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PTUJ (SLO) | NELL’AMBITO DI ART STAYS FESTIVAL

Intervista a COSTANTINO CIERVO di Livia Savorelli

Occasione di questo intenso dialogo con Costantino Ciervo (Napoli, 1961), da anni residente a Berlino, è l’opera ambientale FREE ALL, co-prodotta dal festival internazionale Art Stays 2022, nell’ambito dell’edizione che ne celebra i vent’anni intitolata POST-PRODUZIONE (leggi qui), e installata sulla collina del Castello di Ptuj in Slovenia. Un legame, quello con il festival, avviato anni fa e proseguito nel tempo, sposandosi appieno la sua poetica con il taglio politico della rassegna internazionale. Ripercorriamo con Ciervo, la sua storia più recente a partire proprio da Art Stays e mentre l’artista sta per partecipare alla collettiva HISTORIES OF VIOLENCE, a cura di Bernhard Draz, per il Meinblau Projektraum di Berlino…

Costantino Ciervo, DESTROY LINEAR TIME (tower), 2011, installazione video a otto canali (tubi di acciaio, giunti, lettori video, proiettori video, amplificatori, altoparlanti, parabole satellitari. Misure: 600x760x760 cm). Foto: Costantino Ciervo

Caro Costantino, noi dobbiamo la nostra conoscenza proprio ad Art Stays, nell’edizione 2019. Facciamo un salto indietro, raccontaci del primo incontro con Jernej Forbici e Marika Vicari e il successivo invito ad Art Stays, in quell’occasione che progetto hai presentato?
Ho conosciuto Jernej Forbici e Marika Vicari già nel 2016. Se ricordo bene, Jernej mi telefonò nella primavera di quell’anno per dirmi che mi voleva invitare alla quattordicesima edizione del Festival Art Stays, dal titolo “Politc(s)”. Nei mesi seguenti concordammo che avrei dato il mio contributo attraverso due lavori tra loro differenti per il mezzo impiegato ma complementari per il contenuto politico: un lavoro scultoreo, un’installazione video di grandi dimensioni a otto canali (destroy linear time – tower) sul tema del rapporto  potere/consenso/dittatura e rivoluzione, che avevo già realizzato nel 2011 facendomi ispirare da alcuni studi di approfondimento del pensiero di Niccolò Machiavelli. Dall’altra parte, un lavoro performativo eseguito con la partecipazione di un soprano, di un tenore, di comparse e del pubblico, dal titolo nations and borders are boring, il cui tema era il rapporto emigrazione/liberazione/partecipazione. La performance fu ideata appositamente per il festival.

Costantino Ciervo, NATIONS AND BORDERS ARE BORING, 2020, performance Museum Fluxus+, Potsdam. Foto: Matthias Reichelt

Durante l’allestimento dei lavori per il festival ebbi modo di conoscere direttamente da vicino Jernej Forbici e Marika Vicari. Fui subito colpito dall’enorme energia di cui erano dotati e dalla grande convivialità che i due esprimevano. Nelle nostre conversazioni, avvenute nei giorni di residenza a Ptuj, tra un problema tecnico e l’altro da risolvere durante i lavori di preparazione e di allestimento delle opere, ricordo volentieri che, man mano che passava il tempo, mi sentivo sempre più “a casa mia” poiché la loro impostazione curatoriale del festival e  l’approccio critico/politico nel modo di fare – sono anche degli ottimi artisti – e presentare l’arte mi era molto affine e quindi familiare. Penso che da quella collaborazione molto positiva per entrambi sia scaturito un rapporto di stima reciproca che ha fatto sì che “partisse” il loro secondo invito per l’edizione 2019 del Festival Art Stays.

Costantino Ciervo, NATIONS AND BORDERS ARE BORING, Art Stays 14, 2016, Ptuj

Questa volta il tema/titolo del Festival era “Between Hell and Sky – Future”. In questo titolo intravedevo personalmente una chiara metafora: “inferno” uguale “disastro sociale”; “cielo” uguale “liberazione”; e, infine, “futuro” uguale “strategia di lotta”. Quindi per noi, per me, per Jernej e Marika, non è stato molto difficile, insieme, visto che da una vita mi occupo di queste tematiche, individuare delle opere recenti già esistenti che calzassero a pennello al tema del Festival. Non era necessario crearne delle nuove. Le opere che decidemmo di esporre erano tre. Si trattava di tre sculture video nelle quali il cielo era il fattore visivo/formale che le accomunava.

