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MILANO | Pirelli HangarBicocca | fino al 21 luglio 2024

Intervista a CHIARA CAMONI di Elisa Barbero

Attraverso occhi, mani, interferenze e sguardi, Chiara Camoni crea una sintesi di paesaggio, domestico e feroce, con quale il fruitore è chiamato a intessere una relazione.
Il dialogo con l’artista sulla mostra a Pirelli HangarBicocca.

Vorrei iniziare a parlare dell’architettura della mostra, che descrivi come uno spazio definito da barriere senza ostacoli. Come si traduce questo concetto nel luogo fisico e che rimando c’è rispetto ad un percorso di evoluzione personale?
Volevo fin da subito che le opere fossero tutte in dialogo tra loro in maniera molto diretta. È una mostra piena di occhi, alcuni subito palesi, altri che si scoprono piano piano: occhi che guardano lo spettatore ma si guardano anche tra loro, in maniera più diretta e frontale alcuni, più ammiccanti e laterali altri. Lo spazio è stato quindi suddiviso e al tempo stesso lasciato nella sua interezza attraverso la creazione di un disegno a pavimento che potesse accennare a delle divisioni senza chiudere, senza separare visivamente e senza dividere la mostra in stanze vere e proprie. Volevo  dare una visione complessiva, come un paesaggio. Le opere per me compongono uno skyline, animano lo spazio e si dichiarano già un insieme. Questa dimensione macro è accentuata dall’apertura straordinaria dell’ingresso, che permette di vedere la mostra già in lontananza entrando dalle prime vetrate del Pirelli HangarBicocca. D’altro canto, c’è una visione microscopica della mostra, che è fatta di dettagli, anche piccolissimi, di pezzettini minuscoli che hanno un proprio valore. Questo dualismo crea quindi un movimento dello sguardo che, dal generale, si riduce e va a cercare il particolare.
Entrando in un piano più simbolico, quello di aggirare gli ostacoli diventa un escamotage nella vita di tutti i giorni: continuamente accogliamo deviazioni e troviamo di volta in volta soluzioni. Nel mio caso, ne sono esempi il dover conciliare l’essere artista con l’essere mamma, o di avere una dimensione culturale allargata pur vivendo in un piccolissimo paesino fuori dai grandi flussi. I movimenti e le contraddizioni interne sono tanti, che concedono soluzioni impreviste e percorsi non lineari.

Chiara Camoni. “Chiamare a raduno. Sorelle. Falene e fiammelle. Ossa di leonesse, pietre e serpentesse.” Veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024. Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano. Foto Agostino Osio

Chiara Camoni, “Chiamare a raduno. Sorelle. Falene e fiammelle. Ossa di leonesse, pietre e serpentesse”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024. Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano. Foto Agostino Osio

L’ostacolo non viene quindi visto come qualcosa di frenante, bensì permette di prendere una direzione imprevista, dalla quale possono generarsi soluzioni anche migliori di quelle immaginate?
Esatto, un esempio che faccio spesso è quello dell’atelier: per tanti anni il mio studio è stato uno spazio separato dalla casa, un luogo circoscritto, conchiuso in sé. Poi, con la nascita dei figli è stato inevitabile lavorare in casa, nei ritagli di tempo e negli spazi domestici. Quindi questa situazione, che poteva essere un limite, è diventata una risorsa e ha dato un’impronta al mio lavoro a diversi livelli: nell’utilizzo dei materiali, in una certa velocità di realizzazione e nel processo di creazione stesso che ha trovato collocazione in luoghi non deputati. Ad esempio, lavorando in giardino le interferenze e le interruzioni sono tante ma diventano anche parte degli ingredienti del lavoro stesso: quel suono, quel rumore, quella voce, l’arrivo di una persona, sono tutti elementi che io incastro insieme e ai quali non saprei più rinunciare.

