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LA SPEZIA | CAMeC | 31 marzo 2023 – 14 gennaio 2024

di ALICE BARONTINI

Poliedrico, esuberante, dissacrante, innovatore. In una parola, Sarenco. Un “poeta combattente” che, come tutti i guerriglieri, ha anche lui il suo nome di battaglia: l’appellativo Sarenco, infatti, è frutto di un acronimo da lui stesso inventato in ricordo di un amore giovanile fugace ma evidentemente abbastanza intenso da poter essere celebrato a lungo. “SAskia Retourne ENCOre” scrisse un giorno su un foglio e da qui, mettendo insieme le iniziali delle varie parole, ecco formarsi il nome “Sarenco”.

Eppure – anche se “Alcuni poeti scrivono poesie d’amore” come sottolinea ironicamente lui stesso in un’opera formata da un epigramma su una foto che ritrae una pistola in bianco e nero – Sarenco non è certo uno di questi. Per lui il poeta è visivo, impegnato, militante, disturbante; è uno strumento di opposizione e contrasto per esprimere il proprio dissenso e colpire con gli strumenti intellettuali della cultura e della creatività le ipocrisie della società dei consumi e della comunicazione.

La Platea dell’Umanità, mostra in scena in questi mesi al CAMeC della Spezia, organizzata a sei anni dalla morte dell’artista, racconta bene il modo in cui Sarenco (Vobarno, 1945 – Salò 2017) intese la sua poesia visiva, la quale in passato è stata celebrata anche alla Biennale di Venezia (per quattro volte: nel ’72, nel ’86, nel 2001, nel 2011), a Documenta Kassel (1972) e alla Biennale di Siviglia insieme a Cattelan (2004).
Realizzata con il sostegno della Fondazione Sarenco, promossa dal Comune della Spezia, prodotta dal CAMeC a cura di Giosuè Allegrini, l’esposizione antologica spezzina si sviluppa al primo piano del museo e ricostruisce con oltre 170 opere il percorso di questa personalità vasta e sconfinata, in grado di riunire sotto un sentire unico – un concetto omnicomprensivo di POESIA TOTALE – una costellazione di interessi e linguaggi espressivi tra i più disparati. Sarenco, infatti, abbattendo qualsiasi barriera, è stato davvero un insaziabile e vulcanico intellettuale: regista, poeta, artista, organizzatore di eventi, editore, curatore, performer, fotografo… Si è espresso con tutti i mezzi che aveva a disposizione.

Non a caso la mostra prende il via nel piano ammezzato del museo, con l’installazione I miei Poeti, composta da alte sculture lignee bianche raffiguranti Apollinaire, Breton, Marinetti e Tsara: guide culturali di Sarenco, presenze ispiratrici essenziali, pallide e sottili come spiriti e allo stesso tempo imponenti ed elevate come totem africani.

Veduta della mostra Sarenco. La Platea dell’Umanità, CAMeC, La Spezia. Ph. Enrico Amici

Nato a Vobarno in provincia di Brescia nel 1945, Sarenco, all’anagrafe Isaia Mabellini, negli anni ’60 si iscrisse all’Università di Milano, Facoltà di Filosofia, e fu qui che durante un corso di estetica tenuto da Gillo Dorfles mise in luce la sua anima di poeta visivo. In questo periodo conobbe intellettuali come Eugenio Miccini, Julien Blain, Ugo Carrega, Jean-Francois Bory… E, dopo aver stabilito i primi contatti con il fiorentino “Gruppo 70”, nel 1964 vi entrò ufficialmente.

Nascono in questo contesto opere realizzate soprattutto con collage e assemblage, in cui Sarenco mette in connessione immagini prelevate da contesti diversi (mass media, pubblicità, comunicazione, arte…) incrociandoli e accostandoli provocatoriamente a epigrammi pungenti e altamente corrosivi, cortocircuiti di senso, giochi di parole basati sull’omofonia e anagrammi che costringono lo spettatore a forzare la propria attenzione, invitandolo a soffermarsi per trovare un dialogo con l’opera.

In mostra, per esempio, si trova il dittico con le foto di Sarenco e Beuys insieme all’epigrafe “La rivoluzione – Siamo noi” e più in là l’iconica Poetical Licence, foto scattata per caso da Sarenco a Belfast durante dei tumulti in piazza e divenuta, grazie al breve testo “licenza poetica” scritto in inglese, il simbolo dell’ardore di cui la poesia visiva deve farsi carico per diventare lotta creativa.

Al centro di un’altra stanza campeggia un’installazione composta da 14 lavagnette – 14, esattamente come le stazioni della Via Crucis – che diventano altrettante soste suggerite da Sarenco per scandire riflessioni graffianti e dissacranti. Non manca poi una serie dedicata alle celebri “Nature Morte” di Morandi, in cui Sarenco associa le riproduzioni dei dipinti a giochi di parole ironici e sprezzanti come “Più morta che natura”, “Mors TUA NATURA MEA”, “Morte naturale” e simili… Un ruolo centrale in mostra ricoprono poi i cicli con epigrammi Tabù e Tempo, oltre all’installazione del 2016 Il poeta è nudo, dove lo spettatore è invitato ad aiutare l’arte con un’offerta.

