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3)5 Arte Contemporanea
Rieti

Eugenio Percossi. Flatland_other & B/W at 3)5 Arte Contemporanea (di Francesca Di Giorgio)

Ricordi dimenticati di una memoria obliata. Un passato a cui è stato sottratto il ricordo. Sembra una contraddizione, un ossimoro. Ricordi di “altri” e allo stesso tempo di tutti. I lavori presentati da Eugenio Percossi alla Galleria 3)5 di Rieti nascono dalla sua passione per il collezionismo individuando come punto di partenza, tra gli oggetti più disparati, vecchie fotografie in bianco e nero, una linea ideale che guida all’interno di vicende personali eppure così comuni materializzate all’interno della galleria…


Francesca Di Giorgio:  B/W parla di te, della tua vita, del tuo modo di lavorare…
Eugenio Percossi:
La prima installazione della serie B/W, l’ho fatta nella mia casa di campagna nel 2003… Da sempre colleziono vecchie fotografie, di quelle che si trovano nei mercatini di antiquariato, soprattutto risalenti al periodo fra le due guerre. Ritratti, foto di famiglia, immagini, nate per ricordare e che poi perdono il loro senso originale, quando finiscono in una scatola, sul banco di un mercatino delle pulci. Per questo ho raccolto centinaia di volti, che stanno in posa come a dirmi: “eccomi, sono io”. Ed io mi sento smarrito, mi rimane il senso di disillusione e a volte disperazione, perché colleziono ricordi senza memoria. Tracce che mi parlano del destino umano.
Ho usato svariate volte per i miei lavori queste foto: le ho ri-fotografate, scansionate, fotocopiate, le ho manipolate con photoshop, le ho usate per fare pittura e disegni… Finché, dopo un periodo di pausa, il mio compagno, compra un castelletto rinascimentale in rovina, a Praga, dove viviamo (che custodisce secoli di memorie dimenticate) e decide di commissionare a vari artisti dei lavori per le stanze da letto. A me ne tocca una.
Mi aveva colpito sapere che l’ultima famiglia aveva vissuto in quel posto negli anni ’30.
Ho ricreato la stanza da letto della coppia che vi aveva vissuto allora. Inventandola perché nessun ricordo poteva aiutarmi. Mi sono basato sulla mia collezione smemorata, pensando che in fondo il passato ha un non so che di uniformante. In tutto ciò il bianco e nero brutalmente sbugiarda tutta quella realtà di cui le fotografie pensano di parlare.


Come nasce B/W?
Sono arrivato a supporre che il bianco e nero sia solo l’effetto del tempo su immagini che presuppongo scattate a colori, che il tempo ha sbiadito anche nello spazio reale. Così nasce B/W, una vera camera da letto dove dormire. In questa prima installazione, che ancora è lì dove è nata, la presenza dell’ospite, dà senso all’opera, la completa. Abitare lo spazio in bianco e nero vuol dire contaminarlo (succede anche in galleria). Il bianco e nero rappresenta il tempo che non ha fretta… il maglioncino rosso dell’ospite poggiato sulla sedia, il libro sul comodino, parlano di vite e speranze “nuove” che diventeranno a loro volta passato e non ricordo. L’installazione è fatta arredando una stanza in ogni singolo dettaglio, dai mobili ai libri, dalle lampade ai tessuti d’arredamento, dai quadri alle piante (di plastica) il tutto ridipinto o stampato in bianco e nero con effetto il più possibile iper-realistico.

