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FAENZA (RA) | MIC Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza | 28 giugno 2014 – 1 febbraio 2015

Intervista a CLAUDIA CASALI di Livia Savorelli

La ceramica, come linguaggio della contemporaneità, ha per molto tempo sofferto di una condizione di inferiorità rispetto ai media tradizionali, vagando in un incerto limbo tra arte e tradizione artigiana. Questa posizione si avvertiva ancora negli anni ’80 ma, grazie all’utilizzo della ceramica da parte di artisti non ceramisti, questo materia ha potuto liberarsi da vecchi preconcetti, suscitando finalmente interesse a livello di critica e mercato.
Dialoghiamo con la Direttrice del MIC di Faenza, Claudia Casali, alla vigilia dell’opening di una vastissima rassegna, che traccia la storia del medium ceramico nel XX secolo con qualche incursione in quello successivo, con gli autori più contemporanei.

1 c MARTINI_02 copiaLa ceramica che cambia è il titolo della mostra che occuperà le sale del MIC dal 28 giugno al 1 febbraio 2015. Come è cambiata, a partire dal secondo dopoguerra, la scultura ceramica in Italia? La mostra di Arturo Martini, da voi realizzata nell’autunno 2013, ha di fatto aperto la strada a queste riflessioni?
La Ceramica che cambia parte proprio dalle riflessioni sorte dalla mostra di Arturo Martini, artista straordinario, precursore di poetiche poi adottate dagli artisti del secondo dopoguerra. Il percorso espositivo si apre con tre opere, grandi e magnifiche, di Martini: l’Aviatore, La Veglia e la Zingara, per raccontare come in cinquant’anni si siano succeduti codici e stili, filosofie e ricerche davvero straordinarie. Se non ci fosse stato il diktat di Martini contro la statuaria, forse non avremmo avuto l’eccezionale varietà poetica che la mostra documenta attraverso 80 protagonisti e 120 opere. Con il Comitato Scientifico (composto da C. Casali, C. Chilosi, M.V. Marini Clarelli, L. Ficacci, F. Gualdoni, N. Stringa, ndr) abbiamo scelto di esporre scultori che hanno contribuito a questo cambiamento, mentre a catalogo sono documentati diversi altri artisti. La scelta è discutibile, non ha nessuna pretesa di completezza o esaustività, ma vuole essere un punto di partenza importante, per una riflessione su un linguaggio e una materia fondamentali per la storia dell’arte italiana. Gli artisti hanno variato negli anni i loro approcci alla materia, passando talvolta dalla figurazione espressiva al neocubismo, dal picassismo all’informale, dall’astrattismo al concettuale o alle vene più pop. Questi sono gli argomenti che la mostra affronta, in un dialogo corale tra tanti protagonisti, che danno voce al mondo vario della ceramica. Non è tanto un percorso cronologico ma tematico e poetico, per sottolineare una eccezionale varietà legata ai grandi percorsi dell’arte contemporanea. L’approccio di Leoncillo alla materia è completamente differente da quello di Ontani, per citare due opposti; mentre in Paladino si rintracciano l’espressività di Martini accanto alla forza impattante di Valentini.

Tra le proposte anche l’opera di Asger Jorn, artista danese il cui nome è fortemente legato alla storia di Albissola Marina e di cui ricorre il centenario della nascita…
La mostra documenta la presenza di alcuni artisti stranieri attivi in Italia o che hanno fatto dei centri ceramici italiani loro luoghi di azione. Fontana, Matta, Carlè, Elde, Tsolakos, Jorn sono i nomi presenti in mostra. Jorn non è stato fondamentale solo per la Liguria ma per tutto il movimento informale italiano. Ha avuto rapporti con molti artisti, tra cui Baj, Dangelo, Fabbri, Broggini, Garelli, per citarne alcuni. Ad Albisola organizza nel 1954 l’Incontro Internazionale della Ceramica, dove per la prima volta partecipano artisti di provenienza dai vari gruppi CoBra, Surrealimo, Nuclearismo. E il testo di Cecilia Chilosi a catalogo enuclea perfettamente l’importanza di questo evento nel panorama artistico italiano. Scrive: «All’Incontro, promosso con la collaborazione di Tullio Mazzotti e della sua fabbrica prendono parte, lavorando in un clima di collaborazione e di esaltante confronto, i rappresentanti delle maggiori avanguardie europee: oltre allo stesso Jorn, Fontana, Baj, Appel, Corneille, Matta e Scanavino. Nella sperimentazione della terra, riallacciandosi alle correnti vitalistiche del futurismo, gli artisti vengono intensificando il proprio coinvolgimento gestuale e segnico, trovando nuove possibilità espressive nella materia, divenuta essa stessa il luogo dell’esperienza estetico-esistenziale». Il danese Jorn trova nelle alture albisolesi la dimensione perfetta per la sua esistenza, creando una casa-museo che rappresenti il perfetto connubio arte-vita (un po’ come lo è stato per Ontani in tempi recenti). Jorn porta in Italia l’internazionalità dell’informale e delle sue tante declinazioni e qui trova un terreno fertile di grande creatività.

