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VENEZIA | Arsenale, Tese delle Vergini | 11 maggio – 24 novembre 2019

Né altra Né questa: La sfida al Labirinto è il titolo della mostra, a cura di Milovan Farronato, a cui partecipano, con lavori inediti e opere storiche, Enrico David (Ancona, 1966), Chiara Fumai (Roma, 1978 – Bari, 2017) e Liliana Moro (Milano, 1961).

Il sottotitolo della mostra allude a “La sfida al labirinto”, saggio seminale di Italo Calvino del 1962, a cui Né altra Né questa si ispira. In questo testo l’autore propone un lavoro culturale aperto a tutti i linguaggi possibili e che si senta corresponsabile nella costruzione di un mondo che, avendo perso i propri punti di riferimento tradizionali, non chiede più di essere semplicemente rappresentato. Per visualizzare le ingarbugliate forme della realtà contemporanea, Calvino elabora l’efficace metafora del labirinto: un apparente intrico di linee e tendenze in realtà costruito secondo regole rigorose. Interpretando tale linea di pensiero in chiave artistica, Né altra Né questa attualizza – già a partire dal suo titolo, che disorienta attraverso la figura retorica dell’anastrofe – un progetto artistico di “sfida al labirinto” in cui si comprende la lezione di Calvino mettendo in scena un percorso espositivo non lineare e non riducibile ad un insieme di traiettorie pulite e prevedibili. Molteplici e generosi sono i percorsi e le interpretazioni offerti allo spettatore, a cui la mostra affida la possibilità di assumere un ruolo attivo nel determinare il proprio itinerario e mettersi così a confronto con l’esito delle proprie scelte, contemplando il dubbio e l’indeterminatezza come parti ineludibili della conoscenza.

Il calendario degli appuntamenti culturali prevede un ciclo di talk a cui partecipano gli artisti Enrico David e Liliana Moro e il Prof. Marco Pasi. Alla film-maker Anna Franceschini è affidata la documentazione della mostra, realizzata come film corto sperimentale con il titolo Bustrofedico, che verrà presentato a Venezia a fine mostra, prodotto da In Between Art Film e Gluck50. Nell’ambito della mostra verrà inoltre realizzato un programma di attività educative rivolto ai giovani studenti delle accademie e delle scuole di ballo, promosso dalla Direzione Generale Arte e Architettura contemporanee e Periferie urbane del MiBAC, che si articolerà in un ciclo di appuntamenti, curati da Milovan Farronato, Stella Bottai e Lavinia Filippi, ospitati all’interno del Padiglione.

Il Padiglione Italia è stato realizzato anche grazie al sostegno di Gucci e FPT Industrial, main sponsor della mostra, e al contributo del main donor Nicoletta Fiorucci Russo.

GLI ARTISTI

ENRICO DAVID – Ancona, 1966. Vive e lavora a Londra. Nominato per il Turner Prize nel 2009.
Dopo aver partecipato due volte alla Biennale di Venezia – con Francesco Bonami nel 2003 e Massimiliano Gioni nel 2013 – Enrico David (Ancona, 1966) rappresenta l’Italia per la prima volta quest’anno. La sua pratica artistica ha un legame stretto con la memoria e con il passato, sia nei contenuti sia nella forma. Attraverso le sue opere David mette in scena ricordi personali e collettivi, esprimendo una vasta gamma di stati emotivi e recuperando tecniche tradizionali. Il suo lavoro riflette un bagaglio culturale dai tratti italiani sia nei riferimenti estetici e storico-artistici sia nella scelta di alcuni materiali tipici della manifattura artigianale. Tuttavia il suo immaginario è ricco di suggestioni maturate nel corso degli anni, a partire dalla formazione avvenuta prevalentemente a Londra, dove ancora oggi risiede. La figura umana è uno dei temi ricorrenti di David, che la elabora e la restituisce come testimonianza di continue trasformazioni, attraverso diversi mezzi espressivi tra cui la scultura, la pittura, il disegno, la tessitura di arazzi e l’installazione. Le sue figure antropomorfe asessuate e le sue configurazioni nascono da intuizioni ed evolvono in un processo di sintesi inclusiva che travalica i confini individuali e diventa traccia riconoscibile e condivisibile collettivamente. Le immagini che popolano il mondo plastico e pittorico di Enrico sono rassegnate, sbottonate, contorte, grottesche, claudicanti, a volte mostruose e armate di strumenti a noi incomprensibili, che talvolta si sdoppiano e si ripetono tanto da formare labirinti contenutistici e formali.
Congiuntamente alla presentazione di alcune opere storiche, che verranno rivisitate e aggiornate per Venezia, la selezione dei lavori esposti si concentra su nuove produzioni. Da figure antropomorfe a scala naturale in bronzo a piccoli oggetti e dipinti, tutte queste opere sono concepite da David specificatamente per questo itinerario espositivo. David inoltre risponde direttamente, con una scultura, a un intervento di Chiara Fumai.