Nel quotidiano, quali sono le tue fonti di ispirazione?
Le ispirazioni le trovo nel quotidiano, per certo. Nel caso specifico, come dicevo, ho iniziato a collezionare e poi tutto ciò è diventato arte. Ma collezionando e riflettendo mi sono reso conto che il memento mori intrinseco era la spinta all’ammucchio. Così ho fatto in precedenza con maschere anti gas, con bambole sfondate e altro. Per esempio da tempo colleziono quaderni, che trovandoli troppo belli non ho il coraggio di usare per paura di rovinarli, un giorno mi piacerebbe esporli su di una mensola come un autoritratto. Potrei intitolarlo “Elogio alla fifa”…
L’ispirazione la affronto come una lunga fase digestiva, lenta e a volte connessa con forti mal di pancia. In fondo tutto il mio lavoro è autobiografico, a volte in modo palese, altre meno. Cerco di rendere il tutto poi universalmente leggibile, trovando in me necessità e paure del tutto umane e in quanto tali riconoscibili da chiunque (o quasi).
Da un po’ sto lavorando con materiali per bambini (colori da vetro e plastilina) per non prendermi troppo sul serio. Non per senso di leggerezza, direi piuttosto per paura.
Il materiale per bambini mi mette a mio agio, mi nasconde dietro un atto apparentemente (?) innocuo.

Cosa ne pensi dell’Arte? Credo che questo influenzi la tua produzione… e qual è il ruolo della tecnica, cioè del medium?
L’arte per me non è decorazione anche se può avere una funzione decorativa… ma sottolineo anche. Forse mi ha influenzato vivere a Praga dove il bello è considerato volgare…. con questo dico subito che non sono così estremista, a me piace dare una forma “estetica” al mio lavoro ma non è quello il fine della mia ricerca.
L’arte per me deve essere un percorso intellettuale, culturale. Mi interessa il simbolo nelle immagini romaniche e gotiche, mi interessa la prospettiva in Giotto, la centralità dell’uomo nel Rinascimento, l’indipendenza dalle commissioni degli impressionisti, l’ironica analisi su cosa sia l’artista e che potere possa avere un Duchamp, l’astrazione che rompe i canoni della figura, l’era mediatica vista e non giudicata da Warhol. Per quanto riguarda il medium, non ne uso alcuno in modo professionale; questo mi porta a non essere né affezionato ad uno più che a un altro né a vergognarmi di chiedere aiuto quando ne ho bisogno. Uso il medium che penso si presti meglio ad un’idea. In fondo il mio lavoro non ha una coerenza espressiva ma una linea conduttrice nell’idea: che senso ha? Ne cerco uno e scopro solo che si tratta di illusione.

Oltre a B/W alla galleria 3)5 esponi anche una nuova serie, molto particolare, del tutto coerente con l’installazione principale…
Il lavoro si chiama The others, titolo che ho rubato alla pellicola di Amenàbar con Nicole Kidman. Come ho detto tutta la mia produzione ha come centro d’attenzione la memoria dimenticata delle fotografie in bianco e nero. Questo nuovo lavoro è assolutamente coerente. Si tratta di ritratti fotografici comprati appunto per pochi soldi. Ritratti, ricordi che non ricordano. Immagini svuotate di contenuto. Pura traccia di un’esistenza che non c’è più. Ed io che guardo le foto penso a loro, agli altri, pensando alla loro vita, alla loro fine, al loro oblio, per rendermi conto, come avviene nel film, che prima o poi lo stesso destino toccherà a me! In pratica: ho preso una selezione dei ritratti che colleziono, tutti verticali e li ho incollati su fogli di cartoncino nero, al centro, con tanto di angolini adesivi, come si usava negli album d’altri tempi. Ho scelto (e quanto mi è costato!) di distruggere quella che forse era l’ultima traccia dell’esistenza di qualcuno, per fare dei ritratti che non mostrano il volto di nessuno ma che diventano simbolo universale del destino umano.

La mostra in breve:
Eugenio Percossi. Flatland_other & B/W at 3)5 Arte Contemporanea
a cura di Viviana Siviero
3)5 Arte Contemporanea, Rieti
Via Cerroni 3/5, Rieti
Info: +39 0746 259202
www.trecinque.it
Inaugurazione sabato 20 novembre 2010, ore 18.00
Fino al 20 gennaio 2011

In alto, da sinistra:
“b/w”, 2008, installazione alla Rare Gallery, New York
“b/w”, 2008/2010, stampa a colori su forex
In basso:
“The others”, tecnica mista su carta, 2010

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