Milano | Officine dell’Immagine | 28 marzo – 11 maggio 2019
Dal 28 marzo al 11 maggio 2019, la galleria Officine dell’Immagine di Milano presenta la prima personale italiana di Farah Khelil (Tunisia, 1980), una delle più interessanti voci dell’emergente panorama contemporaneo.
Curata da Silvia Cirelli, la mostra dal titolo Surfacing raccoglie una vasta selezione di opere mai esposte in Italia, nel tentativo di esplorare la grande versatilità di una giovane interprete che continua a sorprendere con un’estetica ricercata e incisiva, profondamente legata agli scenari dell’universo interiore.
Già distintasi con partecipazioni internazionali come al British Museum di Londra, al Museo Es Baluard di Palma di Maiorca o a Undercurrents Projects di New York, Farah Khelil spicca per una matura grammatica stilistica strettamente connessa a una forte connotazione autobiografica.
I diversi linguaggi esplorati dall’artista – che spaziano dalla fotografia, al disegno, l’installazione e il video – non solo dimostrano la grande ecletticità espressiva di Khelil, ma confluiscono in un vocabolario estetico che vede la memoria culturale e storica come essenziali basi da cui partire per testimoniare il prezioso valore del ricordo. Come vere e proprie esperienze sensoriali, le opere di Farah Khelil rappresentano, infatti, un repertorio emozionale che emerge da un procedimento di sovrapposizione di relazioni, associazioni e piani di lettura differenti che confluiscono però nel tentativo di comprendere il presente attraverso il passato. Non mancano dunque riferimenti alla Storia dell’Arte, alla filosofia, o rimandi letterali che s’intrecciano in un mosaico di confessioni che vede il concetto di “appropriazione” al centro della narrazione. Il recupero di ritratti di famiglia, come in Notes de Chevet; di storiche immagini di paesaggi tunisini, come nell’installazione Fouilles; o i residui di tessuti domestici quali pizzi o stoffe antiche come nel trittico Tenir le Fil e nel suggestivo comodino Notes de Chevet, sono elementi che affiorano dall’universo privato dell’artista ma che, a poco a poco, accompagnano lo spettatore verso una lettura più universale. L’urgenza di farsi custode di una memoria culturale, diventa presto di risonanza collettiva, “contaminando” l’intera struttura artistica.
La scrittura, così come la lettura, simboleggiano per Khelil importanti principi di trasmissione, ed è per questo loro valore comune che li ritroviamo costantemente nel percorso narrativo. Sotto forma di dedica sul retro di una cartolina (Point of view, listening point Clichés II), come documento d’archivio della storia della famiglia Khelil (Notes de Chevet) o nelle frasi incise sulle diapositive di Fouilles, le parole scritte fungono da depositarie di un ricordo, un’emozione, un’esperienza vissuta, e in quanto tali rappresentano piccoli ma essenziali tasselli dell’attuale storia culturale e sociale.
Sul ponte metaforico fra passato e presente, l’artista proietta la propria trama culturale, una trama che sul concetto evolutivo della storia costruisce la propria legittimità.
Scrive Silvia Cirelli nel catalogo edito Vanillaedizioni: “Come frammenti di vita, di profumi, di colori, di tessuti vissuti, le narrazioni private di Farah Khelil hanno costantemente una risonanza collettiva, sono come vere e proprie “scatole dei ricordi” dense d’impliciti rimandi. Sono allegorie lessicali che mostrano la complessa relazione fra ricerca estetica e documentazione storica. Su questo ponte metaforico fra passato e presente, l’artista proietta il proprio spazio culturale, uno spazio vissuto che sul concetto evolutivo della storia costruisce l’autenticità del racconto”.
Farah Khelil. Surfacing
a cura di Silvia Cirelli
28 marzo – 11 maggio 2019
Inaugurazione: giovedì 28 marzo, ore 19
Officine dell’Immagine
Via Carlo Vittadini, 11 – 20136 Milano
Catalogo: Vanillaedizioni
Info: 02 9163 8758
www.officinedellimmagine.com