LUGANO (SVIZZERA) | Museo d’Arte Lugano | 13 aprile – 20 luglio 2014
di MATTEO GALBIATI
Sembra sempre di doversi ripetere, eppure, quando le mostre nei musei si riescono ad organizzare in modo serio e puntuale, con un’attenzione scientifica, precisa e curata, rispetto le proposte e i progetti espositivi che si offrono al pubblico, non si possono che ribadire apprezzamento e sottolinearne il merito. Il Museo d’Arte Lugano ci ha abituato negli anni a mostre di grande spessore non solo per i nomi e le presenze, ma anche per la qualità sempre altissima dei contenuti e delle scelte attuate che, oltre a lasciar ammirare nuclei davvero cospicui di capolavori, hanno sempre restituito una logica profonda dell’analisi e dei temi scelti. I percorsi sono sempre stati decifrabili e persuasivi, senza eccessi e sbavature, fonte di arricchimento per il grande pubblico e di approfondimento ulteriore per gli “esperti”.
L’anno scorso ci aveva colpito la mostra Klee-Melotti: questa metteva in dialogo, con strette reciprocità, due grandi protagonisti dell’arte del secolo scorso i quali in vita non ebbero mai possibilità di conoscersi direttamente e di cui la mostra ha saputo costruire, però, una correlazione di affinità e sensibilità che, attraverso le sottotracce di corrispondenze e evocazioni deducibili dai loro lavori, hanno dimostrato come fosse possibile sostenere la congruità del loro raffronto. Tutto senza una sbavatura, anzi, la visita alla mostra non solo restituiva il senso dell’identità di ciascuno, ma proprio con collegamenti precisi se ne leggeva chiaramente il reciproco e comune sentire “a distanza”, cosa che rendeva speciale la visita.
Quest’anno il museo luganese ha fatto il bis: rispecchiando il senso e la formulazione della mostra dell’anno passato, tornano nelle sue sale le opere di due artisti che, in questa occasione, possono trovare voce per un diretto dialogo-confronto altrimenti impossibile. Protagonisti di questo nuovo progetto espositivo, che come per l’anno passato non risulta né un volo pindarico né una costruzione forzatamente artefatta, sono lo scultore alsaziano, poi svizzero di adozione, Jean Arp (1886-1966) e il pittore italiano Osvaldo Licini (1894-1958) che, anche loro, in vita non ebbero occasione per conoscersi direttamente.
Sui due piani in cui la mostra si divide, sono 150 opere, individuate con una ricerca meticolosa e puntigliosa, a riassumere, in sezioni-capitoli tematici ben precisi, le ipotesi di un dialogo che vede emergere, come affinità forte, la volontà condivisa da Arp e Licini di trovare nell’arte un momento originario e assoluto: i modelli cui ricorrono si evidenziano attraverso un vocabolario di forme essenziali e primarie in cui la voce della loro visione, sempre ricettiva di un dialogo tra uomo e natura, tra universale e particolare, pare voler portare alla luce quei legami invisibili – ma possibili – tra realtà e pensiero, tra l’intuizione delle idee e la concretezza delle cose.
Di Arp e Licini – di cui si riassumono con ottima sintesi tutta le individuali storie e le parabole artistiche – questa mostra ci consegna la forte indipendenza del pensiero che, pur inserendoli nel pieno del dibattito artistico europeo della prima metà del Novecento con collegamenti, richiami, scambi con i maggiori artisti della loro epoca, non li ha mai inquadrati in modo netto e ultimativo in una o un’altra esperienza visiva.
La reciproca posizione culturale si è alimentata e nutrita – tra figurazione e astrazione essenziali – delle tendenze e dei modi della loro epoca senza rimanerne vittima o senza chiudersi in formalismi definitivi. Il loro linguaggio si è, al contrario, sempre mosso nella direzione di una libertà autonoma e soggettiva che ha restituito la forza piena del loro lirismo senza tempo.
Una mostra che “funziona” e che consigliamo se si vogliono sondare, con opere scelte, le forme e i processi del pensiero artistico di Arp e Licini in un modo inconsueto e originale. Un altro incontro, questo, che sa produrre esiti importanti.
Il tema del dialogo e del confronto, del resto, per Lugano è caratteristica e vocazione propria: la città ticinese è sempre stata punto di collegamento tra Svizzera e Italia, tra Nord e Sud Europa, dove l’incontro tra figure di diverse provenienze ha sempre messo in luce le singole identità, ma anche le reciproche e comuni sensibilità e posizioni.
Questa sarà la filosofia alla base anche dell’atteso nuovo centro culturale LAC (Lugano Arte e Cultura) che amplierà e migliorerà le già ricche proposte della cittadina della svizzera italiana, la cui apertura, ormai davvero imminente, è prevista per il prossimo anno.
Jean Arp–Osvaldo Licini
a cura di Guido Comis, Museo d’Arte; Bettina Della Casa, Museo Cantonale d’Arte
con i contributi di Silvia e Lorenzo Licini; Galleria d’Arte Contemporanea Osvaldo Licini, Ascoli Piceno; Centro Studi Osvaldo Licini, Monte Vidon Corrado; Matteo Lorenzelli, Galleria Lorenzelli Arte, Milano; Fondazione Marguerite Arp-Hagenbach, Locarno; Fondation Arp, Clamart; Stiftung Hans Arp und Sophie Taeuber-Arp e. v., Berlino
catalogo con testi di Giovanna Masoni Brenni, Marco Franciolli, Guido Comis, Flaminio Gualdoni, Mattia Patti, Elena Di Raddo, Renaud Ego, Stefano Bracalente, Bettina Della Casa
con il sostegno di Credit Suisse
Museo d’Arte
Riva Caccia 5, Lugano (Svizzera)
Orari: da martedì a domenica 10.00–18.00; venerdì 10.00–21.00; chiuso lunedì
Ingresso intero Fr.12.00; ridotto Fr.8.00; gratuito under 16 anni e la prima domenica del mese
Info: +41 (0)58 866 7214
mediazione@lugano.ch
www.mda.lugano.ch