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Reggio Emilia | Collezione Maramotti | dal 3 marzo 2019

Per la prima volta dall’apertura al pubblico della Collezione Maramotti nell’ottobre del 2007, dieci sale del secondo piano dell’esposizione permanente saranno riallestite per accogliere alcuni dei progetti presentati nei primi dieci anni di apertura: Enoc Perez (2008), Gert & Uwe Tobias (2009), Jacob Kassay (2010), Krištof Kintera (2017), Jules de Balincourt (2012), Alessandro Pessoli (2011), Evgeny Antufiev (2013), Thomas Scheibitz (2011), Chantal Joffe (2014), Alessandra Ariatti (2014).
Questa serie di esposizioni personali offre una panoramica, seppur parziale, sul work in progress portato avanti dalla Collezione attraverso l’invito ad artisti italiani e internazionali – in un momento particolare nello sviluppo della loro ricerca – a realizzare un nuovo corpus di opere da presentare al pubblico e che, successivamente, sono entrate a far parte del patrimonio.
Il percorso si snoda attraverso progetti diversi, in cui il costante interesse per l’evoluzione del linguaggio pittorico si accompagna a un’attenzione per nuove forme espressive e a un’interrogazione sullo statuto dell’opera d’arte, sempre con una forte tensione verso il futuro, una pre-visione attraverso cui coglierne le tracce.
Questo riallestimento – che rappresenta un momento di riflessione sulla Collezione e sul suo avanzamento – è accompagnato da una piccola mostra temporanea, a piano terra, di documenti, libri e opere dagli archivi della Collezione e dalla biblioteca, luoghi vivi di conoscenza e approfondimento. Questi materiali valorizzano, attraverso alcuni significativi esempi, la vitalità del processo di creazione delle opere d’arte e le connessioni permeabili tra i diversi nuclei di raccolte della Collezione.

Evgeny Antufiev, Untitled, 2012, stoffa, filo, colla, dente, cristallo / fabric, thread, glue, tooth, crystal, 55 x 16,5 x 11,5 cm, © and photo: the artist

Progetti del Rehang 2019:

Casa Malaparte di Enoc Perez è stato il primo progetto esposto nel 2008 nella Pattern Room della Collezione. Due grandi tele – realizzate con un procedimento pittorico complesso, stratificato e senza uso del pennello – rimandano a un’interrogazione sul ruolo odierno della pittura, attraverso la rielaborazione di un’icona dell’architettura modernista italiana. La ricerca di Perez sulle architetture dagli anni Venti agli anni Cinquanta indaga la trasfigurazione di questi edifici nell’immaginario collettivo: metafore di potere, bellezza e ottimismo verso il futuro, venate di nostalgia e disillusione per il sogno svanito.

La sala/ambiente che accoglie il progetto di Gert & Uwe Tobias (2009) presenta xilografie di grandi dimensioni, disegni e sculture.
In queste opere si fondono elementi iconici tratti dalla cultura popolare della loro terra d’origine (la Transilvania), immagini del folklore europeo e un linguaggio formale contemporaneo che trova i suoi antecedenti artistici nel primo Modernismo, in Klee, nel Costruttivismo, nell’Art Brut. Di grande coerenza visiva, il lavoro dei gemelli Tobias unisce una straordinaria immediatezza e un’ironica tendenza postmoderna alla citazione.

Jacob Kassay, Untitled, 2009, acrilico e depositi d’argento su tela / acrylic and silver deposits on canvas, 122 x 91 cm
© the artist, Ph. Ron Amstutz

Nel 2010 il giovane artista Jacob Kassay ha realizzato una serie di tele argentee e riflettenti che accolgono presenze fantasmatiche della pittura sottostante e, nel contempo, assorbono e restituiscono lo spazio esterno all’opera. Gli elementi concettuali del monocromatismo, dell’oggettivizzazione del pigmento pittorico, della riflessione di colore, movimento e forma, assumono centralità nella sua ricerca e vengono codificati in un’originale metafisica della superficie pittorica, in una nuova forma di astrazione, fortemente lirica, con un riferimento alla fotografia.

La grande installazione a terra Systemus Postnaturalis è parte del più ampio progetto Postnaturalia che Krištof Kintera ha creato per la Collezione nel 2017, una riflessione giocosa ma anche amara sul rapporto tra Natura, scienza e tecnologia, nel quadro di una complessa interrogazione sociale e politica sul nostro tempo. La sala presenta un tappeto sintetico di piante che cresce tra un’intricata rete radicolare di rame, isole raccordate tra loro da percorsi esperibili dal visitatore. La luce della stanza, artificiale e artificialmente pilotata, ne favorisce la crescita.

