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DERUTA (PG) | freemocco’s house | 14 – 28 dicembre 2014

intervista a MIRCO DENICOLÒ di Luca Bochicchio

“Con le mani più avvezze alla matita che alla terra”

La matita è lo strumento “per ragionare”, il mezzo per rendere operativi i pensieri. A dispetto della carica onirica delle sue opere, Mirco Denicolò dimostra come la lucidità, la ricerca e anche una certa disciplina metodologica siano utili a incanalare il lavoro in un percorso non definito a priori ma consapevole delle “regole del gioco”: di quello narrativo, visivo e poetico. Sono forse appunto la profondità poetica e la consapevolezza di Denicolò a rendere le sue immagini capaci di catalizzare la nostra attenzione, quasi fossero archetipi dei quali il nostro profondo inconscio sente di non potere fare a meno. Mirco De Nicolò, Sketch 3, ceramica 20x20 cmQuesta dipendenza dello sguardo, creata dall’associazione libera di elementi iconografici semplici e arcaici, si radica ancor più in noi in virtù del medium utilizzato: la terracotta. Dipinta, solcata dal segno e graffiata con delicatezza, essa rivela la sua potenza nella misura in cui la “tavoletta” di argilla costituisce il medium per eccellenza; l’arcano supporto depositario di quella prima forma di scrittura incisa “per durare nel tempo”. Proprio il tempo è il canale attraverso il quale Denicolò sottrae l’osservatore al rapimento della ceramica, per trasportarlo in un’altra dimensione, parallela a quella delle tavole. L’estetica del video, del disegno animato, ci rende spettatori simili ai bambini di fronte al teatro di marionette. Sullo sfondo della materia primaria che è la terra, l’atmosfera ovattata del digitale, con i suoni e i movimenti fluidi, asseconda il gioco dell’immaginazione (etimologicamente: creare un’immagine nella mente). Dal disegno e dall’acquerello iniziali, passando per ceramica e video, Denicolò torna fatalmente al libro, composto da tavole che, sfogliate una dopo l’altra, costruiscono la storia (una delle tante possibili) di questi burattini: esseri mitici raccontati dalla Pioggia (un personaggio schivo, tiene a precisare Denicolò). Nell’intervista che segue, l’artista faentino parla di “drammi minimi”, “divinità domestiche”, “maschere”: con toccante serietà Denicolò racconta le epifanie di questi personaggi umili, mostri e burattini. Si tratta di esseri talmente particolari che l’artista preferisce siano raccontati dalla Pioggia, un’entità avara di parole. Siamo di fronte alla semplice e vera “tragedia” che con i simboli e le maschere si rivolge a noi e alle nostre (banali, difficili, stupende?) vite. Per anticipare le parole dell’artista, questo progetto è “la cosa più simile alla vita che io riesca a concepire in questo momento”.

 mirco De Nicolò, burattini, 2014, Ceramica invetriata, 20x30 cm

Puoi dirmi in cosa consiste il progetto trans-mediale Ho intervistato la pioggia?
Ho intervistato la pioggia è un’opera aperta, un racconto per immagini che, passando da un medium all’altro, amplia e varia i propri contenuti. Le singole opere illustrano le vicende di alcuni burattini, vicende che si svolgono sotto forma di tableau vivant o drammi minimi; il soggetto che racconta le vicende dei burattini è la pioggia, un’entità molto schiva; io sono l’intervistatore che ri-racconta tutto servendosi di figure e di qualche parola… poche parole.

Mirco De Nicolò, Sketch 1, ceramica 20x20 cm

Qual è stata la sua genesi concettuale e processuale? Hai realizzato altri progetti simili in precedenza? Cosa c’è della tua poetica?
Con questa opera io credo di avere trovato pienamente la mia dimensione narrativa. Il racconto qui si incentra su divinità domestiche manifestatesi nei burattini intesi come maschere. Dal punto di vista operativo, cioè il punto di vista che quelli come me usano per ragionare, L’Intervista nasce attraverso la pittura all’acquarello. Gli elementi delle scene prodotte su carta sono stati tradotti in ceramica: un catalogo, un’enciclopedia visiva con tutti gli elementi rappresentati in precedenza, diverse centinaia di oggetti visivi. Questi sono stati poi utilizzati per costruire un libro e un video di animazione. I concetti espressi nel video sono tornati ad essere lavoro ceramico, un trittico. Infine, in queste settimane, i burattini riappaiono, solitari, rappresentati con la penna sulla carta. Da un medium all’altro il materiale del racconto si è arricchito, si è contraddetto, ha cambiato forma, alcuni contenuti sono scesi in secondo piano, altri sono stati messi in luce: è la cosa più simile alla vita che io riesca a concepire in questo momento.
Desideravo da tempo lavorare in questo modo, ho fatto molte prove e ho abbozzato soluzioni analoghe nel passato recente, ma è la prima volta che ho usato questo metodo affabulatorio nella dichiarazione di intenti.
Nel mio modo di ascoltare la realtà attorno a me e di restituirla, c’è forse un moto di compassione nei confronto dei perdenti, ossia la consapevolezza di condividerne il destino. Rispetto ai piccolissimi mostri che rappresento, cioè alle piccolissime epifanie che mi circondano e di cui sono testimone, c’è forse una differenza: io ho la coscienza di essere partecipe in modo attivo ad un disegno di bellezza universale. Nell’Intervista questo non è espresso ma è presente sotto traccia. È, come si conviene ai racconti per immagini, suggerito.

E il tuo percorso personale, in senso formativo professionale, quale è stato?
Ho iniziato a disegnare da bambino e in prima media ho cominciato a frequentare lo studio di una pittrice. Ho seguito la scuola d’arte a Pesaro, dove le discipline del disegno sono un patrimonio culturale condiviso. Molto presto sono entrato in una bottega di ceramica con le mani più avvezze alla matita che alla terra. Dopo la maturità mi sono trasferito a Faenza per approfondire la mia formazione ceramica, ho appreso tecnologie e tecniche preziosissime, strumenti importanti delle mie successive attività lavorative. Ho proseguito poi una vita professionale divisa in tre: l’attività artistica, quella industriale e quella didattica. Sto lavorando nel mondo dell’arte con assiduità da una ventina d’anni, un poco alla volta ampliando la visione e gli obiettivi rispetto al mio territorio linguistico di partenza. Ho lavorato come ricercatore per l’industria ceramica fino al 2003, ho diretto reparti produttivi e ho realizzato molte collezioni: grandi produzioni che richiedono buone capacità di dialogo con i colleghi e tendenza a risolvere i problemi in tempi rapidi. Ho iniziato a insegnare molto presto e l’ho fatto per lungo tempo anche in ambito universitario: sono docente di laboratorio dal 1999 in una facoltà di design.

Mirco De Nicolò, Sketch 13, ceramica 20x20 cm

Qual è il ruolo della ceramica, in particolare in questi tuoi progetti multimediali? Cosa apporta al lavoro in termini di linguaggio?
La cosa più utile della ceramica sono i suoi limiti: i processi sono lenti, molto tecnici, richiedono molto controllo. La lavorazione della ceramica, in sé, non permette creatività. Quella può esserci prima, in una fase separata, non è intrinseca alla produzione. Inoltre, l’apprendistato richiede molti anni: non si diventa ceramisti in fretta, non generalmente. Questi limiti sono uno straordinario stimolo sia alla creatività sia alla messa a punto di processi originali, i progetti multimediali non possono essere improvvisati e questo rende tutto molto più solido: si possono sviluppare progetti solo se davvero necessari, là dove effettivamente indispensabili. Esiste poi un’altra peculiarità importante della ceramica: le caratterizzazioni delle superfici. In ceramica se ne possono davvero produrre una varietà straordinaria, e ciò significa che si può lavorare con una vasta gamma di timbri linguistici. Questi elementi combinati assieme permettono di portare alla luce cose mai viste prima.

Su cosa stai lavorando o ti piacerebbe lavorare in futuro?
In queste settimane ho ricominciato l’attività di ricerca di base, quella che mi permette di individuare i prossimi temi. In questa fase del lavoro non c’è niente di sicuro, spesso mi si presentano alla mente falsi desideri, emozioni che stanno nascondendone altre più urgenti. Ho perlopiù sensazioni vaghe, sospetto che siano ingannatrici. Eppure alcune figure stanno diventando meno indistinte, si stanno fissando bene sia nella mia immaginazione sia sulla carta. Sto disegnando ancora burattini. Poi sto disegnando animali estinti, li sto caricando di oggetti sul dorso e sul capo. Sto provando anche a farli interagire con il quinto elemento platonico (l’Etere), i risultati paiono promettenti. Come dice il poeta: il futuro è condizionato dagli incidenti.

Mirco Denicolò. Dalla terra alla carta
a cura di Freemocco

14 – 28 dicembre 2014
dal 15 dicembre la mostra sarà aperta su appuntamento

freemocco’s house
via Vincioli 18, Deruta (PG)

Info: +39 349 1339086
www.freemocco.com
www.mircodenicolo.it

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