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Mauro Italiano (Mauro149), Rocco Emiliano Fava (Ninja1), Marco Cimberle (Mach505), Emanuele Ronco (Rems182). Sono 4 e sono i Truly Design. Definirli un “collettivo artistico” può dire troppo, o meglio, troppo poco. Forse, più centrato potrebbe essere chiamarli “studio di progettazione” con una vaga assonanza a quelli di architettura. Con lo spazio pubblico hanno, in effetti, molto da spartire: da lì, dalla strada, sono partiti come writers e non si sono più fermati né tanto meno separati. Il concetto di crew, di gruppo, radicato nell’ambiente street li ha certo aiutati ma il resto della loro storia è tutta farina del loro sacco, dal quale tirano ciclicamente fuori competenze, attitudini ed esperienze differenti trasformandole in un’unica grande risorsa. Il loro modo di lavorare insieme e, allo stesso tempo, separati li ha fatti crescere ibridi e mimetici come un innesto dai risultati imprevisti. Dai graffiti all’illustrazione, dalla pittura alla grafica, la mostra allo Spazio Azimut di Torino è il ritratto di un percorso che può trasformare ognuno di noi in una  committenza…

Francesca Di Giorgio: Per come nasce, per la sua natura e struttura, la mostra allo Spazio Azimut ha il sapore di un’antologia. Vuole fare il punto su un percorso ricco ed insolito per il panorama artistico italiano. Per chi ancora non vi conosce: chi sono i Truly Design?
Mauro149: Siamo un collettivo nato come crew di graffiti writers. Quattro amici che, dipingendo assieme, si sono spinti oltre il writing, lasciando che la loro arte scaturisse dall’incontro dei graffiti con pittura, grafica, illustrazione. Ora, oltre alla nostra carriera artistica, lavoriamo anche come studio creativo con lo stesso nome.

Non vi chiedo di riassumere tutto il vostro percorso ma quali sono stati i momenti chiave per la vostra crescita? A proposito di Ibridi… Quando vi siete incrociati?
L’incontro con le istituzioni e la loro disponibilità a concedere spazi legali per i graffiti ci hanno sicuramente spinto ad una più approfondita ricerca artistica (supportata dagli studi), che a sua volta ha portato ad una crescita della qualità dei nostri lavori per strada. Questo ci ha permesso di approdare alle prime commissioni, che arrivavano (e tuttora arrivano) da persone che ci vedevano dipingere per strada.
Dipingendo assieme da più di sei anni i nostri stili si sono contaminati a vicenda, fondendosi in modo sempre nuovo e divertente. Così abbiamo scoperto, a volte per puro caso, come creare quegli “ibridi” che riteniamo rappresentarci maggiormente.

Il pubblico – inteso come audience ma soprattutto come habitat – è per voi terreno di confronto, elaborazione e non ultimo committente del vostro lavoro. Come conciliate libertà d’esecuzione e opere su commissione? C’è un momento in cui vi dite: “questo è un lavoro per noi”?
Siamo nati artisticamente per strada. Il confronto diretto con il pubblico ci ha incoraggiati, ci ha fatto riflettere e ci ha abituati a dialogare anche con chi ha difficoltà a comprendere il nostro lavoro. Personalmente, una delle cose che apprezzo di più dei graffiti è parlare con gli anziani che si soffermano curiosi di fronte a un mio lavoro. Rispetto al lavoro chiuso nel proprio atelier è una situazione decisamente più stimolante, che aiuta anche dal punto di vista caratteriale. Per rispondere, alla tua seconda domanda, lavorando senza committente si tende a essere un po’ più criptici e a voler soddisfare i propri capricci creativi, mentre avendo una committenza si ha quasi sempre le mani un po’ più legate. Per fortuna, essendo in quattro, con stili parecchio diversi, possiamo decidere chi dei quattro fa da “regista” a seconda del tipo di lavoro, del mood, del cliente, e via dicendo. Per fortuna, però, la maggior parte dei clienti si interessa al nostro lavoro perché attratti dall’impronta personale, quindi c’è sempre un buon margine di libertà creativa che ci viene concesso.

Ci guidate tra “vecchi” e nuovi cicli e collaborazioni?
Al piano inferiore dello spazio Azimut abbiamo affiancato due serie molto profonde: Interior Design e Power Illusion, entrambe inviti a guardare ben oltre l’apparenza e l’impressione. Sono serie prodotte nell’ultimo anno e mezzo e, a mio avviso, rappresentano due dei nostri momenti artistici più felici. Al piano superiore, i Tarocchi, che rivelano la nostra passione per l’illustrazione e la ricerca su ciò che rappresentiamo: sono alcuni dei nostri lavori più riusciti, anche se hanno ormai più di tre anni. Presentiamo anche le serigrafie realizzate con MissionToArt, esempio di come abbiamo declinato in quattro maniere completamente diverse la stessa tecnica (la serigrafia); anche i ritratti di Max Petrone dimostrano a loro volta come lo stesso soggetto venga visto in modi del tutto differenti da noi quattro. Insomma, ci piace che emergano le nostre differenze, pur facendo capire quanto siamo capaci di mediare i nostri gusti e agire coesi.

Graffiti, pittura, grafica e illustrazione. In un’antologica si mette molta carne al fuoco ma di solito si scoprono delle vere e proprie “chicche” e rarità. Quali sono le vostre?
Penso che ognuno di noi abbia le proprie opere preferite. Personalmente ritengo che la serie Interior Design, per quanto criptica e molto intima, sia un lavoro unico, con una forte componente emotiva e di una forza quasi esasperante.
Se vogliamo guardare oltre le opere singole, penso che la vera “chicca” sia proprio il presentarsi come generatori di ibridi, che ci battezza inequivocabilmente come figli del nostro tempo, in cui comunicazione, scambio, contaminazione, giocano un ruolo fondamentale nella formazione dell’individuo.

La mostra in breve:
IBRIDI
graffiti/pittura/grafica/illustrazione
Spazio Azimut 
Piazza Palazzo di Città 8, Torino
Info: +39 011 5692009
www.associazioneazimut.net
Inaugurazione 6 maggio 2010 ore 18.30 – 23.00
6 maggio – 6 giugno 2010

In alto da sinistra:
Truly Design + Man 23, Questo non è un graffito, 2006, Moncalieri (TO)
Ninja1, La Giustizia, 2006, stampa giclée su carta, cm 42×60
Mauro 149, Noooo not again!, 2009, china su carta, cm  70×50

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