Per la mostra Parallel Universe (2012) Jules de Balincourt ha dipinto contemporaneamente alcune tavole che sono entrate in dialogo tra loro, risultato di uno stesso processo creativo. Queste opere possono essere lette come una mappa di parti liberamente intrecciate, tesa ad esplorare e registrare le relazioni che intercorrono tra rappresentazione, astrazione e gesto pittorico. Il lavoro di de Balincourt è imperniato sul concetto di polarità di forze e di energia, espresso attraverso un approccio alla pittura fortemente intuitivo.

Jules de Balincourt, Waiting Tree, 2012, olio e acrilico su tavola / oil and acrylic on panel, 198 x 221 cm, © the artist, Ph. Joseph Desler Costa

Le tre grandi tele del 2011 di Alessandro Pessoli si richiamano evocativamente l’una con l’altra e assumono come matrice, come “fiamma pilota”, il complesso soggetto della Crocifissione. La pittura di Pessoli è eclettica, ricca di memorie e sedimentazioni storiche (dalla Metafisica, al Surrealismo, alla cultura visiva popolare) con le quali intrattiene un’adesione empatica, riuscendo perfettamente a interiorizzare il senso di una continuità nella storia dell’arte. In questo progetto immagini appartenenti a una tradizione iconografica religiosa si attualizzano e divengono portatrici di potenziali reinvenzioni figurali.

La sala di Evgeny Antufiev è un estratto di Twelve, wood, dolphin, knife, bowl, mask, crystal, bones and marble – fusion. Exploring materials (2013), grande e articolato percorso espositivo ideato dall’artista come un’esperienza percettiva di trasformazione per il visitatore, in cui materiali e oggetti abbandonano la loro identità per ri-entrare in una dimensione archetipica. Antufiev mette costantemente in opera una varietà di materiali – stoffa, cristalli, meteoriti, ossa, insetti, marmo, legno – e di oggetti apparentemente privi di correlazione tra loro, ma che si fondono all’interno delle sue installazioni con un processo che richiama le operazioni alchemiche e la pratica sciamanica.

Il fiume e le sue fonti, progetto concepito da Thomas Scheibitz nel 2011, include tre grandi tele astratte che evocano la scena e gli elementi plastici del teatro suprematista e del Bauhaus, e una scultura che appare come la versione monumentale di un geroglifico estrapolato da un linguaggio sconosciuto. Nella complessa struttura compositiva delle opere di Scheibitz i diversi elementi iconici alludono a trasposizioni astratte, para-geometriche, di figure e segni tratti dal deposito collettivo di immagini che la cultura visuale storica e i diversi media, dalla pubblicità al cinema, mettono oggi a disposizione.

Alessandro Pessoli, Fiamma pilota, 2011, olio, smalto, vernice spray su tela / oil, enamel, spraypaint on canvas, 195 x 300 cm, © the artist, Ph. Fredrik Nilsen

Nel 2014 la Collezione ha presentato Ritratto di donne, che racchiudeva i progetti Moll di Chantal Joffe e Legami di Alessandra Ariatti, artiste che hanno concentrato la loro ricerca artistica sul ritratto, una tradizione figurale che ha percorso ininterrottamente l’arte dal Quattrocento a oggi.
Joffe rappresenta quasi ossessivamente una sola figura a tutto campo con pennellate estremamente sciolte, che fondono i dettagli del viso, dei vestiti e dell’ambiente in un unico flusso pittorico. In questo nucleo di lavori il soggetto è la nipote, all’epoca sedicenne, giunta a una età in cui la dimensione interiore è densa di sogni e al contempo di imperscrutabile mistero. Questa condizione esistenziale può essere estesa alla modalità in cui l’artista presenta in generale l’identità femminile, con una “ambiguità” che genera complessità.
Ariatti dipinge gruppi di figure che hanno una precisione  iper-fotografica, funzionale alla possibilità di sondarne la profondità psicologica e l’intensità di interrelazione umana. L’artista si sofferma essenzialmente sui volti e sull’accentuazione del loro costituirsi in un mini-nucleo sociale, sottolineato dal titolo generale che ha dato al suo gruppo di opere. Ciò che le interessa, nella pratica lentissima della sua pittura, è la possibilità di mettere in luce una relazione tra i soggetti delle opere e l’artista, generando un dialogo con lo spettatore.

Rehang

 Dal 3 marzo 2019
Inaugurazione su invito: 2 marzo 2019, alle ore 18.00, alla presenza di alcuni artisti

Collezione Maramotti
Via Fratelli Cervi, 66 – 42124 Reggio Emilia

Info:
tel. +39 0522 382484
info@collezionemaramotti.org
www.collezionemaramotti.org

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