea.com

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