Enrico David nel suo studio ad Hackney (east London) © Justin Sutcliffe

CHIARA FUMAI – Roma, 1978 – Bari, 2017. Ha partecipato a dOCUMENTA (13), Kassel (2012). Vincitrice del Premio Furla nel 2013 e del Premio New York del Ministero degli Affari Esteri e del Ministero per i beni e le attività culturali nel 2017.
Scomparsa a soli 39 anni nell’agosto 2017, Chiara Fumai è stata un’importante artista ammirata sia in Italia che all’estero per aver sviluppato una dedicata rilettura in chiave femminista del canone storico occidentale da sempre improntato su valori di dominazione patriarcale. Sebbene cessata prematuramente, la sua carriera ha avuto un’influenza profonda sulle generazioni successive, visibile soprattutto in questi ultimi anni di riacceso e diffuso interesse verso pratiche magiche e culti profani in relazione al discorso femminista. Con il suo lavoro, Fumai ha portato avanti un’indagine rigorosa, dai toni personali, passionali e non accademici, focalizzata su avvenimenti e personaggi storici, reali e fittizi, rappresentativi della marginalizzazione subita dalle donne nel corso dei secoli in varie situazioni e contesti dalla cultura alla religione e la politica. La sua ricerca, non solo critica ma anche, sempre, profondamente propositiva, si attualizzava nel presente soprattutto attraverso lavori performativi, spesso in formato di lezione, messi in scena dall’artista stessa. Con i suoi collages, ambienti e impersonazioni, Fumai riportava alla luce e ridava voce a figure di opposizione alla cultura dominante, come le femministe Carla Lonzi e Valerie Solanas, la medium Eusapia Palladino, la dogaressa Elisabetta Querini Valier, e altre donne ancora, spesso dimenticate, marginalizzate, o villipese come la circense Zalumma Agra. L’uso della parola – scritta, pronunciata, ricamata, talvolta codificata in sigilli magici – era chiave per Fumai: dalla minaccia all’apologia, dall’augurio al sortilegio, la valenza simbolica e rappresentativa del verbo diventava strumento essenziale per l’annunciazione, emancipazione e realizzazione pratica di un modus operandi alternativo all’oppressione patriarcale.
Per il Padiglione Italia, verrà presentata in esclusiva e anteprima assoluta una nuova produzione di Fumai. Questo lavoro, inedito, sarà accompagnato da opere del passato selezionate con il prezioso aiuto di The Church of Chiara Fumai, organizzazione di cui sono tra i fondatori, presieduta dalla madre di Chiara, Liliana Fumai, e diretta da Francesco Urbano Ragazzi.

Chiara Fumai, “Chiara Fumai reads Valerie Solanas”, 2013. Videoinstallazione Courtesy l’artista

LILIANA MORO – Milano, 1961. Vive e lavora a Milano. Ha partecipato a Documenta IX, Kassel (1992) e a Aperto – Biennale di Venezia, Venezia (1993). Nel 1989 fonda, insieme ad altri artisti, lo Spazio di Via Lazzaro Palazzi a Milano.