Asger Jorn, Senza titolo, 1972, terracotta. Collezione privataIn merito a Leoncillo, un artista per molto tempo rimasto escluso dai riflettori e solo recentemente ricordato, cosa può dirci?
Leoncillo è uno dei grandi Maestri indiscussi (e non a caso abbiamo scelto una sua opera notissima, La dattilografa, come immagine della mostra). Come ho più volte sottolineato, Fontana è il grande precursore dell’informale, Leoncillo ne è il vero protagonista. Il suo percorso si evolve dall’adesione al vero con gli esordi drammatici e barocchi degli anni ’30, per passare alla fase neocubista, per giungere infine all’esito assoluto informale, colto nella dimensione poetica della terra in simbiosi con la vita, per ricercare e riaffermare il proprio io. Per citare il suo Piccolo Diario «la creta diviene materia “nostra” per gli atti che compiamo su essa e con essa, atti che nascono da una reazione del nostro essere, che crescono dalla furia, dalla dolcezza, dalla disperazione motivati dal nostro essere vivi, da quello che sentiamo e vediamo». Nell’iter artistico di Leoncillo ritroviamo gran parte dei percorsi di tanti protagonisti di questa mostra, che partono da una dimensione figurativo-pittorica e giungono all’informale.

Quali tra le opere storiche presenti in mostra può essere segnalata per la sua forza ed attualità?
Ho citato prima la Zingara di Martini, modernissima e stravagante per l’epoca e per la sua composizione; le Sfere di Fontana raccontano una svolta epocale, così come Incontro d’Inverno di Leoncillo o l’Angelo di Valentini; il Pegaso di Petucco definisce appieno l’influenza picassiana degli anni ’50 e la scelta pittorica di tanti artisti, tuttora attuata, come per la Manimula di Echaurren; le figure totemiche di Matta ci raccontano un mondo di incontri di origini e civiltà diverse; il TrumeauAlato di Ontani è un’opera eccezionale che racconta una modalità differente di approccio alla ceramica. È difficile scegliere un pezzo significativo: come sempre accade, tutti i pezzi in mostra hanno una loro forza e una ragione.

Lucio Fontana, Sfere, terracotta con vetrina e terracotta con ossido, diametro 29 cm e 32 cm,  1957, collezione MIC

Tra i nomi degli artisti coinvolti spicca anche il duo Bertozzi & Casoni, con opere degli esordi. In questo specifico caso, che ruolo il medium ceramico ha rivestito nella ricerca degli artisti dagli anni ’80 ad oggi?
Bertozzi & Casoni sono presenti con un’opera che racconta la loro origine, il loro punto di partenza. Negli anni ’80 sono molti gli influssi che contribuiscono ad arricchire il mondo della ceramica. Azioni performative, pop art, ritorno alla figurazione e al pittorico, ma anche desinenze concettuali. L’avvicinamento con l’arte contemporanea si avverte, così come poetiche filosofiche e socio-politiche. Penso ad Alfonso Leoni, un grande protagonista fuori dal coro che ha fatto della provocazione il suo manifesto, ma anche a Marano, Bonaldi, Laveri (che coniuga ceramica e linguaggio cinematografico e teatrale). La generazione oggi di quarantenni vive l’eredità di quel momento e con grande capacità riesce a mescolare situazioni e contesti differenti, all’insegna dei linguaggi contemporanei. Quella generazione oggi è molto viva e attiva e sarà fonte di grandi sorprese (penso ad Andrea Salvatori, Paolo Polloniato, Silvia Calcagno, Nero, Mattia Vernocchi, etc.).

Arturo Martini, Zingara, 1933-35  grès, cm 204x50x50, Collezione privata

La mostra pone l’accento anche sulle nuove generazioni?
Ci fermiamo al XX secolo e ai giovani artisti che nel 2000 avevano già espresso un significativo percorso, frutto di un’attenta ricerca (in questo Bertozzi & Casoni sono i più giovani). È ancora presto, forse, per raccontare il panorama del XXI secolo, non crede?

Nel sistema dell’arte contemporanea che posta occupa la ceramica? E come questa si colloca a livello di mercato?
Ho più volte sottolineato nel mio testo a catalogo come, ancora negli anni ’80, la ceramica soffrisse di una dimensione di inferiorità rispetto alle arti maggiori. Colpa assoluta dei critici e degli storici dell’arte che non hanno mai compreso la potenzialità di questo linguaggio. Ancora nel 1974 Crispolti scriveva per una Biennale di Gubbio: «… Un certo dramma della scultura in ceramica è quello di riuscire appunto a superare decisamente la considerazione del mezzo impiegato quale fine, verso una condizione del mezzo come mero strumento. Cioè superare la virtuosità tecnica nella consistenza di una necessità espressiva o comunicativa ulteriore. Il tema che questa Biennale suggerisce è in fondo proprio quello della verifica di situazioni di riabilitazione della ceramica a “medium” espressivo attuale, certamente con tutto il patrimonio della tradizione artigiana, ma anche nella prospettiva della possibilità di utilizzarla in modo nuovo, liberamente, portando o riportando la ceramica a livello concorrenziale con altri “media” attuali (come hanno fatto Fontana, soprattutto negli anni Trenta e nei Quaranta, o Leoncillo, dagli anni Quaranta ai Sessanta)…». Il contributo certo di molti artisti non ceramisti che si sono cimentati dalla fine del secolo scorso con la materia ha aiutato la materia stessa a superare quel gap di cui era vittima. La ceramica oggi È un linguaggio dell’arte contemporanea a tutti gli effetti e tale deve essere considerata. Anche il mercato sta ben reagendo in questo senso, seguendo artisti e acquisendo opere scultoree indiscutibili.

La ceramica che cambia. La scultura ceramica in Italia dal secondo dopoguerra. Da Fontana a Leoncillo, da Melotti a Ontani
a cura di Claudia Casali

28 giugno 2014 – 1 febbraio 2015

Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza
viale Baccarini 19, Faenza (RA)

Orari: dal martedì alla domenica dalle 10 alle 19, chiuso il lunedì
Visite guidate aperitivo: tutti i martedì di luglio e agosto, ore 18.30
Ingresso: 8 euro

Info: +39 0546 697311
www.micfaenza.org

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