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Andrea Francolino da Milano

Cosa ti manca? La tua personale esperienza della “assenza” e della “mancanza”.
La mia ricerca, e di conseguenza la realizzazione di molti miei lavori, mi porta molto tempo fuori dal mio studio per cercare uno degli elementi principali su cui rifletto da diversi anni: la crepa. Dunque molte delle mie opere prendono forma ovunque lì fuori, in quegli spazi impraticabili a chiunque per via del Covid-19. Inizialmente questa condizione ha causato il rischio che un’opera, che per quasi un anno ho portato avanti in modo maniacale, fosse del tutto compromessa: il percorso temporale che raggruppa il “calco” delle crepe eseguite in tutti i luoghi in cui per svariati motivi sono stato durante tale periodo. La conclusione di questo processo consiste nel fatto che l’ultimo calco di crepa sia eseguito esattamente un anno dopo lo stesso giorno in cui è stato realizzato il primo l’anno precedente. Proprio in assenza di luoghi esterni, l’opera era negativamente minacciata in tutta la sua esecuzione. Successivamente, dopo un primo smarrimento, ho capito che al contrario proprio questa mancanza e questa assenza sarebbero potute diventare parte del lavoro marcando questa inevitabile condizione con un nuovo finale, invece che con una sua fine. Ogni crepa del lavoro è diversa perché non ne esistono due uguali su questo pianeta e questo è solo uno dei tanti aspetti che mi affascinano di questa ricerca, come diversi sono i luoghi in cui esse vengono “raccolte” e rivelate dalle coordinate esatte che riporto su ognuna di esse insieme alla data completa di ora, minuti e secondi. Il finale al contrario è dettato da una crepa trovata sulla soglia di casa, tra esterno e interno e che ho voluto ricalcare quasi ogni giorno fino alla data finale dell’intero processo dell’opera, un contesto per ovvi motivi invalicabile fisicamente mi ha permesso di spingere oltre osservazioni e riflessioni nonostante fossi al limite di una condizione, quella del davanzale di casa.

Stiamo capendo che si può vivere con meno mobilità?
Sono quasi certo che questo aspetto sia chiaro a molti da diverso tempo ormai e non voglio neanche lontanamente immaginare, per nutrire la mia fiducia verso l’uomo e dunque verso il futuro, che ci sia voluto questo virus per comprenderlo. Non voglio pensare che si riescano a cogliere alcune cose solo una volta che siano accadute, quando nel mondo si studia e si formano cervelli allo scopo di poter prevedere ogni singolo avvenimento. Chiaramente tutti noi abbiamo avuto prove chiare ed evidenti di quali benefici abbia portato in termini d’impatto ambientale il rallentamento dei ritmi mondiali. Certo che si potrebbe vivere con meno mobilità, ma non si può vivere con meno mobilità se quello che negli anni ha preso forma segue ritmi tali che spostarsi rientra nella normalità per essere parte di un processo e secondo questi meccanismi sarebbe necessario farlo in modo più sostenibile.

Sono nati nuovi luoghi e spazi alternativi di coesione intorno a te? (Pensiamo alle corti dei palazzi, ai terrazzi ecc…)
Tanti motivi, come esperienze personali vissute di persona, non mi hanno mai fatto sottovalutare l’importanza di quanto fondamentale fosse osservare in modo impeccabile le regole sanitarie o l’uscire di casa. Credo che, come per gran parte dei paesi colpiti, ancor di più per le grandi città come Milano in cui vivo, una nuova coesione sia venuta a generarsi proprio attraverso nuovi luoghi quali finestre, corti e terrazzi. Ammetto però di essere stato molto severo con me stesso e la mia famiglia anche su questo modo diverso di uscire di casa, ma qualche volta ci siamo lasciati andare anche qui, come ad esempio nel giorno di Pasqua, dove tutto il condominio si è affacciato davanti alla propria porta d’ingresso per poter brindare insieme. Vivo in una casa di ringhiera milanese e questo permette che tutti coloro che si affacciano possano vedersi e parlare rispettando di gran lunga le distanze di sicurezza. Quello che è emerso in questo tipo di palazzine è davvero affascinante, perché si è rigenerato lo stesso modo di comunicare che avveniva in queste strutture di ringhiera fino agli Anni ’70, restituendo alla struttura una sua coerenza architettonica. La costruzione di bagni all’interno di ogni abitazione che prima era esterna sui ballatoi, con l’individualismo crescente avvenuto negli anni, ha visto scemare velocemente questa armonia collettiva. In questi giorni di riapertura parziale, invece, si può constatare, in modo sempre più marcato, questa atmosfera comunitaria e affiatata che nei giorni di confinamento è andata formandosi. Da molto tempo ormai questi alloggi somigliavano sempre più a moduli per cittadini fantasma ingoiati da impegni di ogni genere portandoci al punto da non conoscerci per nulla, questo, sicuramente, si sta rivelando come uno degli aspetti piacevoli di questa vicenda drammatica.

Ad oggi quali sono state per te le conseguenze immediate della diffusione del Covid-19 sul tuo lavoro e quali pensi possano essere le conseguenze a lungo termine?
Molti progetti messi in piedi, costruiti durante questi anni di studi riflessioni e sperimentazioni sono venuti meno, la programmazione che li avrebbe visti protagonisti è saltata, ma ogni mattina è un giorno nuovo su cui costruire e questo è l’aspetto fondamentale che sento di esprimere. Personalmente preferisco non forzare gli eventi per la fretta. Sono consapevole che molte cose saranno diverse, anzi lo sono già, e mi astengo dal fare ipotesi di futuri possibili o simulazioni di ciò potrebbe succedere. Quello che ho vissuto con il mio lavoro, che raccoglie un anno di crepe, mi ha insegnato che in seguito ad un primo stato d’animo di smarrimento ci può anche essere una buona intuizione e sono consapevole che molto dipenderà dalla forza e dall’entusiasmo che ognuno di noi sarà capace di tirare fuori da se stesso, anche se il futuro sarà incerto e improbabile ritengo che esserci sia già la prima grande fortuna da cui ripartire.

Andrea Francolino vive e lavora a Milano, è tra i fondatori di The Open Box Milano, Spazio non Profit per L’Arte. Le sue gallerie di riferimento sono Mazzoleni London – Torino, Frittelli Arte Contemporanea Firenze e nm>contemporary Principato di Monaco.
Al centro è la crepa. La proposizione artistica di Andrea Francolino dà evidenza all’idea di frattura, di crollo, di ferita, di crepa, appunto. Tale riflessione attraversa trasversalmente diverse forme disciplinari, con la libertà che solo un artista può concedersi: estetica, etica ed ecologia vengono assunti come ambiti privilegiati di indagine. […] In particolare si considera la crepa come elemento cardine attraverso cui attribuire senso a opposte polarità: il caso e la necessità, il vuoto e il pieno, il passato e il futuro, la maceria e la rovina. Francolino attiva un dispositivo capace di trasformare la maceria, la macchia, la lacuna in frammento, reperto, rovina: la crepa diviene, sotto il suo sguardo demiurgico, portatrice di senso e di speranza, promessa stessa di futuro. (Bettina Della Casa). www.francolinoandrea.com

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