Costantino Ciervo, Cloud, 2017, videoscultura a 5 canali sincronizzati, display, alluminio, neon, mini computer, elettronica. Video colore ca. 05:41 min. Musica: Chris Zabriskie – Prelude No 16 – No 18

Il primo lavoro, Cloud, opera a cinque canali video, mostrava dei palloncini che venivano gonfiati da un’attore attraverso il beccuccio di un compressore. Sulla superficie dei palloncini si vedeva crescere, man mano che essa aumentava di volume, una lettera. Le lettere viste in fila formavano i classici avverbi interrogativi che il giornalista/investigatore usa di regola per individuare la veridicità di un fatto. Mi riferisco alle parole “dove”, “quando”, “perché”, “come” e “che cosa”. A un certo punto i palloncini, gonfiati al massimo, esplodevano. Alla fine del video, al posto dei palloncini comparivano, sullo sfondo di un cielo blu, i simboli di alcuni famosi “social network”, referenti per antonomasia del capitalismo delle piattaforme. Allo stesso modo dei palloncini, anche i simboli iniziavano a “gonfiarsi” per poi esplodere e “atomizzarsi” in mille sfere colorate e, infine, scomparire all’orizzonte del cielo. In questo lavoro ho voluto tematizzare in modo ironico il “disastro” delle cosiddette “fake news” intese come pseudo-condivisione, non-comunicazione e sfruttamento inappropriato di dati, informazioni e lavoro altrui.

Costantino Ciervo, Grave Corporis, 2017, videoscultura cinetica, bilancia pesalettere, lettore video HD, display, sensore di luce, bobina di rame, elettronica, legno, alluminio, plexiglas specchiante, video colore Hd ca. 01:10 min. Misure: 51x41x23 cm (supporto: 75x41x23 cm)

La seconda opera, Grave Corporis, mostrava su un monitor, posto su una bilancia per lettere, una piuma sventolare nel vento, sullo sfondo del cielo, che nel cadere con estrema leggerezza e lentezza, all’impatto con una lastra di vetro, mandava quest’ultima in frantumi facendo muovere, nello stesso istante della rottura, l’ago della bilancia meccanica. La piuma era quindi libera di volare nel cielo. Qui, siamo al secondo passaggio della metafora del “cielo” inteso come liberazione ossia come momento di rottura catartico.
La terza opera, Weisse Rose (White Rose), scultura a tre canali, mostrava una miriade di volantini con la scritta “free them all” (liberateli tutti) che cadendo lentamente dal cielo nell’impatto con un massiccio suolo di pietra, paradossalmente rispetto al loro peso, riuscivano a sfondare quest’ultimo distruggendolo del tutto. Qui siamo alla terza e ultima parte della metafora del titolo del festival e cioè ad una possibile rivoluzione futura, possibilmente non violenta, capace di sfondare (l’unione fa la forza) i “muri” del potere costituito – quasi un invito a seguire una strategia di lotta politica continua e comune legata al concetto di partecipazione, libertà e democrazia sostanziale – per sostanziale intendo dire democrazia vera e non solo sulla carta.

Costantino Ciervo, WHITE ROSE, 2017, videoscultura a 3 canali sincronizzati, 3 mini computer, 3 display, alluminio, Video colore HD ca. 2:41 min. Misure: 196,5x33x15 cm.

