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BRESCIA | MO.CA – Centro per le nuove culture | 30 maggio – 11 giugno 2023

Intervista a CAMILLA MARINONI di Eleonora Bianchi

Lo scorso 30 maggio ha inaugurato, nell’Appartamento Nobile del MO.CA Centro per le nuove culture di Brescia, La vertigine della forma, mostra personale di Camilla Marinoni, curata dalle studentesse del laboratorio L’evento d’arte – Monica Bignotti, Rebecca Boroni, Sara Colombini, Sabrina Galli, Chiara Adelaide Mattiuzzo, Sofia Mazzola, Chiara Mora, Nicole Rizzi, Benedetta Russo – coordinate da Daniele Perra.
La mostra è un racconto intimo del vissuto dell’artista, che mette a nudo le proprie fragilità per stimolare nei visitatori una riflessione sul senso della vita, delle sofferenze, dei traumi. Marinoni ci guida all’interno di un percorso lastricato di insidie quale è l’analisi delle nostre emozioni. Attraverso ossimori, metafore e allegorie assistiamo a una fusione tra l’esperienza personale dell’artista e quella universale, comune a tutti noi.

Camilla Marinoni, Il desiderio originale, 2017, ceramica, cotone e ferro, 195×65 cm. Veduta dell’installazione al MO.CA, Brescia. Foto di Sabrina Galli

Come si sviluppa il tuo percorso artistico, da dove nasce e quali esiti trova?
Il mio è un percorso strettamente legato alla mia vita privata. Rielaboro e analizzo il mio vissuto per trasformarlo in Arte. Le tematiche che affronto nascono dall’esigenza di raccontare, di esprimere e, in qualche modo, esorcizzare i traumi subiti. Questa mia esigenza passa anche attraverso l’uso di materiali specifici che mi permettono di plasmare al meglio quanto voglio comunicare, a questo proposito amo particolarmente l’azione di modellare l’argilla. Utilizzo molto il vino, perché mi consentono di sviluppare il tema del ricordo: la traccia che lascia quando si asciuga, per esempio sulla carta di Se tornassi indietro non vorrei nemmeno nascere – installazione del 2020, realizzata con fogli di carta, vino e morsetti, durante un laboratorio in collaborazione con la GAMeC – racconta della possibilità di fermare i ricordi, di eternizzare un momento dato, di bloccare nel tempo un’emozione.
Un altro elemento ricorrente è il centrino, che uso dal 2006, mi affascina l’aura di dedizione e cura che lo circonda, la pazienza e la lentezza dell’esecuzione e in generale l’idea di ricavare del tempo per realizzarlo.

Camilla Marinoni, Alle ore 3, 2018, concertine, cotone all’uncinetto e teli di cotone, 30 x 150 cm. Veduta dell’installazione al MO.CA, Brescia. Foto di Sabrina Galli

Cos’è per te la fragilità, come la vivi e che ruolo ha nelle tue opere?
La fragilità è un aspetto intrinseco a ogni essere umano. È impossibile prescinderne, in quanto mette in evidenza l’unicità di ognuno di noi. Ci aiuta a comprendere le nostre debolezze: attraverso la fragilità scopriamo noi stessi come esseri finiti, limitati, ma allo stesso tempo ci consente di riconoscere la nostra forza.
La fragilità è un aspetto che tendo ad accogliere nella mia vita, spesso litigandoci, certo, però non è qualcosa contro cui si può vincere. Allo stesso modo, è un motivo ricorrente all’interno del mio lavoro, spesso a livello inconscio. Tutte le mie opere sono caratterizzate da un equilibrio di forze e fragilità, un esempio emblematico è Alle ore 3 (opera del 2018 esposta in mostra n.d.r.) costituito da tre concertine, termine tecnico che indica delle matasse di filo spinato, che presentano un’estremità chiusa a cerchio e coperta da un centrino. In quest’opera è particolarmente evidente la tensione tra un elemento molto forte, ostile, duro, e un altro più morbido, domestico e familiare.

