ROMA | MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo | Spazio EXTRA MAXXI | FINO AL 4 GIUGNO 2023
di BEATRICE CONTE
Come descriveremmo la Roma degli anni ‘60. Forse la descriveremmo pensando ai classici cinematografici, pensando alla Roma di Fellini e della Dolce Vita. Quello è stato un racconto che ha consegnato al mondo un immaginario disincantato della “città eterna”, una Roma dal fasto pigro dove “La sera andavamo a Via Veneto”, scriveva Eugenio Scalfari.
Il mondo dell’arte, intanto, era in fermento! Nuove suggestioni arrivavano e trovavano spazio proprio nel cuore della città, a Via Margutta, in Via del Babuino, dove un gruppo di giovani poeti, pittori e letterati cominciava a scambiare idee attorno ai tavolini di un caffè, il Caffè Rosati. Artisti come Tano Festa, Mario Schifano, Pino Pascali, Mimmo Rotella, Jannis Kounellis, si incontravano nei luoghi di Piazza del Popolo, dove presto avrebbe inaugurato il celebre “L’Attico” di Fabio Sargentini. E in questo clima di grande fervore, un giovane fotografo romano, Claudio Abate, faceva il suo ingresso nelle vite di ciascuno di quegli artisti, e presto avrebbe tracciato per loro una storia per immagini che è, prima di tutto, una grande testimonianza di amicizia e gioventù.
Fino al 4 giugno, al MAXXI – Museo delle Arti del XXI secolo, è in mostra Claudio Abate superficie sensibile, a cura di Ilaria Bernardi e Bartolomeo Pietromarchi. Un’esposizione che non solo è una rilettura del suo primattore, ma che offre una retrospettiva inedita su anni di grande fermento artistico, romano ma anche italiano ed internazionale.
Fotografo eclettico, duttile nelle discipline che intercede, Claudio Abate rivela la sua complicità e attitudine attraverso un percorso tematico che indaga spazi e tempi dell’opera. In mostra, presenti oltre 150 scatti cui l’autore impone toni, vedute e composizioni a restituzione di un ritratto preciso, che generi concitazioni, grandezze e tensioni di una ricca stagione artistica.
Il percorso espositivo, sostenuto da un fondale carminio, mostra un Abate esordiente già padrone della propria cifra stilistica. Con i ritratti di Mario Schifano e Pino Pascali, evidente sin da subito è la portata della sua produzione. Dal bar Notegen in via del Babuino, al ristorante Pommidoro del quartiere romano di San Lorenzo, tra un gioco di carte e un piatto di pasta, la vita di Abate è stata una kermesse di straordinari incontri. A partire dalla Scuola di Piazza del Popolo fino a quella di San Lorenzo, passando per l’Arte povera e per Fluxus, per i teatri e le gallerie del Centro fino al palcoscenico internazionale. E proprio al bar Notegen, all’inizio degli anni Sessanta, il fotografo incontra e stringe amicizia con il demiurgo Carmelo Bene, attore, drammaturgo, scrittore e regista più discusso del suo tempo. Gli scatti che dedica al suo teatro d’avanguardia, qui presenti nel primo snodo tematico del percorso, sono effigie scure i cui punti luce, essenziali e circoscritti, competono ad una matrice espressionista, precisamente, manifesta del cinema espressionista tedesco. Le linee ferme, gli angoli acuti, le forme e le immagini che si evincono dal denso contrasto del nero e del bianco sporco. Complice il linguaggio di scena, la fotografia partecipa al senso di ordinata ingovernabilità che era la moderna chimera di quel teatro, un grande spettacolo di evasione modellato dall’istinto, decostruito e riscritto per prose.
Negli stessi anni Sessanta, quando Abate inizia a lavorare con gli esponenti dell’Arte Povera, conosce Pino Pascali, allora un giovane eccentrico, fervido ed estroso. Frequentando il suo studio, il fotografo romano si lascia ispirare dalle azioni dell’artista, ben documentate dal primo dei focus in mostra. Tra queste, significativa è l’azione ludica che Pascali compie su una serie di oggetti, mai esposti, per animare l’opera inedita Araba fenice. Una punta d’ala, una ruota, un ombrello, e l’artista munito di fallo meccanico e il volto coperto, inscenano una pellicola dell’assurdo che stimola una riflessione sul fervore creativo del suo tempo. Come Abate stesso ha dichiarato, «Allora sì che c’era un altro spirito, si percepiva che c’era sempre qualcosa in movimento», riferendosi a quegli anni.
Il carattere austero, la bicromia, la ricerca di una prospettiva puntuale e la densità dei fondi neri fanno la cifra di Abate artista, che con la sua Contatti con la superficie sensibile, da cui il titolo della mostra, ha potuto sperimentare in modo autoriale. Esposta nel 1972 in occasione della sua prima personale a Roma (Palazzo Taverna), Contatti con la superficie sensibile è una serie di scatti su grande formato cui Abate ha impresso, fissandovi la luce per un brevissimo secondo, le sagome opalescenti di alcuni dei personaggi a lui cari. Gino De Dominicis, Eliseo Mattiacci, Jannis Kounellis, Michelangelo Pistoletto, Giorgio de Chirico sono solo alcuni. In esposizione, Jannis Kounellis e Gino De Dominicis compongono i due estremi dell’opera: Kounellis siede composto, con ordinata emozione, sospeso in un’atmosfera di attesa. De Dominicis invece appare concitato, dinamico in uno spazio non finito, quasi otturato, in cui la figura trova slancio nella prospettiva resa dal basso e nel denso fondo scuro. Sarà la prima di una lunga serie di studi che Abate dedicherà all’uso del negativo attraverso la diretta relazione del soggetto con una carta fotografica sensibile.
Sull’ultima curva “purpurea” del tracciato esplorato dal MAXXI, l’autore si dedica alle grandi rassegne, tra cui arte povera più azioni povere, a cura di Germano Celant (Amalfi, 1968) e Vitalità del negativo nell’arte italiana 1960/70, a cura di Achille Bonito Oliva. Tra queste, una più recente Anselm Kiefer – Die Frauen, dedicata all’opera di Kiefer sullo scorcio di Villa Medici (Accademia di Francia, Roma, 2005), rivela un dettaglio importante. Un blu ceruleo dal carattere Pop ghermisce il cielo sul capo della Villa, lo stesso blu che è autografo di molti studi e di alcune delle opere più celebri dell’artista.
Quella del MAXXI è una rassegna pregevole e impattante, che ha saputo coniugare il genio e lo storico di un’epoca di cui Abate è stato interprete puntuale e dinamico. È la sua eredità, e con lui quella dei personaggi che hanno scritto la storia dell’arte del secondo Novecento.
Claudio Abate superficie sensibile
a cura di Ilaria Bernardi e Bartolomeo Pietromarchi
in collaborazione con l’Archivio Claudio Abate
3 marzo – 4 giugno 2023
MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo
nello spazio EXTRA MAXXI
Via Guido Reni 4A, Roma
Orari di apertura:
lunedì chiuso
martedì – domenica 11.00 – 19.00
la biglietteria è aperta fino a un’ora prima della chiusura del Museo
Info: + 39 06 32486 | www.maxxi.art