TORINO | GAM – Galleria d’Arte Moderna | 13 luglio – 23 settembre 2018
Intervista a BRUNA BIAMINO di Valentina Varoli
La GAM – Galleria d’Arte Moderna di Torino ha inaugurato la mostra Suggestioni d’Italia. Dal Neorealismo al Duemila. Lo sguardo di 14 fotografi, a cura di Riccardo Passoni, un racconto del paesaggio italiano interpretato attraverso lo sguardo di quattordici grandi fotografi. Tra le opere esposte le fotografie di Bruna Biamino indagano il paesaggio piemontese scegliendo prospettive minimali e rappresentandole in una cromia tenue, quasi sbiadita. Queste opere, realizzate alla fine degli anni Novanta per la serie Paesaggi italiani, evocano un’atmosfera misteriosa ed enigmatica della quale desidero parlare con l’autrice. Bruna mi accoglie nel suo studio dove, tra libri e stampe fotografiche, iniziamo a chiacchierare.
Le opere della serie Paesaggi italiani esposte in GAM mi hanno colpita per le scelte cromatiche e l’uso della sovraesposizione. Questi lavori mi fanno pensare all’uso del colore di Ghirri. C’è un collegamento tra queste fotografie e la poetica ghirriana?
Sì, naturalmente il lavoro di Ghirri è stato di enorme ispirazione. Talmente tanto che le fotografie a colori le ho stampate per anni dal suo stesso stampatore, Arrigo Ghi. Personaggio dalla straordinaria cultura visiva in grado di comprendere il mio bisogno di trovare le tonalità giuste.
Quando ho scattato le fotografie di questa serie il colore costituiva ancora una grande sfida per la fotografia poiché era necessario riuscire a trovare un equilibrio tra la resa cromatica, il soggetto e la sua narrazione. Questo era un aspetto che mi affascinava moltissimo e che all’epoca non riuscivo a dominare completamente. Ho cominciato le mie ricerche lavorando con le sovraesposizioni finché sono riuscita a trovare una corrispondenza tra la cromia e la rappresentazione del paesaggio piemontese. Mi aggiravo a lungo per questi paesaggi d’acqua cercando di riprodurne la luce e l’atmosfera spesso sfuggente.
La rivelazione sul colore l’ho avuta solo qualche anno più tardi, quando ho realizzato la serie Israel. Nel viaggio da Gerusalemme verso il Mar Morto ho trovato tutti i colori che cercavo di riprodurre da una vita, da quel momento ho capito davvero che cosa cercare! Adesso queste sono le uniche cromie e atmosfere che mi interessano.
Mi sembra che la resa di un’atmosfera sia uno degli aspetti principali del tuo lavoro. Le tue fotografie suggeriscono una dimensione sospesa, lontana dalla frenesia della nostra contemporaneità, fuori dal tempo o, per riprendere una definizione che ne ha dato Giovanni Romano, “fuori dal caos”. Questo aspetto potrebbe essere considerato un filo rosso che unisce tutta la sua ricerca?
Sì, assolutamente. Questo è uno dei punti fondamentali del mio lavoro. Le mie fotografie, più che una mera descrizione della realtà, vorrebbero essere qualcosa di più intenso e profondo, una suggestione di luce e aria.
Un altro aspetto ricorrente del tuo lavoro mi sembra legato alla mancanza di figure umane. Qual è il significato di questa scelta figurativa?
Le figure umane sono quasi totalmente assenti nelle mie fotografie, si tratta tutt’al più di presenze evanescenti o trascurabili. Questo dipende dal fatto che la presenza umana attira maggiormente lo sguardo di chi osserva, distogliendolo dal mio primo intento: quel desiderio di suggerire un’atmosfera, di riprodurre un’aria di cui parlavamo.
Considerando complessivamente il tuo lavoro mi sembra che molte delle tue ricerche fotografiche siano condotte in luoghi dimenticati o quanto meno marginali. Attribuisci alla fotografia una funzione privilegiata nella conoscenza di queste realtà?
Certamente, penso che la fotografia svolga un ruolo fondamentale nel preservare la memoria. Uno dei privilegi del lavoro di fotografo sta nella possibilità di entrare in mondi altrimenti preclusi come le fabbriche abbandonate, le grandi acciaierie piuttosto che i musei nei giorni di chiusura. Il fotografo riesce ad accedere ai contesti più disparati per poi restituirli agli altri, raccontando le storie di cui è venuto a conoscenza. Si tratta spesso di situazioni e punti di vista lontanissimi dalla quotidianità di ognuno di noi ma che, grazie alla fotografia, possiamo sperare di comprendere almeno in parte.
Quindi prepari ogni tuo progetto fotografico documentandoti prima sul luogo e sulla sua storia?
Scattare senza informazioni, specialmente quando si tratta di fotografia di architettura, significa lasciarsi suggestionare solo da una forma. Voglio capire prima di tutto le ragioni strutturali e profonde che determinano l’aspetto dei luoghi. Più è approfondita la mia conoscenza e più consapevolmente riesco ad entrare in contatto con un luogo. Conoscere o meno la storia è fondamentale poiché può cambiare completamente il modo di fotografare.
Studio e ricerca accomunano tutti i tuoi lavori ma c’è un progetto fotografico al quale ti senti più affezionata?
Sono molto affezionata alle mie ricerche sull’archeologia industriale poiché in qualche modo sento veramente di far parte del mondo metalmeccanico che ha caratterizzato il passato industriale di Torino. Mi riconosco profondamente in questa tradizione per formazione, per storia famigliare, per attitudine mentale. La precisione, l’impegno e lo studio costante, le prove talvolta ossessive che sono doti celebri degli operai torinesi contraddistinguono allo stesso modo il mio lavoro di fotografa.
Suggestioni d’Italia. Dal Neorealismo al Duemila. Lo sguardo di 14 fotografi
a cura di Riccardo Passoni
13 luglio – 23 settembre 2018
GAM – Galleria Civica d’Arte Modena e Contemporanea di Torino
Via Magenta 31, Torino
Orari: da martedì a domenica 10.00 – 18.00
Ingresso intero € 10, ingresso ridotto € 8
Info: +39 011 4429518
gam@fondazionetorinomusei.it
www.gamtorino.it