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TORINO | Riccardo Costantini Contemporary | 16 ottobre – 16 novembre 2019

Intervista a GIANNI COLOSIMO di Corinna Conci

La nostra posizione in questa esistenza e su questo mondo, ora più di ogni altro momento storico, è mediata dalle immagini. Cosi, come sosteneva Guy Debord “L’intera vita delle società (…) si annuncia come un immenso accumulo di spettacoli”. E se le relazioni sono fondate sulla rappresentazione, esiste una sola possibilità per Gianni Colosimo di affrontare la realtà: ribellarsi, spostandosi con l’anima in un’opera d’arte per viverci dentro. Ma la ribellione s’impossessa delle opere stesse, che guadagnano una posizione autarchica come quella presieduta da Colosimo. Negli spazi espositivi della galleria Riccardo Costantini Contemporary di Torino, la scritta Proprietà privata, espressa in italiano e in altre 45 lingue, è impressa su vetro dentro cornici d’ogni forma e grandezza, di età e provenienza diverse, che ci parlano di una storia dal titolo “Ammutinamento”.

“Ammutinamento” 2019, Gianni Colosimo, foto Enzo Russo, Courtesy galleria Riccardo Costantini contemporary e l’artista

Qual’è la tua definizione di “ribellione”?
Per me ribellione significa denunciare e rendere palese la falsità. Fin dagli esordi, il mio agire artistico si è manifestato con un atteggiamento oppositivo nei confronti del sistema dell’arte. Sempre più, coloro che lo gestiscono, seguendo le regole del potere piramidale di stampo medievale, agiscono per mantenere i propri privilegi economici e di casta. L’arte è diventata la nuova religione della contemporaneità. Pertanto tutti i suoi attori, compresi noi artisti, si adeguano alle sue regole ferree in modo acritico e con sudditanza. La pervasività della finanza, che regola l’attuale sistema politico ed economico mondiale, ha fatto il resto, diventando l’elemento cardine che detta legge nel nostro mondo dell’arte. In passato, specialmente a partire dall’Illuminismo, il desiderio di conoscenza, di osservazione, insomma la scoperta della novità epistemologica e linguistica in ambito artistico, era la linfa che muoveva la  maggioranza dei protagonisti del sistema dell’arte. Ora noi tutti ci muoviamo in questa mostruosa babele delle immagini senza avere dei punti di riferimento; ciò che interessa è assecondare l’assordante vortice della spettacolarizzazione di ogni cosa e di noi stessi. Il buco nero della società dello spettacolo sta ingoiando tutto, comprese le nostre  anime ed il nostro senso critico. Tutti noi dobbiamo ribellarci a questa logica imperante. L’agire estetico deve aprire le coscienze e tendere ad un ammutinamento generale. Con questa mia nuova mostra mi ribello nei confronti dell’attuale ideologia pervasiva della dittatura delle immagini che svuota e priva di senso la nostra esistenza e condizione umana.


“Ammutinamento” 2019, Gianni Colosimo, foto Enzo Russo, Courtesy galleria Riccardo Costantini contemporary e l’artista

Il giorno dopo aver visto la tua mostra non facevo altro che pensare alle parole de “La società dello spettacolo” di Debord. “Ammutinamento” mi è sembrata una dichiarazione di adesione assoluta alla sua teorizzazione e con le tue parole ora lo hai confermato…
Tutta la mia ricerca estetica, a partire dalla fine degli anni Settanta, è stata condizionata dalle profetiche teorie di Guy Debord. Il suo testo teorico e filosofico La società dello spettacolo è ancora oggi di un’attualità ed originalità straordinaria. Il mio lavoro artistico ha sempre coniugato le teorie del Situazionismo debordiano con i postulati estetici di Duchamp,Yves Klein, Piero Manzoni, Vincenzo Agnetti, Pinot Gallizio, Joseph Kosuth, Gino De Dominicis, Emilio Prini…  Non è un caso che la mia tesi di laurea del 1981 avesse per titolo Il teatro del vuoto di Yves Klein e la spettacolarità nell’Arte Contemporanea che cercava di integrare le teorie di Debord con quelle sul vuoto di Klein e company sopra citati. Chiudevo la tesi presentando ed analizzando le mie coeve produzioni teatral-performative intrise delle teorie dell’Arte Concettuale dei miei maestri-guida. Significativa la mia performance Il grande sonno della trapezista nella quale avevo coinvolto come complice Pierre Restany, compagno e storico di Klein e del Nouveaux Realisme. Questa performance, realizzata nel 1981 presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, fece scandalo poiché ribaltava completamente il ruolo dell’autore e dello spettatore. Infatti gli spettatori venivano pagati da me (cinquemila lire) per assistere alla performance che mi vedeva dormire per circa tre ore. In quel caso ad agire erano proprio gli spettatori che si aggiravano nella sala ad osservare me dormiente e sette identiche tele dipinte a mò di fumetto con la mia effigie e quella di una donna che interpretavano Amleto e Ofelia del famoso testo shaksperiano. Con la mia passività e pagando il pubblico cercavo di annientare debordianamente il cliché tipico dell’azione scenica e dello spettacolo.

