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TRENTO | Studio d’Arte Raffaelli | 10 ottobre 2020 – 28 febbraio 2021

Intervista a WILLY VERGINER di Matteo Galbiati

Per la prima volta lo Studio d’Arte Raffaelli di Trento presenta, in una grande mostra personale, l’opera di Willy Verginer che, per l’occasione, ha lavorato ad un nuovo corpus di sculture completamente inedite.
In queste opere, in cui la figura umana è realizzata a grandezza naturale, adatta quindi ad un dialogo diretto ed empatico per tale sua fisicità con quella dell’osservatore che le osserva da vicino, il tema del gioco del mondo è il motore che anima ogni azione di queste figure. Il legno scolpito torna ad essere motore di vita, suggestione metaforica dell’esistenza umana e, con in più rilievo aggiuntivo determinato dal colore, occasione per una riflessione fisica e mentale capace di accogliere, con incanto fanciullesco, ogni determinante suggestione sensibile.
Delicate e definite con grande attenzione nella trasfigurazione non tanto di una veridicità  fisionomica che pure è estremamente curata, quanto per indurre una connessione fisicamente tangibile con l’esperienza emotiva e mnemonica dell’osservatore, le sculture di Verginer si muovono libere nello spazio, disponendosi senza coordinamento prestabilito ma vivendo lo spazio con la loro naturale disposizione.
Abbiamo incontrato l’artista altoatesino per questa intervista:

Willy Verginer, Il gioco infinito, 2020, legno di tiglio, colore acrilico, 132x41x50 cm

Queste opere hanno come tema il gioco del mondo e, in questo senso, ti sei ispirato all’omonimo romanzo che ha consacrato la fama dello scrittore argentino Julio Cortázar? Che spunti hai dedotto dal testo e come le hai trasformate in scultura?
Non è la trama di per sé che mi ha ispirato, sono stato affascinato dalla struttura dei numerosi diversi capitoli – ce ne sono 154, di cui alcuni molto brevi – che, nonostante molti possano essere letti come testi a se stanti, nell’insieme globale creano il romanzo.
Alcune sculture sono nate da capitoli precisi come i lavori La bocca che la mia mano sceglie o L’inventore di un mondo, invece, nell’installazione Rayuela mi ha affascinato questo percorso del gioco che va dal primo cassetto chiamato terra all’ultimo chiamato cielo, questa descrizione del gioco affiora in poche righe del romanzo. I personaggi dello scritto di Cortázar non sono rappresentati in mostra, ma questa storia mi ha dato innumerevoli spunti e aperto nuove porte.

Quali sono i soggetti che hai presentato? Come si esplicitano e quali paradigmi della vita esercitano e sollecitano?
Dato il tema ludico è ovvio che i miei soggetti siano rappresentati prevalentemente da adolescenti, ma tale gioco è rappresentato come una metafora della vita. Non mancano anche altri spunti come il manager di borsa, un soggetto che torna spesso nel mio lavoro, che si muove su trampoli/stampelle.

Queste sono nuove opere, completamente inedite, come si legano alla tua ricerca? Quali richiami hanno con i precedenti cicli delle tue sculture?
Il percorso di questo nuovo ciclo lo avevo già iniziato un anno fa in una personale a Tel Aviv, per questa mostra ho approfondito quella tematica. Esteticamente non si differenziano molto dai cicli precedenti, di più il tema della natura così come una certa critica sociale, presenti prima, si leggono anche adesso come la terra rappresentata nel primo cassetto oppure in La palla al piede. Nei miei lavori i cambiamenti non sono di rottura, ma sono un passaggio lento da un ciclo all’altro.

Willy Verginer, Rayuela, 2020, tiglio, colore acrilico, 123x110x90 cm

La mostra si intitola Rayuela a cosa fa riferimento?
È il titolo del libro di Julio Cortázar, appunto Rayuela: è il nome spagnolo del gioco che noi chiamiamo “Il gioco del mondo”. Un gioco classico dove si disegnano a terra dei riquadri numerati progressivamente dentro ai quali si saltella spostandosi da un punto all’altro dopo aver buttato un sassolino.

Abbiamo sempre il colore cui tu dai, come tua abitudine, una forte connotazione simbolica, in questo caso cosa indica? Che valori determina?
In questa mostra presento opere con un ritmo duale: terra e cielo, scuro e chiaro, luce e buio, sogno e realtà. Le sculture sono dipinte in parte in bianco e in parte nero antracite; il rosa è presente in pochi elementi e accenna alla fanciullezza o all’adolescenza, presente nei personaggi dell’installazione lo vediamo pure negli occhiali dell’uomo che riesce, così, a vedere tutto roseo senza rendersi conto, però, che non ha niente sotto i piedi.

Mi hanno incuriosito le parole evocate per parlare della tua materia, il legno: OdlesStelesPaja, e Planadices? Cosa significano e cosa indicano?
Ogni lingua rappresenta un mondo a sé. La mia madre lingua è il ladino, lingua primordiale delle nostre zone e rimasta ancora nelle vallate che si trovano intorno al gruppo del Sella. Il mestiere dello scultore in legno ha una lunga tradizione in Val Gardena: nato si può dire nel 1700, ha avuto il suo maggiore splendore agli inizi del 1900. In questo lungo periodo storico si è sviluppato, di conseguenza, un linguaggio tecnico, proprio del mestiere, ed ogni arnese, come ogni pezzo di legno, ha il suo nome. Steles sono i pezzi più grossi di scarto creati dallo scalpello o dall’accetta. Paja è la parte più fine, simile nella consistenza alla sabbia. Planadices è la parte di scarto che viene creata dalla pialla. Le Odles sono le bellissime cime dolomitiche che si trovano a Nord della valle, ma nello stesso modo si chiamano anche gli aghi degli alberi.

Willy Verginer, Le nuvole in affitto, 2020, legno di tiglio, colore acrilico, ferro, 280x100x100 cm

Nella monografia, oltre a tutte le opere, ci sono i testi dei critici che ti hanno accompagnato in questo progetto: Luca Beatrice, Gabriele Lorenzoni, Roberto Festi e Camilla Nacci? Come hai lavorato con loro? Che letture hanno dato del tuo lavoro?
Come hai detto ci sono diversi testi critici e ogni testo è differente, che suggerisce una visione del mio lavoro da un’altra angolazione. Luca Beatrice, che conosco già dal 2004, è stato colto, come dice lui, di sorpresa dalla tematica della mia mostra: non parla di scultura o di legno, ma di letteratura. Conosco da diversi anni anche Gabriele Lorenzoni che ha scritto, per il catalogo, un testo dal punto di vista del nostro rapporto personale e della nostra amicizia. Un testo molto azzeccato, è come vedo io la mia scultura. Un rapporto di amicizia lo ho anche con Roberto Festi, rafforzatosi da diversi progetti fatti insieme. Camilla Nacci ha curato tutta la parte organizzativa della mostra, è stato bello lavorare insieme a lei, sempre precisa e preparata. Lei è anche la regista del film fatto per la mostra: da questo breve documentario è nata l’intervista che è una delle più approfondite che mi siano mai state fatte.

Quali saranno i prossimi tuoi progetti? Stai già lavorando a nuove opere?
Con i tempi che corrono è difficile organizzare nuovi progetti o fissare delle date. Comunque nell’autunno 2021 ho due personali, una a Tel Avi e una a Monaco di Baviera… Con quali progetti o idee non lo so dire, comincio a lavorare fra poco.

Willy Verginer. Rayuela
a cura di Luca Beatrice
catalogo vanillaedizioni con testi di Luca Beatrice, Gabriele Lorenzoni, Roberto Festi e un’intervista di Camilla Nacci all’artista

10 ottobre 2020 – 28 febbraio 2021

Studio d’Arte Raffaelli
Palazzo Wolkenstein
Via Marchetti 17, Trento

Orari: da lunedì a venerdì 9.30-13.30 e 15.30-19:30; sabato 10.00-12:00 e 16.30-18.30

Info: +39.0461.982595
info@studioraffaelli.com
www.studioraffaelli.com

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