Ritorni quest’anno, nell’importante edizione dei vent’anni del festival, intitolata POST-PRODUZIONE, con un’installazione sulla collina del Castello di Ptuj, co-prodotta da Art Stays, dedicata ad un progetto mai realizzato, consistente in una scritta monumentale in stile hollywoodiano e un progetto partecipativo, originariamente pensato per la città di Riace e molto in sintonia con le politiche di accoglienza e inclusività dell’allora Sindaco di Riace Domenico Lucano e della sua amministrazione…
Il progetto della scritta monumentale Free All per me assume un significato molto importante perché evoca forse più di altre opere due momenti fondamentali per la mia ricerca artistica. Da una parte quello umano, legato alle esperienze di vita, che rappresenta la struttura portante del mio agire. Dall’altra parte, quello teorico e ideale che mi aiuta ad essere cosciente e dare forza e legittimazione al mio modo di essere artista e produrre arte. Il lato umano, l’esperienza è sicuramente il lato più importante, perché è da lì che nascono le idee e non viceversa. Nel 2013 ebbi la possibilità a Riace di vedere e vivere da vicino quello che significa “comune”, solidarietà, economia circolare. Un piccolo paese della Calabria stava mettendo in pratica un processo di trasformazione di quello che noi figli degli ideali degli anni settanta dopo aver letto Marx, Negri, Deleuze e altri autori rivoluzionari volevamo realizzare, anche con molta ingenuità e semplificazione giovanile, nel mondo. Non solo questo. Sono di Napoli, cresciuto nei campi flegrei e cioè su un vulcano che ti insegna presto ad essere in balia di forze maggiori molto più potenti del tuo ego. Da lì nasce quella religiosità che ti spinge a stringerti agli altri, perché sai che da solo la vita non sarà migliore. Ricordiamoci che appunto “religione” è affine a religare e cioè a legare. A Riace quindi non ho visto solo sperimentare nei fatti le mie teorie e i miei ideali ma ho potuto respirare, percepire in modo autentico e diretto quella religiosità della solidarietà che alcuni chiamano fratellanza. Riace con i suoi cittadini insieme con il suo Sindaco Mimmo Lucano stava facendo quello che l’Europa “cristiana” e dei diritti umani non era in grado di fare e cioè accoglieva chi fuggiva dalla povertà e dalla guerra creando, allo stesso tempo, delle opportunità di sviluppo per un territorio che si stava spopolando e che era sotto schiaffo delle mafie. Ho conosciuto bene Mimmo Lucano. Nessuno dei compagni che conosco in modo diretto e indiretto è riuscito a realizzare così tanto in termini di società alternativa come ha fatto lui in quindici anni. È evidente che dava fastidio ad un sistema economico e politico nazionale ed europeo fondato sull’utile del profitto e sull’individualismo. A mio avviso non è un caso che attualmente il potere costituito attraverso una parte della magistratura stia tentando di discreditare  moralmente con delle accuse infamanti un uomo che ha ricevuto nel 2016 dal Papa Francesco una lettera di ringraziamento e di ammirazione per le sue politiche di accoglienza nei confronti dei rifugiati e che è stato nominato dalla rivista Fortune tra le 50 persone più influenti del mondo.
Dopo aver detto tutto questo mi sembra più urgente che mai installare in uno spazio pubblico la scritta monumentale “FREE ALL”, anche e se fuori Riace, poiché questa scritta per me assume due significati globali: “innocenza di e libertà per Mimmo Lucano” ma anche e soprattutto: “non esiste Libertà senza la Solidarietà fra Tutti gli esseri umani”. Per Riace era prevista una partecipazione dei rifugiati nel costruire insieme con me la scritta monumentale. Inoltre avrei fotografato ogni rifugiato a mo’ di prigioniero politico, seduto su una sedia con alle spalle la bandiera europea, facendogli tenere in mano un cartello con la scritta “FREE ALL”. A Ptuj questo tipo di partecipazione non è stata possibile per problemi logistici che non sono riuscito a risolvere. La scritta è stata installata da una ditta di costruzioni.

“FREE ALL”, Riace, Italia, 2013 (opera non realizzata )/ Ptuj, Slovenia, 2022 (opera realizzata) Installazione temporanea in spazio pubblico. Ponteggio a tubi e giunti zincati e lettere in lamiera d’acciaio verniciato, misure Ptuj: ca. 4 x 20 metri

FREE ALL (Liberi Tutti), con due termini necessariamente complementari, è un inno alla molteplicità e non all’unicità. Hai giustamente citato una frase della canzone La libertà di Giorgio Gaber, per spiegare il concetto di libertà “La libertà non è il volo di un moscone, non è un’opinione, non è stare su un albero, non è uno spazio libero, ma è partecipazione”.
Quindi se la partecipazione è un elemento basilare dell’esercizio della libertà, l’esclusione è il suo contrario?
Certo, la libertà è un processo che si realizza nella partecipazione. Vorrei aggiungere che il capitalismo, a mio avviso, è la negazione totale della libertà perché nel suo motore vitale sono presenti due fattori strutturali e storicamente determinati che inducono all’esclusione dei più. Da una parte abbiamo la divisione, ripeto, storicamente determinata, della separazione tra lavoro e capitale e quindi l’esclusione della forza lavoro dalla gestione degli investimenti e dell’appropriazione della ricchezza prodotta; dall’altra, il problema della caduta tendenziale del saggio del profitto che costringe il sistema ad un continua intensificazione della produttività e quindi ad una sempre maggiore appropriazione della vita come processo produttivo con la conseguente perdita di tempo libero creativo e cioè di quel tempo libero che servirebbe per essere attivi nei processi di partecipazione della vita politica, e culturale ed economica della società. Si comprende che in questa situazione la democrazia sostanziale non esiste e che la tanto decantata libertà è la libertà dei pochi e quindi una mancata emancipazione. Per capirci, parlando in modo semplice e usando degli estremi, c’è una bella differenza tra la libertà di un ricco e quella di un barbone. La libertà ha molto più a che fare con la quantità che con la qualità!