“Ammutinamento” 2019, Gianni Colosimo, foto Enzo Russo, Courtesy galleria Riccardo Costantini contemporary e l’artista

L’assenza diventa così il nucleo del tuo rifiuto della spettacolarizzazione della nostra esistenza. Questa presa di posizione mi ricorda anche il “Teatro senza spettacolo” di Carmelo Bene, dove l’attenzione si sposta al concetto profondo dell’essere-teatro. Il teatro si realizza quando tu sei la scena…
Trovo veramente pregnante la tua domanda perché mi permette di chiarire il modus operandi che sottende la recente e decennale mia ricerca artistica e più in generale quest’ultima esposizione presso la Galleria di Riccardo Costantini di Torino. Se Carmelo Bene diventa egli stesso Teatro per manifestare e oggettivare l’assenza stessa dello spettacolo, io a mia volta divento Opera d’Arte per manifestare appieno l’assenza dell’immagine e quindi dell’Opera d’Arte medesima. Calandomi come un attore-interprete brechtiano nell’Opera (aborro il metodo dell’Actor Studio holliwoodiano) le dò una coscienza, una psicologia, un’anima. Così facendo essa acquista la parola e diventa ventriloqua. Per fare ciò utilizzo lo stratagemma dei Segnali e degli Avvisi. Nelle mie opere il vetro diventa fondamentale; è l’elemento cardine sul quale vengono affissi i Segnali oppure gli Avvisi che fondamentalmente evidenziano la volontà di non mostrarsi delle Opere medesime. In effetti esse con la loro assenza manifestano un ammutinamento. La loro volitività esprime un diniego, con il loro non esserci esprimono il loro desiderio di non partecipare allo squallore della “Commedia dell’arte”. Esse sono per una totale Ecologia dell’Arte, sono contro l’inquinamento delle immagini che ci rendono schiavi della società spettacolarizzata.

“Ammutinamento” 2019, Gianni Colosimo, foto Enzo Russo, Courtesy galleria Riccardo Costantini contemporary e l’artista

La scritta Proprietà privata possiede un vasto contenuto dietro le parole, comprensivo di  pensieri, emozioni, azioni relative al suo significato. Essendo un segnale rappresenta un insieme di direttive, proibizioni, protezioni…
Esatto. È curioso che per esprimere un’“Ammutinamento”, una “Rivoluzione”, io utilizzi il termine “Proprietà privata” che manifesta il simbolo ed il concetto fondamentale del Liberismo: l’accumulo ed il relativo possesso delle merci. Con il libero scambio la “Proprietà privata” esprime appieno l’Ideologia del Capitalismo contemporaneo che come si sa si contrappone all’Ideologia Comunista. Nella mia mostra, la moltitudine delle cornici, che normalmente fungono da finestra e contenitore dell’opera, esponendo sul vetro “Proprietà privata” esprimono sia l’inviolabilità dello spazio che delimitano sia l’annuncio che esse sono private della loro funzione o proprietà, cioè del loro ruolo di mostrare un’Opera. Mi piaceva il gioco di parole.
Il vetro incorniciato oltre a mostrarci il Segnale ci fa vedere ciò che normalmente l’Opera ti nasconde, il muro, che a sua volta delimita ed incornicia uno spazio che potrebbe fungere da prigione oppure da contenitore di noi stessi che ci culliamo nell’estasi amniotica del vuoto dell’achrome manzoniano. In fin dei conti Manzoni con i suoi achrome aborriva le immagini, la sua iconoclastia lo spingeva ad amare il vuoto che si manifestava nel candore bianco immacolato di queste opere.
“Opere di tutto il mondo è giunto il momento dell’Ammutinamento!”
E vorrei finire questa intervista urlando a squarciagola uno dei motti del Movimento del ’68 che aveva in Debord il suo ispiratore e teorico: “Ce n’est qu’un debut, continuons le combat!”

“Ammutinamento” 2019, Gianni Colosimo, foto Enzo Russo, Courtesy galleria Riccardo Costantini contemporary e l’artista


Gianni Colosimo. Ammutinamento

Il ruolo dell’artista Luisa Bruni si rivela fondamentale per la riuscita di questa mostra: partner esecutiva e sentimentale di Colosimo, ha ristrutturato e rianimato cornice per cornice dando spazio ad ogni singola identità.

16 ottobre – 16 novembre  2019

Riccardo Costantini Contemporary
via Giolitti 51, Torino

+39 011 8141099 | +39 348 6703677
info@rccontemporary.com
fb: @RiccardoCostantiniContemporary

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