Non sei registrato? Registrati.
Eva Reguzzoni da Borgo Ticino (NO)

La tua nuova ritualità quotidiana…
Avverto un malessere profondo, l’incertezza su come sarà il nostro vivere in futuro dopo il coronavirus mi disorienta. A casa le giornate passano lentamente senza la fretta, mi accorgo di percepire una sensazione di vuoto, mi sforzo di non pensare alle prossime conseguenze dei fatti e vivo la giornata per come si presenta. Alzarsi alla mattina e pensare come programmare l’intera giornata e riorganizzare le varie vicissitudini domestiche con la famiglia, condividere le faccende quotidiane e poi di sera, dopo la cena, pensare come sarà il giorno dopo. Le mattine dei primi giorni di quarantena, ero spaventata nell’apprendere dai notiziari le tristi notizie che stavamo per iniziare a vivere e mi chiedevo come si sarebbe evoluta tutta la situazione dei contagi. Tutto è precipitato, mi sono nate tensioni, ansie e paure sul futuro. I lavori che svolgevo in ambito professionale sono stati di conseguenza sospesi e, chissà, quando potrò riprendere? Anche le mostre in programma nei mesi primaverili sono saltate, e adesso? Sono rimasta smarrita, invasa da sensazioni di ansia e perdita, in un attimo sono crollati tutti i punti forza che avevo conquistato e costruito per superare i momenti difficili. Passano i giorni, si sommano le settimane, il primo mese e, a poco a poco, mi arrendo e noto che nuovi ritmi di vita sono entrati a far parte nella quotidianità, scanditi da momenti e movimenti diffusi che s’impadroniscono del tempo libero, ma con una lentezza diversa e curiosa di conoscere le piccole cose che ci circondano. Inconsciamente mi sto abituando a questa nuova dimensione di vita quotidiana, vissuta e percepita intimamente da piccoli rituali domestici di relazione con chi ti sta vicino. Come artista alla fine una domanda me la pongo: avverto qualcosa di strano dentro di me, qualcosa che non parte, sta fermo lì al suo posto, sento una mancanza, un vuoto che mi blocca? La mia testa non riesce a pensare in modo distaccato e creativo, la mia immaginazione percepisce un ostacolo da superare, sento la fatica creativa che cresce sempre di più, mi manca una chiara concentrazione su come agire e fare, quale atto artistico evolvere per produrre nuove opere. Tento di lavorare con la cara argilla e plasmare nuove forme, provo anche con la carta, ma non riesco, non trovo un tema adatto, una scintilla cui ispirarmi; ci provo e riprovo, abbozzo, riplasmo. Alla fine decido che così non può andare bene: esco dal mio studio, giro la chiave nella serratura della porta e lo chiudo. Ho tanto tempo libero ma non riesco a concentrarmi, mi manca un motivo concreto, uno stimolo necessario, una via che mi spinga oltre lo scoglio psicologico in cui mi trovo e mi rispondo: sarà il tempo a sistemare tutto. Apro la porta di casa ed esco in giardino all’aria aperta; siamo in primavera e attendo.

Con quali oggetti e spazi del tuo quotidiano stai interagendo di più?
L’attesa come rinascita è il pensiero con cui sto interagendo di più in questo delicato periodo d’isolamento e la vivo quotidianamente nello spazio verde del mio giardino. In alcuni giorni cammino senza meta a girotondo lungo il perimetro di recinzione del prato, oppure per passare il tempo con la natura mi dedico intensamente nei lavori di giardinaggio o semplicemente mi sdraio sull’erba, guardo il cielo e attendo. Lo spazio del giardino è il mio secondo studio dal quale traggo vantaggi e ricariche emotive che mi servono in certi momenti di debolezza psicologica.

Cosa ti manca? La tua personale esperienza dell’“assenza” e della “mancanza”.
Mi manca ora la certezza sul futuro e l’assenza di un’immediata risposta per condurre una vita stabile. Questo periodo d’immobilità lo percepisco come una seconda pelle che mi avvolge stretta e m’impedisce di muovermi. Attendo la prossima muta.

Come immagini il mondo, quando tutto ripartirà?
Difficile, ma voglio essere positiva e propositiva. Immagino che dentro di noi saremo capaci di sviluppare dinamiche di convivenza e accettazione; la ripartenza avrà uno scatto in più, ma verso una nuova identità che rispetti la pace e i valori dell’altro, un minor sfruttamento delle risorse naturali e la convivenza con madre terra. Soprattutto, essere meno possessivi e non pensare solo ai propri interessi e questo sarà il motto per sopravvivere sereni.

Nata a Gallarate (VA) nel 1965, Eva Reguzzoni si diploma presso il Liceo Artistico di Busto Arsizio e, in seguito, presso la Scuola D’Arte Applicata del Castello Sforzesco di Milano. È restauratrice e disegnatrice archeologica. Dal 2009 sviluppa una personale ricerca artistica indagando la propria vita interiore attraverso un importante lavoro introspettivo, sviscerato da una gestualità che alterna disegno, ricamo e ceramica, e che spesso trova nell’installazione la sua modalità prediletta. I suoi lavori, profondamente intimi, nascono da suggestioni tratte da momenti della sua vita, attimi che, vissuti attraverso l’esperienza sensoriale, s’imprimono nella memoria in veste di ricordi preziosi. Di recente pubblicazione il catalogo monografico Eva Reguzzoni. A UN PASSO…DENTRO con testi a cura di Irene Biolchini e Rossella Moratto – Collana PageNotFound – Editore vanillaedizioni, marzo 2020. www.evareguzzoni.it

Condividi su...
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •