AndreA Arte ContemporaneA
Vicenza
Francesco Bocchini. Tutti vivi, tutti morti. Tutti rivivi, tutti rimorti. (di Elena Baldelli)
Dice e ri-dice Francesco Bocchini. Dice, prima, che “si vive e si muore”, ri-dice, poi, “che si ri-vive e si ri-muore”, e, dicendo e ri-dicendo, ci accompagna, con sarcastici giochi di parole, alla scoperta di un lavoro dal carattere ironico ed enigmatico. La parola aiuta e confonde, funge da guida e svia: dai titoli, ai pezzetti di carta appuntati sulle opere come in una agenda. Come nelle sue agende, quei taccuini su cui, meticolosamente, viene progettato ogni lavoro, in un rituale canonico, composto da materia e anti-materia, accumulo di oggetti e accumulo di storie, racconti scovati nei ricordi della cronaca e nelle fantasie surreali…
Elena Baldelli: Tutti vivi, tutti morti. Tutti rivivi, tutti rimorti. Sembrerebbe alludere ad una doppia ciclicità della vita, un vivere e morire due volte…
Martina Cavallarin: Francesco Bocchini ha una visione felliniana in costante bilico tra sarcasmo e ironia, uno sguardo visionario e trasversale che lo porta a dire e ri-dire, tracciare e ri-tracciare, prendersi gioco della vita come della morte in quanto parte di una sola cosa che è l’esistenza.
Dal suo testo critico si denota che la realizzazione di ogni opera dell’artista prevede un rituale precedente; un accumulo materiale e mentale… Come si svolge il pre-opera?
Artista anarchico e suggestivo, Francesco ha una meticolosità assoluta nella preparazione, realizzazione e installazione del lavoro. I suoi quaderni di appunti contengono date e ore; sulle pagine dei suoi libretti sono stese, riga dopo riga, liste affascinanti e imprevedibili. Nonostante la freddezza dei materiali con cui formalizza le sue opere installative, si rivela fortissimo, nelle carte, l’elemento emotivo dell’artista, unito alla sua predisposizione da studioso di storia che compila, elenca e riordina i carnet manuali che si rivelano affascinanti quanto i meccanismi ruggenti, le sorde scaffalature, le teche di vetro. Un lavoro, quello su carta, apparentemente germinale, ma già finito nella sua privata apparizione e che merita una mostra intera. Infatti già una cospicua parte sarà visibile alla prossima personale di dicembre, La storia naturale alla Galleria Affiche di Milano.
A volte un titolo può risultare rivelatore e le parole servono per aggiungere ulteriori input nell’incontro con l’opera. I titoli scelti da Francesco Bocchini risultano ironici, critici, enigmatici. Inoltre, inserisce piccoli appunti a suggello delle installazioni; spesso parole in lingua straniera o elenchi di nomi. Che importanza ha la parola?
Per Francesco Bocchini il titolo di una mostra, il titolo dei lavori, così come lo spazio, l’opera, l’invito e anche la pubblicità, fino al catalogo fanno parte di un insieme, un procedimento di matrice gestaltica in cui “il tutto è più della somma delle singole parti”. Infatti, nella realizzazione di un’opera troppi dettagli generano confusione mentre, la relazione tra le cose, costituisce un progresso. Ed è questo nesso costante che interessa a Bocchini: la connessione, il processo, il suono, sia quello del ferro che quello di una parola, parola che è lo strumento più potente per eccellenza, pronunciata in altra lingua, preferibilmente il tedesco, che lui ama, perché dominante dal punto di vista cacofonico e anche molto preciso nei significati; oltre al fatto che, in quella regione del pianeta, si sono imposte durante il Novecento forze oscure, così come è naufragato il sogno di grandi imperi. Titola un libro di Vincenzo Agnetti: Crisi del linguaggio, ironia e contaminazione dei significati per denunciare l’abuso del potere sulle parole.
L’artista sembra appropriarsi di storie, di personaggi…
Francesco Bocchini è un artista narratore, uno storico cantastorie, siano esse vere o inventate, leggenda o ricordo reale. La storia, che per Fabio Mauri è rappresentata nell’opera attraverso il colore nero, steso con altezze diverse a ricoprire falsità, menzogne e memoria, costituisce un elemento imprescindibile anche per un artista contemporaneo come Bocchini. Le sue, possono essere liste di nomi di “uomini da marciapiede” caduti durante degli scontri in piazza, in fabbrica o in guerra, elenchi riferiti a gruppi d’iscrizione politica, sindacale, geografica, oppure sono una sorta di racconto riferito a personaggi illustri appartenenti alla letteratura, alla scienza, alla filosofia o alla storia dell’arte. In egual modo Bocchini si sofferma su elementi più grotteschi o surreali concentrandosi su categorie alternative, per esempio frati, maghi, illusionisti.
Il fascino dell’oggetto ready l’hanno subito in molti, dopo la consacrazione di Duchamp, e, da allora, non è più rimasto indifferente. Quali sono gli aspetti dell’object trouvé che affascinano?
Le contaminazioni nella storia dell’arte si appellano a più livelli di significato, ma in Bocchini si basano sullo scambio di intenzioni e sulla sardonica proposta di “riciclaggio” che sposta e mette a disposizione all’infinito l’alternanza dei significanti e delle sostituzioni, in un continuo rimando mentale, di riferimento dadaista e post dada.
La mostra in breve:
Francesco Bocchini. Tutti vivi, tutti morti. Tutti rivivi, tutti rimorti.
A cura di Martina Cavallarin
AndreA Arte ContemporaneA
Corso Palladio 165, Vicenza
Info +39 0444 541070 – 348 1502474
www.andrea-arte.com
Fino al 5 febbraio 2011
“Zauber – Macht”, 2010, installazione, cm 220x380x35
“Zauber – Macht”, 2010, installazione (particolare), cm 220x380x35
In basso, da sinistra:
“Una società felice”, 2010, cm 43x51x21
“La teoria del mondo”, 2007, cm 44x31x28