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MILANO | Podbielski Contemporary | 15 ottobre dicembre 2020

di PIETRO BAZZOLI

Osservando i muri di marmo e i viali polverosi ritratti nelle fotografie sulle pareti della galleria Podbielski Contemporary di Milano non si può far a meno di avvertire una nota intima e stranianti insieme: sono visioni, scorci rubati di un Bel Paese difficile da riconoscere.
Forse si tratta di istantanee più propriamente riconducibili al ricordo del singolo, piuttosto che alla nazional popolare iconoclastia di un paese da cartolina. È, dunque, tale punto di osservazione particolareggiato che rende in modo assai più peculiare e interessante una realtà dai contorni intangibili, sfumati; luoghi dove, sebbene la singolarità prevalga sulla massa, si assiste a un’affermazione così forte della poetica da renderne universale il valore. Senza stupirsi se quello ritratto sia un luogo che si dovrebbe o potrebbe conoscere: è un’altra Italia, vissuta esclusivamente attraverso la lente della macchina fotografica. Un paese che si fa vettore di storia e di memoria, una sorta di contraltare rispetto ai non-luoghi definiti dall’antropologo francese Marc Augé, per cui “la vista delle rovine ci fa intuire l’esistenza di un tempo che non è quello di cui parlano i manuali di storia o che i restauri cercano di resuscitare. È un tempo puro, non databile, assente dal nostro mondo d’immagini, di simulacri e di ricostruzioni”.

Ilaria Abbiento, Quaderno di un’isola, 2019 Courtesy Podbielski Contemporary, Milano

Un’Italia, dunque, non canonica bensì ampiamente filtrata dallo sguardo interiore dei diversi fotografi, in un misto di prospettive che sfondano la dimensione metafisica surclassando l’elemento tangibile dell’oggetto.
Non è difficile immaginare il parallelismo esistente tra questi luoghi romantici sentimentali e la pandemia in atto, come se la fotografia fosse momento di rifugio per allontanarsi dalle sofferenze del presente, lasciandosi cullare da una atemporalità lontana persino dalle nozioni della fisica. Ne consegue un concentrarsi sulla materia del ricordo tale da ridurre lo spazio in favore di un tempo che appare tanto più infinito quanto, oggi, si avverte nel suo scorrere. D’altronde, come osserva il filosofo Roberto Diodato, “noi siamo fatti di tempo, siamo forme di tempo spezzato, pezzi di divenire, eventi, e il mio io non è altro che ricordo e memoria, imprecisa e intermittente”.

Marco Dapino, Lux- Tetrahedron, 2011, Inkjet print su carta Hahnemuhle Baryta, wooden frame/signed verso, 63×43 cm Courtesy Podbielski Contemporary, Milano

Un eccesso di sentimentalismo, forse, se analizzato dal clinico cinismo a cui la cronaca odierna ha abituato lo spettatore italiano, ma come biasimare l’animo fragile dell’essere umano che colto nell’ora d’annata del travaglio emotivo, fisico, affettivo, contestuale e futuribile cerca in un paesaggio muto qualcosa che possa lenirne le sofferenze? Sono ore sospese dove tutto è possibile, persino un’insperata Salvezza.
A riprova di ciò, tra i tanti artisti presenti in mostra, il cuore al neon di Fabrizio Ceccardi (1960), vissuto con forza nel contrasto tra luce e oscurità, un’alternanza che pare simile al muscolo cardiaco; così come l’intensa poesia Luigi Ghirri (1943-1992), che nelle sue fotografie ritrae un presente divenuto troppo velocemente un malinconico passato. Allo stesso modo fanno le fotografie di Augusto Cantamessa (1927-2018), che narrano un universo di vita intriso di atmosfere piemontesi, uno spaccato sociale e culturale dal forte valore umano. Come racconta Bruna Genovesio, “le sue immagini sono un caleidoscopio di stati d’animo e atmosfere rappresentative di un mondo che mutando continuamente, rimane intatto nelle sue peculiarità umane e naturali”. Atmosfere a che si susseguono negli scatti di Ilaria Abbiento (1975): stregata dal mito del viaggio, coglie l’occasione di scoprire parti di sé attraverso gli scorci di una Sardegna inedita sino a giungere a una ricerca interiore.