Questo discorso si può ricollegare alla “sintesi di paesaggio” di cui spesso parli, ossia di racchiudere un luogo all’interno della materia attraverso dei rituali, dei processi di riunione e creazione?
Sì, l’immagine che descrive meglio questa sintesi è quella di un imbuto, un insieme di suoni, di immagini, di rumori, di parole, di confidenze fatte con altre persone mentre sono al lavoro, il contributo imprevisto che arriva da una situazione che interrompe e devia. Come se tutto questo entrasse, appunto come in un imbuto, rimanendo poi intrappolato, invischiato, mescolato nei gesti. Le migliaia di piccole sculture che compongono i corpi delle Sisters trattengono tutte le parole che vengono dette durante il processo, parole che a volte sono confidenze, discorsi di tutti i giorni, chiacchiere, a volte sono invece ragionamenti più seri che riguardano il momento storico in cui viviamo, altre volte sono letture organizzate su argomenti che in quel momento ci interessano. Si passa quindi dalla confidenza più giocosa a quella più seria e tutto questo brusio, questo mormorare, questo estratto di vita infonde una sua caratteristica alle opere stesse.

Chiara Camoni. “Chiamare a raduno. Sorelle. Falene e fiammelle. Ossa di leonesse, pietre e serpentesse.” Veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024. Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano. Foto Agostino Osio

Chiara Camoni. “Chiamare a raduno. Sorelle. Falene e fiammelle. Ossa di leonesse, pietre e serpentesse.” Veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024. Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano. Foto Agostino Osio

In questo tipo di processo, è l’opera che chiama gli eventi intorno o sono gli eventi a determinare l’opera?
È un po’ e un po’. Quando comincio uno di questi questi cicli di lavori, che arrivano a durare delle settimane, non c’è un percorso predeterminato: inizio ad accumulare pezzettini, a modellare per gradi di avvicinamento e piano piano arrivo ad intuire una tensione, una personalità e da lì si aggiusta il tiro.
La Sister degli Scarti è un esempio molto esplicito di come la figura si sia coagulata intorno al tema dello ”scarto inconfessabile”. Ogni tanto propongo delle giornate di open studio, in cui ci troviamo in dieci, quindici persone a lavorare insieme sull’opera che è in corso in quel momento e strutturiamo il tempo in maniera più teorica. In quel caso, era da giorni che ragionavamo intorno al concetto un po’ bizzarro dello scarto inconfessabile, che nella nostra visione è qualche cosa legato al lavoro ma anche alla vita in generale, che ne costituisce uno scarto ma di cui non ci siamo ancora liberati: qualcosa di cui avremmo potuto tranquillamente disfarci, sul piano sia fisico che simbolico, ma che stiamo ancora trattenendo, probabilmente perché ne intuiamo delle potenzialità, come se dallo scarto ci fosse ancora qualcosa che deve uscire. Il lavoro che si è generato intorno a quest’idea è stato molto bello, accompagnato dall’immagine mentale di mia figlia Anna che in spiaggia raccoglie pezzetti di plastica come io raccolgo le conchiglie, senza giudizio e con lo stesso tipo di intenzione. La Sister degli Scarti ha infatti un vassoio pieno di piccoli oggetti, alcuni di questi raccolti anche durante il seminario stesso: una sorta di tesoretto non realmente prezioso. Per cui, è concretamente visibile l‘impronta che il discorso teorico ha portato nella realizzazione dell’opera, la manifestazione di un processo non lineare in cui le cose nascono e vivono spontanee, a un certo punto risolvendosi e palesandosi.

Chiara Camoni. “Chiamare a raduno. Sorelle. Falene e fiammelle. Ossa di leonesse, pietre e serpentesse.” Veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024. Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano. Foto Agostino Osio

Chiara Camoni. “Chiamare a raduno. Sorelle. Falene e fiammelle. Ossa di leonesse, pietre e serpentesse.” Veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024. Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano. Foto Agostino Osio

