Piero Gilardi nasce il 3 agosto del 1942 a Torino, dove ha sempre vissuto e lavorato. Ci ha lasciato ieri, domenica 5 marzo 2023, all’età di 80 anni. Un Maestro a cui non servono presentazioni e su cui c’è ancora da scrivere.
È per questo che lo avevamo ospitato, nelle scorse settimane, tra le pagine del numero #120 di Espoarte. Rileggiamo ora con affetto e stima le sue dichiarazioni asciutte, sempre lucide e sensate attorno alla sua ricerca e al mondo dell’arte al quale era legato a doppio filo…
Intervista a PIERO GILARDI di Alberto Mattia Martini*
Formatosi nella Torino degli Anni ’60, dove in quel periodo c’era la Galleria di Gian Enzo Sperone che faceva da catalizzatore anche per gli artisti di quella che divenne l’Arte Povera, Piero Gilardi è, in un primo momento, accostato alla Pop Art, in seguito diviene parte integrante proprio della prima Arte Povera. Tuttavia quando questo movimento artistico raggiunge il suo apice o comunque diviene molto noto, Gilardi sente la necessità di distaccarsene, preferendo l’impegno politico, abbandonando addirittura l’attività artistica tra 1968 e il 1969.
Particolarmente attento anche alle tematiche ambientaliste e per dirla alla Beuys “in difesa della natura” ed infine, come se non bastasse, indagatore e sperimentatore delle nuove tecnologie espressive.
Piero Gilardi è un artista e direi uomo civis, impegnato socialmente, culturalmente ed ideologicamente in senso concettuale e a favore della comunità, con alle spalle un lungo ed importante percorso di ricerca.
Nel 1965 Gilardi si inventa gli ormai famosissimi Tappeti natura, elementi che appaiono come “frammenti estirpati” dalla natura, raffigurati realisticamente in gommapiuma, utilizzando i colori e i materiali caratteristici di quel periodo storico, riproponendo una precisa e dettagliata imitazione del mondo naturale.
La sua successiva esperienza politica radicale, e l’utilizzo delle nuove tecnologie vogliono indicare la sovversione di un mondo, che non pone più l’uomo in relazione con i suoi simili ma con le cose inanimate.
Nel 1963 si immagina le avveniristiche ed ironiche Macchina per discorrere e Macchina per appagare gli istinti, mentre nel 1989 con il Progetto Biba (1989) pone le premesse per la costruzione di un’intera città tecnologica, di un gigantesco laboratorio interattivo, costituito spazialmente come un’enorme bambola di plastica i cui centri sono disposti e strutturati ispirandosi ai cinque sensi del corpo umano.
Come sostiene infatti lo stesso Gilardi: “La virtualizzazione dell’Io è un qualcosa che viene molto meglio con un’installazione virtuale che con un quadro a olio. L’artista non dipinge più con la sua pennellata ma si spersonalizza, riproduce le immagini del paesaggio massmediatico. Gli elementi iconografici delle mie opere fanno parte della memoria, della cultura popolare. E se devo dire quali sono le mie radici, le vedo nel teatro popolare e nel teatro barocco”.
Oltre ad essere particolarmente attento e concentrato sulla natura e su tematiche ecologiste, di cui parleremo fra poco, lei è anche un antesignano del rapporto tra arte e tecnologia: penso alla mostra Macchine per il futuro del 1963 realizzata presso la galleria l’Immagine di Torino. Questo dialogo nasceva dall’interesse per un mondo sempre più cibernetico? A mio avviso però vi è anche una visione futuristica di quello che sarebbe successo successivamente: internet, mass-media, social ecc…
Nel 1963-64 mi sono interessato alla Cibernetica, certamente con una intuizione profetica rispetto al mondo tecnologico attuale.
Come accennato poc’anzi, invece nel 1965, nascono i famosi Tappeti natura, costituiti da poliuretano espanso, gommapiuma, che riproducono, appunto, piccoli lembi di natura. Sono opere iconiche, di cui si è detto e scritto tantissimo; ci può tuttavia spiegare come nascono e perché?
I Tappeti natura nascono dall’intento di ricostruire una natura non inquinata, colta nei suoi cicli circolari e offerta come “tappeto” al nostro corpo.
Non si può non parlare anche dell’esperienza relativa alla ricerca artistica vissuta con la sua partecipazione all’Arte Povera: uno dei movimenti artistici sicuramente più caratterizzanti del Ventesimo secolo. Quali sono stati i motivi che l’hanno fatta propendere per una partecipazione ad un movimento rispetto ad una posizione di artista, autonoma o comunque svincolata da altri gruppi?
Penso di essere stato co-protagonista della nascita dell’Arte Povera che ha segnato profondamente tutte le mie esperienze artistiche successive.
Negli ultimi anni notiamo una sensibilità più accentuata nei confronti del mondo naturale, mi riferisco all’opinione pubblica e per esempio ai vari protocolli di intesa firmati dai “grandi” della Terra. Tuttavia sembra sempre che questi rimangano solamente buoni propositi, che non sortiscano però effetti concreti o comunque significativi: prevale sempre lo strabordante egoismo umano. Che ruolo ha e potrebbe avere l’arte per poter realizzare realmente una società ecosostenibile?
Nella crescita della coscienza ecologica, l’arte ha anzitutto il ruolo di suscitare un “reincanto per la natura”.
In forte connessione e potrei dire anche imprescindibile, con il concetto di natura o come diceva Joseph Beuys, di Difesa della natura, è il suo impegno politico inteso come tentativo di diffondere la creatività e la sensibilità collettiva anche nei territori del Pianeta considerati marginali. L’arte quindi è politica? Deve relazionarsi, interagire con la politica?
L’arte prefigura un mondo ed una società migliore ed in armonia con la natura. In questo senso ha un valore politico che spiega la mia costante attività di attivista nel movimento ecologista.
Quindi potremmo asserire che è sempre più importante il concetto di Arte=Vita, che tanti artisti, movimenti artistici e anche il mio maestro Pierre Restany, hanno fatto loro, ricercandone appunto uno scambio continuo, uno “stile di vita” e conseguentemente una fruizione relazionale di dialogo con il pubblico?
Il motto “Arte-Vita” era la premessa della nascita di un’arte relazionale che coinvolgeva la soggettività del pubblico nel processo creativo.
Nel suo lavoro spesso compaiono anche delle maschere: che significato hanno?
Le mie maschere sono delle caricature politiche usate nelle manifestazioni di politica movimentista.
Lei si ritiene più artista, operatore culturale ed ecologista, o un politico nel senso di attivista?
Mi ritengo allo stesso tempo artista e attivista politico, a causa proprio del connubio Arte-Vita.
Cosa intende per New Media art?
La New Media Art nasce alla fine degli Anni ’80 per indagare le potenzialità delle nuove tecnologie e in particolare della interattività.
Lei è stato anche il promotore del PAV, Parco Arte Vivente, che si è aperto a Torino nel 2008: un progetto molto ambizioso ed importante, un centro di arte ecologica e sperimentale, dove natura e cultura dialogano e si integrano…
Al PAV, di cui sono attualmente Art Director, indaghiamo tutti i nuovi filoni delle arti ecologiche sviluppati da artisti giovani.
Invece, il suo prossimo lavoro quale sarà?
Il mio prossimo lavoro sarà quello di illustrare con installazioni e performances la pratica comunitaria di esperienze di vita ecologicamente virtuose ed alternative.
Grazie Piero Gilardi per il tempo che ci ha dedicato e che l’arte sia sempre con lei!
Piero Gilardi (Torino 1942-2023). Nel 1963, realizza la sua prima mostra personale Macchine per il futuro. Due anni più tardi realizza le prime opere in poliuretano espanso, i Tappeti-natura che espone a Parigi, Bruxelles, Colonia, Amburgo, Amsterdam e New York. A partire dal 1968 interrompe la produzione di opere per partecipare all’elaborazione delle nuove tendenze artistiche della fine degli anni ’60: Arte Povera, Land Art, Antiform Art. Collabora alla realizzazione delle due prime rassegne internazionali delle nuove tendenze allo Stedelijk Museum di Amsterdam e alla Kunsthalle di Berna. Nel 1969, comincia una lunga esperienza transculturale diretta all’analisi teorica e alla pratica della congiunzione “Arte Vita”. Come militante politico e animatore della cultura giovanile conduce svariate esperienze di creatività collettiva nelle periferie urbane e “mondiali”: Nicaragua, Riserve Indiane negli USA e Africa. Nel 1981 riprende l’attività nel mondo artistico, esponendo in gallerie delle installazioni accompagnate da workshops creativi con il pubblico. A partire dal 1985 inizia una ricerca artistica con le nuove tecnologie attraverso l’elaborazione del Progetto “IXIANA” che, presentato al Parc de la Villette di Parigi, prefigura un parco tecnologico nel quale il grande pubblico poteva sperimentare in senso artistico le tecnologie digitali. Nel corso degli anni ’90 ha sviluppato una serie di installazioni interattive multimediali con una intensa attività internazionale. Insieme a Claude Faure e Piotr Kowalski, ha costituito l’associazione internazionale “Ars Technica”.
Ha pubblicato tre libri di riflessione teorica sulle sue varie ricerche: “Dall’arte alla vita, dalla vita all’arte” (La Salamandra, Milano 1981) e “Not for Sale” (Mazzotta, Milano 2000 e Les Presses du réel, Dijon 2003) e “La mia Biopolitica” (Prearo, Milano 2016)
Ha promosso il progetto di un grande “Parco d’Arte Vivente” nel quale si compendiano tutte le sue esperienze relative alla dialettica Natura/Cultura e che si è aperto nel 2008 quale istituzione pubblica della Città di Torino. Le sue gallerie di riferimento sono Galleria Biasutti & Biasutti, Torino; Galleria Giraldi, Livorno; Galleria Michel Rein, Parigi.
http://www.fondazionecentrostudipierogilardi.org/
* Intervista tratta dal numero #120 di Espoarte: https://www.espoarte.net/shop/shop/espoarte-120/