Massimo Siragusa, Il Cretto Grande #7687, 2018, 100×150 cm Courtesy Podbielski Contemporary, Milano

Luca Campigotto (1962) propone una veduta di Venezia secondo la prospettiva capovolta di Palazzo Grimani: La Tribuna, viene ripresa secondo il gioco prospettico del “sotto in su”, sulla scia dei pittori illusionistici attivi tra il tardo cinquecento e l’inizio del seicento. La scultura riprende un giovane Ganimede, appeso al centro della sala nell’istante in cui viene rapito da un’aquila mandata da Zeus o, secondo quanto tramandato da Ovidio, impersonata dallo stesso Dio.
La sottile dicotomia che si crea tra i tempi e gli spazi sospesi dell’abitare metropolitano è al centro dell’opera di Marco Dapino (1981), che ispirandosi ai versi delle poesie dello scapigliato Delio Tessa, accompagna lo sguardo del visitatore a immergersi nella scoperta di Milano. Le foto in mostra colgono il tetraedro luminoso ospitato all’ingresso della Stazione Centrale, luogo simbolo della realtà meneghina densa di vite e appuntamenti col destino, svelandone il lato più misterioso, magico e occulto, e mettendo a fuoco l’interazione esistente fra l’uomo e lo spazio circostante. Massimiliano Gatti (1981) propone la serie Anche tu sei collina, ispirata dalla raccolta di nove poesie che Cesare Pavese pubblicò per la prima volta nella rivista Le tre Veneziane, nel 1947. Il “pal di castegn” sorregge le viti, instancabilmente immerso nella terra, arsa d’estate e fradicia d’inverno. Thomas Jorion (1976) propone una serie di scatti tratti da Veduta, progetto fotografico realizzato tra il 2009 e il 2019, in occasione di un Grand Tour lungo la penisola italiana. Un percorso che affonda le proprie radici nei secoli scorsi e che, proprio da essi, pare recuperare una vena decadente, racchiusa nei luoghi abbandonati colmi di magia che ha incontrato.

Luigi Ghirri, Ravenna Rocca Brancaleone scenografia di Aldo Rossi per la Lucia di Lammermoor, 1987 Courtesy Podbielski Contemporary, Milano

In mostra, spazio anche al giovanissimo Jacopo Valentini (1990), che raggiunge il suo culmine nella serie di Volcano’s Ubiquity, suo primo lavoro che verte su un neologismo: la vulcanicità. Il progetto fotografico, raccoglie una serie di riflessioni attorno all’immagine del vulcano Vesuvio, elemento distintivo della città di Napoli. L’obbiettivo centrale della sua ricerca consiste nel decontestualizzare determinati elementi di un luogo, strappandoli e reinserendoli in uno spazio distante dall’habitat naturale, come nel caso del biscotto di San Gennaro esposto in mostra.

Ore Sospese. Un Diario Italiano
a cura di Pierre André Podbielski e Maud Greppi

Artisti: Luigi Ghirri, Augusto Cantamessa, Ilaria Abbiento, Luca Campigotto, Bruno Cattani, Fabrizio Ceccardi, Roberto Cotroneo, Marco Dapino, Massimiliano Gatti, Thomas Jorion, Ugo Ricciardi, Marco Rigamonti, Massimo Siragusa, Jacopo Valentini, Francesco Zizola

15 ottobre dicembre 2020

Podbielski Contemporary
Via Vincenzo Monti 12, Milano

Orari: da martedì a venerdì 14.30-19.00; sabato su appuntamento
Ingresso libero

ATTENZIONE: Le visite sono regolate dall’attuale normativa Covid-19

Info:+39 338 238 1720
info@podbielskicontemporary.com
www.podbielskicontemporary.com

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