PARIGI | GALERIE THADDAEUS ROPAC | FINO AL 14 GENNAIO 2017
di STEFANO BIANCHI
È stato l’artigiano del ready-made, l’iperattivista gestuale che ha iniziato negli Anni ’50 coi monocromi e ha allestito un letto con cuscino, lenzuola e coperta imbrattati di colori, macchie, mescolanze. Ha fatto il neodadaista coi Combines, che intrecciavano pennellate post-Pollock e “objects trouvés”; e ancora, ha anticipato la Pop Art americana con bottiglie di Coca-Cola alate e immagini estrapolate dai massmedia, John Fitzgerald Kennedy in testa.
A Robert Rauschenberg (1925-2008), primo artista statunitense ad aggiudicarsi nel 1964 il Gran Premio per la Pittura alla Biennale d’Arte di Venezia, la Galerie Thaddaeus Ropac di Parigi dedica la mostra intitolata Salvage che ben si integra con la grande retrospettiva in svolgimento alla Tate Modern di Londra e poi, fino a marzo 2018, in programma al MoMA di New York e al San Francisco Museum of Modern Art. Corpus di quadri dalle gigantesche dimensioni realizzati dal 1983 all’85, Salvage non è solo l’ultima serie su tela dipinta e serigrafata con fotografie tratte da riviste o scattate dall’artista texano, ma evoca autobiograficamente i soggetti e le tematiche degli iconici Silkscreen Paintings elaborati agli inizi degli Anni ’60.
Benché utilizzino procedimenti di stampa commerciali e si concentrino perlopiù sull’immaginario massmediologico, queste sono opere esplosive, espressioniste, di indiscutibile potenza pittorica. Rauschenberg amava giocare con le parole, ma il significato di “salvage” (salvare) è piuttosto ambiguo: dal punto di vista storico, è un termine preso in prestito dal lessico marittimo che si riferisce all’atto di salvare i sopravvissuti da un naufragio e all’azione di recupero dei beni che sono stati messi in salvo. Come titolo, Salvage gioca sull’ambivalenza fonetica con “selvage”, che sta a indicare un bordo del tessuto destinato a essere tagliato e di conseguenza scartato; e allo stesso tempo ricorda l’importanza dell’uso delle immagini e degli oggetti trovati, cara fin dagli esordi all’artista.
Nel caso specifico, ci si può riferire ai teli “recuperati” che Robert Rauschenberg adopera nel 1983 per serigrafare i costumi di Set and Reset, la coreografia di Trisha Brown per la quale collabora poco prima di dare inizio a questo ciclo di quadri. L’artista riteneva che la pittura fosse indissolubilmente legata «all’arte e alla vita. Per quanto mi riguarda, mi sforzo di agire fra l’una e l’altra», ha modo di dichiarare nel 1959. Sicchè 25 anni dopo concepisce queste opere che oscillano, letteralmente, fra arte e vita innescando un dialogo continuo fra spettatori, mondo circostante, storia dell’arte.
Contrapporre immagini serigrafate al dipingere gestuale, significa incorporare nella pittura schegge di realtà. Arrivando a considerare il mondo alla stregua di un gigantesco dipinto, Rauschenberg esplora molteplici temi utilizzando motivi ricorrenti (biciclette, automobili, animali da fattoria, architetture, scene di sport) che riflettono un rinnovato interesse nei confronti della fotografia, che a sua volta si identifica con la memoria e la cosiddetta archeologia del presente. Per queste ragioni, Salvage è fra i maggiori successi della sua carriera.
Robert Rauschenberg. Salvage
Fino al 14 gennaio 2017
Galerie Thaddaeus Ropac
7 Rue Debelleyme, Parigi
Info: 0033 1 42729900
www.ropac.net