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Intervista a Mauro Felicori di Luca Bochicchio

Mauro Felicori. Foto: Gentile Antonio, Ufficio fotografico Reggia di Caserta

Mauro Felicori. Foto: Gentile Antonio, Ufficio fotografico Reggia di Caserta

Una Laurea in Filosofia e un’esperienza trentennale come dirigente culturale nel Comune di Bologna: Mauro Felicori, da ottobre 2015, è il nuovo Direttore Generale della Reggia di Caserta.

Qual era il tuo mandato e come si presentava la situazione al tuo arrivo?
Il mandato generale era quello della riforma Franceschini: valorizzazione. Gli obiettivi prefissati erano e sono tre: efficienza, promozione e sviluppo del territorio.
Situazione duplice: da un lato grandi motivazioni e aspettative tra i dipendenti e in città, dall’altro inefficienze gestionali, carenze nella manutenzione, bassa visibilità e sottostima delle reali potenzialità di accoglienza.

Quali i tuoi primi atti concreti?
Aprire i molti spazi vuoti o inutilizzati alla partecipazione privata. Stiamo preparando un bando per la ristrutturazione e la conversione in ostello dell’antico convento abbandonato nel parco, in modo da incrementare la permanenza dei visitatori; un concorso per produrre il Vino della Reggia con la vigna del Re nel bosco di San Silvestrino; apriremo le serre storiche dei Borboni, oggi abbandonate, ai vivaisti privati. Tutto per vitalizzare il contesto e immettere nuove energie che abbiano ricadute positive sulla fruizione.

Un primo provvisorio bilancio di questo inizio?
Negli ultimi dieci anni l’affluenza era calata fino al minimo di 400.000 visitatori annui, noi in pochi mesi l’abbiamo portata a 500.000 ma siamo lontanissimi dai sette milioni della Reggia di Versailles. Nel primo trimestre 2016 abbiamo calcolato un incremento di pubblico del 40% ma c’è ancora molto da fare. Stiamo puntando a trasformare il visitatore di passaggio (oggi il più numeroso) in un turista culturale che trascorra almeno una notte a Caserta. Il ponte del 25 aprile ha portato un incremento dell’80% nei pernottamenti contro il 38% del 2015 (dati booking.com) e stiamo registrando una media di incremento delle attività commerciali locali del 20%. La pagina Facebook della Reggia ha ottenuto oltre 132.000 like e in questo siamo il primo museo italiano, mentre a marzo avevamo raggiunto 4.000 followers su Instagram.

Cosa rappresenta la Reggia per il Paese?
Per prima cosa è uno dei molti siti Unesco dell’Italia. Per numero di visitatori è il terzo museo statale dopo Colosseo e Pompei, dunque una realtà forte. Potenzialmente è anche un polo centrale nel sistema dei siti storici borbonici. In Campania sono quarantotto e, mentre oggi si promuovono singolarmente, un tempo si trattava di un sistema produttivo coordinato: dalla ceramica, ai setifici, dagli allevamenti, alle ferrovie. Sarebbe bello tornassero a dialogare e a promuoversi come una rete.

Tony Cragg, Moonshadow, tecnica mista, collezione Terrae Motus, Reggia di Caserta

Tony Cragg, Moonshadow, tecnica mista, collezione Terrae Motus, Reggia di Caserta

E cosa rappresenta per te?
La fiducia verso una nuova sfida, gigante e stimolante. Un grandissimo finale di carriera e un riconoscimento dopo una vita di lavoro per la cultura.

