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a cura di Alessandra Redaelli

La ricerca di Antonio Sannino lo ha portato, negli anni, a mettere la luce sempre più al centro del proprio lavoro pittorico, usandola come il grimaldello in grado di far saltare la forma e ribaltare la percezione, per arrivare a un risultato visivo perennemente oscillante tra la figurazione e un’astrazione di matrice informale. Se da un lato il cervello riconosce in maniera inequivocabile il dettaglio dei tronchi – fino alla consistenza scabra e sbiancata della betulla – delle radici, dell’andamento contorto dei rami, nel caso del paesaggio, così come non può non leggere la prospettiva di una strada e le quinte dei palazzi nelle linee oblique, orizzontali e verticali delle vedute urbane, l’immagine si presenta alla retina scomposta, frammentata, come nell’istante dell’esplosione. Per lo sguardo, dunque, il primo impatto è una marea montante di colore, di luci lampeggianti e cangianti; una vibrazione, un brulichio che sembra aggiungere alla visione dell’opera anche la connotazione sonora del brusio. Dapprima l’artista ha ottenuto questo risultato con la carta, applicando su tela una grammatura ruvida che assorbiva la parte più grassa dell’olio lasciando in superficie i pigmenti e dando all’insieme una seduttività tattile. Di recente ha modificato il supporto ed è passato all’alluminio. Il colore a olio assume sulla superficie liscia una consistenza serica che viene poi enfatizzata dall’applicazione, sopra al dipinto, di una resina che ha lo scopo di vetrificare i colori e che aggiunge un ulteriore effetto illusionistico di movimento. Il risultato finale è quello di una visione emotiva, di un’impressione retinica immobilizzata nell’istante perfetto in cui è la luce a definire le forme, in una sorta di rivisitazione contemporanea delle atmosfere pulviscolari dell’Impressionismo unite alla frenesia del Boccioni futurista.

Antonio Sannino in mezzo a una parte dell’installazione Inner outside (otto tele dipinte ad olio 2 metri di altezza per 140 cm ognuna per una lunghezza totale di 11,2 metri) installata alla Reggia di Caserta ad aprile 2016

1 – Definisciti con tre aggettivi.
Versatile, estroverso, curioso.

2 – Qual è stato il momento in cui hai capito di essere artista?
Non ho mai pensato di essere un artista, amo dipingere da sempre quello che sento e che mi attrae. Il primo disegno che ho fatto da bambino, a nove anni, è stato il personaggio di Mastro Geppetto dal libro di Pinocchio: da allora non ho mai smesso di dipingere.

3 – Hai scelto la pittura perché…
Sono sempre stato inebriato dalla vista dei colori sulla tavolozza e dall’odore dell’olio di lino… e questo ha determinato in me la scelta della pittura su qualsiasi supporto.

4 – L’opera d’arte che avresti voluto realizzare tu.
Le Ninfee di Monet, mi hanno sempre affascinato per la delicatezza e l’armonia.

5 – Qual è il momento più emozionante della tua giornata?
La scelta dell’opera da realizzare e il momento in cui inizio a dipingere preso dall’entusiasmo di una nuova esperienza.

6 – L’arte è ispirazione o applicazione?
Ispirazione e applicazione, l’una non può fare a meno dell’altra.

7 – Chi eri nella tua vita precedente?
Credo un pittore, non mi vedrei in nessun altro modo.

8 – Tre qualità che non possono mancare all’artista del Terzo Millennio.
Preparazione, intuito, determinazione.

9 – Il sogno che non hai ancora realizzato.
Ho tanti sogni da realizzare senza i quali non riuscirei a vivere.

10 – La bellezza salverà il mondo?
La bellezza e l’arte salveranno il mondo.

www.antoniosannino.it

Leggi anche: Archivio Pillole d’Arte da #1 a#25

Antonio Sannino, Through the red, 2020, oil on aluminum and epoxy resin, cm 150×150. Foto di Felice De Martino

 

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