Costantino Ciervo, FREE ALL, Riace, Italia, 2013 (opera non realizzata) / Ptuj, Slovenia, 2022 (opera realizzata). Installazione temporanea in spazio pubblico. Ponteggio a tubi e giunti zincati e lettere in lamiera d’acciaio verniciato. Misure opera installata a Ptuj: ca. 4×20 metri

Come hai declinato per Art Stays, la progettualità partecipativa con cui avevi ideato FREE ALL?
L’opera FREE ALL esprime un concetto. È un’opera soprattutto concettuale. Molti si domanderanno che cavolo vuole significare! Quelli che conoscono bene l’inglese si domanderanno: “FREE ALL” of what… liberi everybody, liberi everyone? Liberi tutti di che cosa? Ebbene non è forse questa la caratteristica dell’arte di differire dagli slogan e dai manifesti di propaganda? L’arte non semplifica. In questo caso la partecipazione consiste nel fatto che questa scritta monumentale è vista da tutti e che qualcuno pur si domanderà, riflettendo, che possa significare. Da qui comincia la progettualità partecipativa di “FREE ALL”: riflettere… chiedersi.
Certo, avrei voluto che perlomeno i cittadini di Ptuj costruissero la scritta. Originariamente, nel 2013 per Riace, era previsto che la scritta monumentale fosse costruita dai rifugiati, ma come ho già detto, per Ptuj ci siamo adattati alle circostanze.

La mancanza di libertà è un fenomeno storico che si ripete ciclicamente nella storia, tu che ti occupi di meccanismi di potere/controllo all’interno dei sistemi sociali, che “strategie di liberazione” prevedi?
Per rispondere a questa domanda devo prima premettere quello che io intendo per concetto di libertà. Sembrerà forse strano, ma per me la libertà è potere. Ma attenzione, molto spesso noi confondiamo il significato di potere con quello di dominio. Quando il potere è dei pochi e di conseguenza si esplicita a discapito dei molti allora il potere degenera in dominio e cioè mancanza di emancipazione. Quando il potere invece si estende ai molti allora questo significa partecipazione, democrazia sostanziale. Io non penso, che la libertà sia un fenomeno ciclico della storia in cui essa aumenta e diminuisce o si annulla come se fosse una corrente alternata. Penso invece che essa assuma significati diversi, così come è avvenuto per esempio con il concetto di famiglia, di amore, di alienazione e di reificazione. Tutti concetti che, nel corso della storia, hanno assunto significati diversi a seconda dei rapporti di produzione esistenti.
Io penso semplicemente che noi siamo arrivati a un tale sviluppo tecnologico e scientifico storico – dopo duecento anni di capitalismo – da poter garantire a tutti i mezzi di sussistenza e soprattutto quel tempo libero necessario che abbiamo bisogno per informarci e partecipare alla vita attiva della società in modo da concertare insieme e poter SCEGLIERE quel tipo di mondo che vogliamo costruire.
Riguardo alle “strategie di liberazione”: è da molti anni penso che dobbiamo lottare per un reddito garantito incondizionato (perlomeno a livello europeo), per liberarci dalla schiavitù del lavoro salariato. Penso all’abolizione nella costituzione Europea del diritto (a mio avviso per niente sacrosanto e inalienabile) della proprietà privata perché i beni vanno gestiti e non posseduti o ereditati. Penso all’abolizione delle frontiere e dei confini. Infine, da artista, sono convinto che l’arte possa anche dare, più o meno, un suo contributo, semplicemente perché è insita nel suo linguaggio la “rivelazione” della veridicità della realtà senza, per dirla con Adorno, avere la presunzione di essere verità. In questo senso un’ottima fonte non ideologica di controinformazione e stimolazione delle coscienze!

Info: www.ciervo.org

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