Come vedi i prossimi dieci/vent’anni dei beni culturali pubblici italiani?
Se si accetta che il bene culturale pubblico è un sistema aziendale come tutti gli altri, che va gestito da persone competenti, selezionate sulla base del merito, che ragionano in termini di efficienza ed efficacia e che adoperano le più moderne tecniche di marketing e di organizzazione, allora credo che i beni culturali possano davvero generare ricchezza e lavoro. Naturalmente senza banalizzare l’offerta e la gestione stessa. Per anni la classe dirigente di questo Paese ha sottovalutato o completamente ignorato la valorizzazione e la comunicazione. La riforma Franceschini vuole rimediare, è un processo inarrestabile ed è solo all’inizio. Ma il miracolo non lo fa un uomo (un ministro o un direttore), lo fanno le persone coinvolte, lavorando tutte insieme per obiettivi comuni, allora non è più un miracolo ma un cambiamento.

Com’è nata la mostra Terrae Motus inaugurata il 1° giugno?
Con il trasferimento degli uffici dell’aeronautica si sono liberati settemila metri quadrati di piano nobile; in attesa che parta il restauro, invece che tenerli vuoti ho deciso di esporvi l’eccezionale collezione donata da Lucio Amelio. Dopo il terremoto dell’Irpinia (1980), questo gallerista napoletano organizzò una mostra intitolata appunto Terrae Motus, alla quale parteciparono (con opere molto grandi, inedite e realizzate per l’occasione) artisti come Warhol, Beuys, Kounellis, Crag, Cucchi, Kiefer, Haring, Long, Mapplethorpe, solo per citarne alcuni. La mostra sarà visibile per tre anni, dopodiché andrà a San Pietroburgo e, sperando di riuscirci, a Tokyo, dove si è verificato il più terribile terremoto del secolo.

Jean-Michel Alberola, 1907, scultura in bronzo, foto e testo, collezione Terrae Motus, Reggia di Caserta

Jean-Michel Alberola, 1907, scultura in bronzo, foto e testo, collezione Terrae Motus, Reggia di Caserta

Su cosa punterai nei prossimi anni per rilanciare la Reggia?
L’esposizione Terrae Motus è un esempio. Vorrei aprire alle mostre temporanee: se sui temi identitari della Reggia siamo autosufficienti – penso al rapporto fra arte e architettura tra ‘700 e ‘800 e all’architettura dei giardini – i nostri eccezionali spazi potrebbero ospitare progetti di altri musei e partner. Vorrei creare un unico polo espositivo con Caserta e Napoli e offrire una sponda a Sud per le grandi mostre nel Nord d’Italia.

Che museo vorresti per la Reggia?
Siamo un museo nazional-popolare. Il nostro pubblico più affezionato è composto da famiglie. Per questo sogno un museo che possa offrire una più intensa esperienza comunicativa e una più interessante fruizione dei suoi spazi, dei suoi oggetti e della sua storia: un luogo invitante anche grazie alla spettacolarizzazione della narrazione. Penso ad esempio al fascino di ologrammi e presenze virtuali che raccontino le vite e le passioni all’interno degli ambienti reali.

Cosa ti piacerebbe fare dopo l’esperienza alla Reggia?
Non te lo posso dire.

Cosa ti piacerebbe lasciare alla Reggia al termine del tuo lavoro?
Oltre agli obiettivi sopra elencati, una cosa fondamentale, non scontata e difficile: i bagni puliti.

Intervista tratta dallo “Speciale BENI CULTURALI: i nuovi direttori della riforma Franceschini. vol. 2″ uscito su Espoarte #93.

Mauro Felicori è un manager culturale. Nato a Bologna, dove, laureatosi con lode in filosofia, si è poi specializzato in economia della cultura e politiche culturali. Dal 2011 è direttore del Dipartimento economia e promozione della Città del Comune di Bologna, dove è dirigente dal 1986 e, in precedenza, ha diretto, tra l’altro, l’Area Cultura, l’Istituzione Musei Civici, l’Istituzione Biblioteche civiche e il Settore Cultura e Rapporti con l’Università. Docente di gestione e organizzazione delle imprese culturali nell’Università di Bologna, è autore di numerose pubblicazioni in materia.

Reggia di Caserta
Palazzo Reale, Viale Douhet 2/a, Caserta
www.reggiadicaserta.beniculturali.it

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