Che tipo di approccio consigli quindi per chi viene a visitare la tua mostra, per chi si avvicina alla tua arte? Che tipo di relazione vorresti che si instaurasse con le opere?
Durante l’opening, tante persone mi hanno parlato di energia che hanno percepito nella mostra e nelle opere, il che è molto bello perché è qualcosa che io sento, ma non è detto che le mie visioni vengono percepite allo stesso modo dalle altre persone.
Come dicevamo, è una mostra di sguardi che si presentano sotto forma di soggetti che chiedono una relazione, non solamente di essere osservati. Molto facilmente, in chi si avvicina alla mostra, si creano delle preferenze in base a ciò che attira: le opere assumono dei nomignoli, dei soprannomi, come accade con le persone. Una mostra di tanti occhi e tante mani, come tante sono state le mani che hanno contribuito alla sua realizzazione in tutte le fasi, dalle curatrici della mostra alle persone che nel tempo hanno collaborato con me, assistenti, studenti, amici e anche gruppi più istituzionali in caso di seminari o workshop richiesti da musei e istituzioni.
L’apertura dell’autorialità è una pratica che mi appartiene da tanti anni, iniziata nel 2001-2002 quando ho realizzato con mia nonna, che all’epoca aveva 89 anni, un ricco ciclo di disegni a quattro mani. L’autorialità si può facilmente aprire ad altre persone e questa apertura di nuovo propone percorsi imprevisti, interferenze che tornano indietro come una sorpresa, manifestandosi in opere che anche a me stessa sembrano delle scoperte. Il primissimo progetto con mia nonna, nello specifico, si intitolava La Grande Madre e da un lato richiamava divinità antiche legate alla fertilità, al cambiamento, alle stagioni, dall’altro era semplicemente la traduzione della parola “nonna” dall’inglese o dal francese: da un significato mitologico si entra in una dimensione domestica, intima e famigliare.

Parlando della Burning Sister, tu stessa l’hai definita contemporaneamente la più immateriale e la più feroce, sia per il medium video di realizzazione, sia per la dimensione temporale dell’opera: come si è creato questo dualismo e questo tipo di relazione, sia con la Sister che con i suoi resti?
Tutto è nato di fronte al mare della Grecia, che per me è il mare delle origini, della bellezza, una bellezza che a tratti mi sembrava quasi insostenibile. Il Mar Mediterraneo oggi per noi evoca però anche altre immagini molto più drammatiche: barconi di migranti, un attraversamento di tanta sofferenza, oltre che grandi fuochi.
È stato come se se quell’immagine di assoluta bellezza, che si colloca così lontano nel nostro passato, oggi si sovrapponesse ad un’altra immagine di segno molto diverso. Questo mi ha suscitato inspiegabilmente il bisogno di raccogliere fiori dalla rigogliosa vegetazione locale, per infilarli a farne delle collane con un procedimento analogo alle creazioni che realizzo con la creta. A differenza di come accade con le altre Sisters che, pur essendo nel cambiamento ritornano continuamente, qui non cercavo una durata: il lungo lavoro di creazione, durato settimane, è sparito attraverso il fuoco in quindici, venti minuti, dando origine a una bellezza assoluta e feroce che, a mio avviso, si è rivelata nella sua forma più vera proprio nell’attimo in cui la Burning Sister è sparita. Il mattino dopo, abbiamo raccolto le ceneri e le abbiamo usate per invetriare le ceramiche, esposte sul retro della credenza su cui è proiettato il video della Sister che brucia. Con un’azione che passa di nuovo attraverso il fuoco, questi resti sono diventati piccole tazze, vasetti, ciotole, orientati verso un ambito domestico che porta con sé anche una dimensione feroce e non solo idilliaca. Tornano quindi a mescolarsi due piani opposti di contraddizione, richiamando ancora il tema dei resti.

Chiara Camoni. “Chiamare a raduno. Sorelle. Falene e fiammelle. Ossa di leonesse, pietre e serpentesse.” Veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024. Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano. Foto Agostino Osio

Chiara Camoni. “Chiamare a raduno. Sorelle. Falene e fiammelle. Ossa di leonesse, pietre e serpentesse.” Veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2024. Courtesy l’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano. Foto Agostino Osio

CHIARA CAMONI
Chiamare a raduno.
Sorelle. Falene e fiammelle.
Ossa di leonesse, pietre e serpentesse.
A cura di Lucia Aspesi e Fiammetta Griccioli

15 febbraio – 21 luglio 2024

Pirelli HangarBicocca
Via Chiese 2, Milano

Orari: da giovedì a domenica 10.30 – 19.30

Info: (+39) 02 66 11 15 73
info@hangarbicocca.org
pirellihangarbicocca.org

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