Liliana Moro. Foto: Sebastian Cortes


Invitata a partecipare alla nona edizione di Documenta del 1992, Liliana Moro propose di installare una Fiat Cinquecento che, perennemente in moto, tentasse invano di trainare con un cavo la pesante struttura del Fredericianum – sede della mostra in cui erano esposte le opere dei maggiori rappresentanti dell’Arte Povera. Seppur non realizzato, il progetto vive oggi in forma di collage e rimane rappresentativo dell’attitudine di quest’artista nei confronti del passato: il lavoro di Liliana Moro si prende carico della storia e di portarla oltre. Un’operazione che, a detta dell’artista stessa, si avvale proprio di quella “sottrazione di peso” stilistica celebrata da Calvino nella prima delle sue Lezioni Americane, La Leggerezza (1985). Lavorando con diversi materiali e in diversa scala, Liliana Moro ha attitudine all’essenzialità. Da non confondersi con uno stile minimal, il suo fare netto e preciso porta alla creazione di gesti apparentemente semplici che, proprio in quanto tali, si aprono a una miriade di interpretazioni diverse.Poetica ma non romantica, Moro mette in gioco contenuti e oggetti d’uso comune non tanto per illustrarli quanto per rivisitare la loro funzione originale e invitarci ad andare oltre ciò che è visibile. Un importante filo conduttore nella sua ricerca è l’uso dello spazio nelle sue declinazioni formali, concettuali e semantiche: per esempio attraverso interventi nello spazio pubblico, o con l’alterazione dei rapporti di scala tra oggetti, per arrivare alla spazialità intrinseca a molte sue opere, che spesso instaurano meccanismi di relazione con lo spettatore tali per cui un’azione attiva, come l’abbassarsi o il salire, diventa implicitamente necessaria all’esperienza.

Per il Padiglione Italia verranno presentate alcune opere storiche accanto a nuove produzioni, comprendenti non solo nuove commissioni ma anche lavori esistenti e mai esposti, accumulati dall’artista nel proprio studio nel corso degli anni. Questa costellazione mette insieme i momenti fondativi della ricerca dell’artista e del suo sviluppo, dando visibilità alla viscerale coerenza nell’arco di un lungo tempo del suo iter.

Milovan Farronato. Foto: Daniele de Carolis

IL CURATORE
Milovan Farronato – Borgonovo Val Tidone (Piacenza), 1973. Vive e lavora tra Milano e Londra.
Milovan Farronato è Direttore e Curatore del Fiorucci Art Trust, per il quale ha sviluppato il progetto di residenza itinerante Roadside Picnic e, dal 2011, il festival annuale Volcano Extravaganza, nato a Stromboli e poi migrato prima a Napoli nel 2017 e poi a Dhaka, Bangladesh, nel 2018. Con Paulina Olowska ha dato vita al simposio Mycorial Theatre tenutosi nel 2014 a Rabka, Polonia, e nel 2016 a São Paulo, Brasile. Ha collaborato le Serpentine Galleries per le Magazine Sessions(2016). Farronato ha ideato The violent No!, parte del programma pubblico della 14. Biennale di Istanbul nel 2015. Dal 2005 al 2012 Farronato è stato direttore dell’organizzazione no-profit Viafarini e curatore al DOCVA Documentation Centre for Visual Arts di Milano. Dal 2006 al 2010 è stato Curatore Associato della Galleria Civica di Modena e, dal 2008 al 2015, docente di Cultura Visiva al CLADEM dell’Università IUAV. Tra le esposizioni curate: Nightfall, con Fernanda Brenner e Erika Verzutti, Mendes Wood DM Bruxelles (2018); Nick Mauss, Illuminated Window, La Triennale e Torre Velasca, Milano (2017); la prima personale di Lucy McKenzie in Italia, La Kermesse Héroïque alla Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia (2017); Si Sedes Non Isalla The Breeder Gallery, Atene (2017); Prediction da Mendes Wood DM, São Paulo, (2016); la mostra personale di Peter Doig alla Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia (2015); la personale di Christodoulos Panayiotou al Kaleidoscope Project Space, Milano (2014) e Arimortis al Museo del Novecento, Milano (2013), co-curata con Roberto Cuoghi.
Milovan Farronato è stato membro del team curatoriale del IV Dhaka Art Summit ed è parte del Comitato di Sviluppo della Chisenhale Gallery a Londra.