Camilla Marinoni, All’ombra dei cipressi, 2021, vino, vetro, porcellana, legno e ferro, 70x100x100. Veduta dell’installazione al MO.CA, Brescia. Foto di Sabrina Galli

Che ruolo ha il Sacro nel tuo lavoro e che relazione ha con il corpo fisico?
Il Sacro può essere trovato ovunque: possiamo considerare sacra tutta l’Arte, poiché porta con sé una riflessione sul senso di qualcosa, di un evento, di un trauma. L’Arte è un momento di stasi, ci dà la possibilità di fermarci e di far emergere aspetti fondamentali del nostro essere. Anche il corpo fisico è sacro, la vita è sacra. Non è facile rendersene conto, non sempre riusciamo a percepire noi stessi come manifestazione del Sacro, ma dovremmo impegnarci di più, vedere quanto Sacro c’è in noi ci aiuterebbe sicuramente a vivere meglio la relazione con il nostro corpo e con la vita in generale.

Camilla Marinoni, Intus, 2023, nylon, poliestere, ceramica, vino, trucco, legno, cotone e tulle, 100x40x60 cm. Veduta dell’installazione al MO.CA, Brescia. Foto di Sabrina Galli

Quanto è importante per te la tradizione, artistica e non?
La tradizione è sempre il punto di partenza, non è facile “salire sulle spalle dei giganti”, ma è necessario, almeno, confrontarsi con essi. L’Arte del passato porta con sé lo sguardo degli artisti del tempo cui appartiene e può essere certamente, in questo senso, di ispirazione.
Per quanto riguarda la tradizione più “folcloristica”, personalmente sono molto affascinata dalle processioni religiose: sono aggreganti, accomunano le persone in modi che non riesco a spiegarmi; ci leggo una fede, una credenza che non mi appartiene, ma che mi intriga molto, è qualcosa che non comprendo fino in fondo. Mi sento come un bambino che vede un palloncino volare in cielo per la prima volta: non lo capisco, ma ne sono totalmente rapita.

Tracce di Liberty, installazione collettiva degli studenti e delle studentesse del DAMS Unicatt Brescia, frutto di un workshop con l’artista. Veduta dell’installazione al MO.CA, Brescia. Foto di Sabrina Galli

Principali ispirazioni nella Storia dell’Arte?
In linea di principio il filone dell’Arte femminile e femminista. Posso considerare di ispirazione artiste come Gina Pane o Louise Bourgeois. Amo la Body Art, nella misura in cui è poliedrica e multidisciplinare: mi concede molte più libertà rispetto ad altre correnti più impostate.

Cosa significa per te fare arte?
Tutto. Per me fare arte è tutto. Non ci penso molto, lo faccio e basta. L’Arte è un modo per analizzare gli eventi esterni, quello che vivo in prima persona. Il mio è un tentativo di creare qualcosa di utile, che possa stimolare un pensiero riguardo una determinata tematica. Cerco di seguire un processo di analisi e di intellettualizzazione dei sentimenti che provo, anche attraverso lo studio e l’approfondimento delle questioni che tratto. Ovviamente è imprescindibile la combinazione con l’emotività più spinta e brutale, ma è fondamentale che ci sia un pensiero con basi di studio solide. 

Camilla Marinoni, Se tornassi indietro non vorrei nemmeno nascere, 2020, vino e morsetti su carta, 50x21x25 cm. Veduta dell’installazione al MO.CA, Brescia. Foto di Sabrina Galli

Puoi svelarci qualcosa sui tuoi progetti futuri?
Porterò sicuramente avanti la serie di Intus, sculture ibride che nascono da una fusione tra forme organiche, che possono essere sia le nostre interiora sia elementi naturali esterni. Intus rappresenta anche la possibilità di vedere forme di vita che non esistono, o che magari semplicemente non conosciamo.
All’inizio del prossimo anno, poi, sarò coinvolta in un progetto all’estero, ma non posso ancora dire niente.

Camilla Marinoni. La vertigine della forma
a cura delle studentesse del laboratorio L’evento d’arte – Monica Bignotti, Rebecca Boroni, Sara Colombini, Sabrina Galli, Chiara Adelaide Mattiuzzo, Sofia Mazzola, Chiara Mora, Nicole Rizzi, Benedetta Russo – coordinate da Daniele Perra

30 maggio – 11 giugno 2023

MO.CA – Centro per le nuove culture
Appartamento Nobile
via Moretto 78, Brescia

Orari: da martedì a domenica 15.00-19.00
Ingresso libero

Info: www.morettocavour.com

 

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