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Aldo Damioli. Venezia – New York (Parigi)

Intervista di Francesca Di Giorgio

Un artista originale è incapace di copiare.
Così deve solo copiare per essere originale.

(Jean Cocteau)


Sin da quando l’immagine della pizza era soggetto prediletto della sua pittura, Aldo Damioli ha lanciato un messaggio inequivocabile su cosa significasse per lui dipingere. Fatta viaggiare in ogni epoca (dalla preistoria in avanti) rappresenta una forma e in quanto tale degna di essere indagata in tempo e spazio infiniti. Così, anche le città, Venezia, Parigi, New York, Shanghai… – che negli ultimi quindici anni lo hanno fatto viaggiare alla stregua di un moderno flaneur – sono la pura espressione di un atteggiamento apollineo che esplora e preserva le forme chiuse, la razionalità di contro all’espressionismo dionisiaco. Un atteggiamento che potremmo definire “classico” e che eleva a suoi modelli l’imperturbabilità dei marmi del Canova, l’attenzione al particolare dei Vedutisti settecenteschi e l’estrema sintesi volumetrica dei Suprematisti.
È significativo che lui stesso riconosca nel passato alcuni dei suoi modelli di riferimento e porti avanti una ricerca contemporanea che parafrasa nitidezza pittorica in trasparenza di intenti.
 Come ha scritto Elena Pontiggia, Aldo Damioli «dipinge quello che sa, non quello che vede; mostra quello che vuole dimostrare, non quello che gli appare». Le sue città sono come ripulite, tirate a lucido, lontane dalle brutture dell’incuria e del degrado. Non sono utopie o chimere ma punti di vista che non danno nulla per scontato e spingono a guardare più a fondo mettendo alla prova la nostra capacità di osservazione… Normotipi ad uso dei contemporanei.

Francesca Di Giorgio: Nessuna allusione. Nella tua pittura non è ammesso l’errore come se nulla potesse cadere in equivoco. Dove nasce questa “estrema” esigenza di chiarezza? Ci sono eventi del tuo vissuto che hanno influenzato il modus operandi?
Aldo Damioli: Tutto nasce da una vista acuta e allenata, da uno sguardo consapevole che prevede un determinato soggetto, una specifica scrittura ed una propensione per la logica. Caratteristiche che fanno parte di me e che, per l’altro, credo di aver ereditato per via genetica.
Il bisogno di essere compresi sembra andare di pari passo ad una sorta di volontà di controllo…

Il controllo è un tratto della personalità che esiste a prescindere da tutto… Per me è difficile comprendere l’affermazione “essere compresi” forse mi sentirei più a mio agio con  “essere guardati”.

Le 15 tele create appositamente per la personale da AndreA Arte Contemporanea di Vicenza sono le ultime di una lunga serie di città stra-conosciute. Oltre che pezzi di memoria collettiva molti ne avranno anche una conoscenza diretta. Cosa ti stimola di più nel “rivisitare” queste metropoli? Come scegli gli scorci che diventeranno oggetto delle tue tele?
Il punto di partenza sono sempre stereotipi e soggetti ovvi, negli anni ’80 mi sono occupato di indagare l’immagine della pizza, poi, attraverso lo stile cerco di creare un diverso punto di vista. Ne è l’esempio il ciclo Venezia New York, dove allineo l’immagine di New York allo stile dei vedutisti veneti: Canaletto, Bellotto, Marieschi…

Il grado zero di emotività che traspare da un tuo lavoro è la stessa caratteristica che poi ci spinge ad osservare con interesse ogni singolo particolare…
Nell’arte le vie di mezzo non sono certo le migliori. Se c’è emozione questa deve essere trasmessa al massimo del suo potenziale, di contro se l’emozione manca la si deve azzerare completamente invitando lo spettatore ad una tranquilla contemplazione delle forme.

Precisione quasi maniacale e determinazione portano la tecnica a fare il verso al foto-ritocco digitale. Qual è il tuo rapporto con il mezzo fotografico?

Se prendiamo in esame il tanto diffuso foto ritocco digitale dobbiamo tenere a mente che non è affatto cosa nuova. In passato, seppur privi di mezzi tecnologici, il procedimento veniva seguito manualmente: manipolando immagini da repertori preesistenti (stampe, acqueforti…). Tra i tanti esempi nella storia dell’arte possiamo guardare al lavoro di Rubens che ha copiato Tiziano oppure ancora la formazione dei pittori cinesi che ancor prima di disegnare dal vero alberi, montagne e figure imparavano a riprodurle dal repertorio di immagini precedenti. Più che di epigoni si trattava di trasmissione di conoscenza e di educazione al saper vedere. Uso la fotografia in modo strumentale e documentario, comunque è sempre poco rilevante nel mio modo di lavorare.

Con chi vorresti si confrontasse, oggi, una tua opera?
Con un catalogo di un’agenzia di viaggi.

La mostra in breve:
Aldo Damioli. Venezia – New York (Parigi)
AndreA Arte ContemporaneA
Corso Palladio 165,  Vicenza
Info: +39 0444 541070
info@andrea-arte.com
Orari: martedì-sabato 16.30 – 19.30
Inaugurazione sabato 5 marzo 2011 ore 18.00
5 marzo-30 aprile 2011

www.andrea-arte.com

In alto, da sinistra:
“Venezia – New York (Parigi)”, 2011, olio su tela, cm 40×40
“Venezia – New York (Parigi)”, 2011, olio su tela, cm 50×50
In basso, da sinistra:
“Venezia – New York (Parigi)”, 2011, olio su tela, cm 90×90
“Venezia – New York (Parigi)”, 2011, olio su tela, cm 70×70

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