IL CATALOGO
Il volume è pensato come uno strumento di completamento dell’esperienza di visita alla mostra, aggiunge contenuti di alto profilo e accompagna nella scoperta dei tre artisti presentati al Padiglione Italia alla 58. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia.
In apertura vi sono i testi istituzionali del Ministro per I Beni e le Attività Culturali Alberto Bonisoli, del Presidente della Biennale di Venezia Paolo Baratta e del Commissario del Padiglione Italia Federica Galloni. A seguire, un testo introduttivo firmato da Milovan Farronato illustra i riferimenti chiave della genesi del progetto in relazione all’idea di labirinto come struttura narrativa, come espediente di display e nel suo significato esistenziale; introduce un’analisi critica delle scelte artistiche in relazione a questo tema; contestualizza i contenuti del volume da un punto di vista editoriale.
Il libro presenta, per la prima volta nella traduzione inglese, il saggio di Italo Calvino La sfida al Labirinto (N.5 di «Menabò», Einaudi, Torino 1962): un testo fondamentale che ha ispirato il procedimento curatoriale del Padiglione. L’analisi del labirinto è arricchita da un saggio narrativo di Emanuele Trevi, concepito per l’occasione, che ripercorre l’idea storica del Labirinto, dagli antecedenti letterari ai giorni nostri. Un saggio fotografico espande la visione del dedalo in termini metaforici presentando, tra gli altri, luoghi labirintici come il Cretto di Burri a Gibellina e il Labirinto Borges a Venezia, i Sassi di Matera e gli archivi di Pompei. Il saggio visivo presenta una raccolta di luoghi identificati come epifenomeni di uno spazio fisico caotico ma logicamente organizzato, che definiscono un legame tra l’arte, l’architettura e la cultura contemporanea. Il lavoro degli artisti viene rappresentato sia attraverso le immagini delle opere in mostra, sia come espressione testuale in riferimento all’idea del labirinto: una serie di saggi brevi, raccolti sotto la regia di Milovan Farronato e Stella Bottai e corredati dalle note di approfondimento di Lavinia Filippi, danno vita a una architettura polifonica costruita sulle parole chiave che hanno guidato il curatore e gli artisti nello sviluppo del progetto espositivo. Autori dei saggi sono gli stessi curatori insieme agli artisti Enrico David, Chiara Fumai e Liliana Moro. Chiude il catalogo una lettera dell’artista cipriota Christodoulos Panayiotou al Curatore del Padiglione, un omaggio alla città-labirinto per antonomasia: Venezia.

Né altra Né questa: La sfida al Labirinto
Catalogo della mostra a cura di Milovan Farronato
Pubblicato da Humboldt Books in edizione bilingue
Testi: Stella Bottai, Italo Calvino, Enrico David,
Milovan Farronato, Lavinia Filippi, Chiara Fumai,
Liliana Moro, Christodoulos Panayiotou, Emanuele Trevi
Progetto grafico: Julia
Formato 15 x 23,5 cm, softback 420 pp. con 120 tavole b/n; 64 tavole colore
€ 30.00

Humboldt Books è una casa editrice specializzata in narrazioni ed esperienze di viaggio che dà vita a progetti editoriali interdisciplinari incrociando geografia e letteratura, fotografia e arte. Humboldt Books collabora con artisti, scrittori, fotografi, designer e architetti internazionali, ne raccoglie le storie di viaggio – reali o immaginarie – e racconta queste esperienze con sguardo nuovo e non convenzionale. La casa editrice è stata fondata nel 2012 da Alberto Saibene e Giovanna Silva. Tra i titoli recenti: Nathalie Du Pasquier The Strange Order of Things; Mario Schifano America 1970; OMA Manifesta 12 – Palermo Atlas; Emanuele Trevi, Giovanna Silva Ontani a Bali; Riccardo Venturi Passione dell’indifferenza. Francesco Lo Savio; Yervant Gianikian, Angela Ricci Lucchi The Arrow of Time. Notes from a Russian Journey 1989 – 1990.

 

58. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia

NÉ ALTRA NÉ QUESTA:
LA SFIDA AL LABIRINTO
a cura di Milovan Farronato
Enrico David, Chiara Fumai, Liliana Moro

Direttore Generale DGAAP e Commissario del Padiglione Italia
Federica Galloni

Coordinamento scientifico Stella Bottai
Allestimento e Progetto grafico Julia
Coordinamento della produzione Giorgia Gallina
Consulente alla ricerca Lavinia Filippi

Padiglione Italia
Arsenale, Tese delle Vergini – Venezia

11 maggio – 24 novembre 2019

Info: info@neithernor.it
www.neithernor.it

www.beniculturali.it
www.aap.beniculturali.it

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