Veduta della mostra Sarenco. La Platea dell’Umanità, CAMeC, La Spezia. Ph. Enrico Amici

Particolarmente potente la sala che condensa i periodi dei viaggi in Asia e Africa. Nel 1982, in particolare, l’Africa entra prepotentemente nella vita e nell’arte di Sarenco, arricchendo la visione dell’artista che, a un certo punto, viene persino definito anche “Sarenco l’Africano”.

In Kenya, infatti, Sarenco si trasferì e risiedette per molti anni prima di tornare in Italia, organizzando ben quattro edizioni della Biennale Internazionale d’Arte di Malindi (2006-2008-2010-2012) con lo scopo di promuovere l’arte e la fotografia africana. Connessi concettualmente a questo corpus sono anche i ritratti delle “Poetesse” pellerossa di stirpe sioux, apache, comanche, navajo e in generale di tutti i popoli nativi dell’America, simboli fieri di libertà ed emancipazione da tutti i condizionamenti di ogni epoca e grado.

Accompagnano il racconto espositivo anche libri, locandine, documenti (talvolta rari e inediti) che raccontano e approfondiscono l’impetuosa attività organizzativa e editoriale di Sarenco. A Brescia, infatti, Sarenco aprì diversi spazi indipendenti per promuovere il lavoro di poeti visivi, anche internazionali e fondò (oltre al Gruppo Internazionale di Poesia Visiva o Gruppo dei Nove) diverse riviste, tra cui la più celebre – “Lotta Poetica” – fu ideata insieme all’amico Paul De Vree nel 1971. Fieramente indipendente, “Lotta Poetica” fu pubblicata a più riprese e fu concepita come uno spazio necessario di dibattito e approfondimento, su cui venivano ospitati anche numerosi poeti visuali internazionali che difficilmente avrebbero trovato spazio in altre riviste letterarie, le quali erano considerate dispersive e poco incisive.

Una mostra, questa del CAMeC, che dopo la scomparsa di Sarenco nel 2017, rende dunque omaggio a uno dei più grandi ed imprevedibili esponenti internazionali della poesia visiva, riallacciandosi idealmente a esperienze passate che, a vario titolo, hanno visto transitare Sarenco a Spezia. In particolare nello spezzino Sarenco mise in scena nel 2008 una performance proprio al CAMeC in omaggio a Duchamp (l’artista giocava a scacchi con una donna completamente svestita) e nel 2018 le sue opere furono esposte nella collettiva Poetry e Pottery, sempre al CAMeC, a cura di Giosuè Allegrini e Marzia Ratti, dove si esplorava una “serie speciale” della poesia visiva, raccogliendo oltre 200 ceramiche verbovisuali di trenta artisti.

Sarenco. La Platea dell’Umanità, CAMeC, La Spezia. Ph. Enrico Amici

Compiendo attraverso la mostra una ricognizione su oltre mezzo secolo di operato artistico firmato Sarenco, l’aspetto che più emerge è senza dubbio la tenace coerenza nelle ricerche verbo-visive di questo poeta totale. La disinvolta compenetrazione tra generi, l’arte di osservatore ironico e trasgressivo, l’impegno intellettuale ostentatamente fastidioso, la ribellione dirompente alla cultura imperante, l’impegno alla divulgazione delle indagini verbo-visive internazionali nella convinzione di poter creare una possibilità di azione concreata sulla realtà…, sono e restano i temi che accompagnano la visione di Sarenco in ogni fase della sua vita/arte.

“La poesia è morta, è morto anche il poeta” recita l’epigramma sulla figura beffarda di Sarenco che accompagna il visitatore a inizio e a fine mostra.
Quel che è certo è che la Poesia Totale di Sarenco qualche colpo ben assestato a contraddizioni e omologazioni della contemporaneità continua, ancora oggi, a tirarlo…

Sarenco. La Platea dell’Umanità
a cura di Giosuè Allegrini
co-curatore: Oriano Mabellini
progetto ideato da: Oriano Mabellini

31 marzo 2023 – 14 gennaio 2024

CAMeC Centro Arte Moderna e Contemporanea
Piazza Cesare Battisti 1, La Spezia

Orari: da martedì a domenica 11.00 – 18.00, chiuso il lunedì, aperto il Lunedì di Pasqua e il 1° maggio, Natale, Capodanno. Biglietti: intero euro 5, ridotto euro 4, ridotto speciale euro 3,50

Info: Tel. +39 0187 727530
camec@comune.sp.it
camec.museilaspezia.it

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