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MILANO | Nuova Galleria Morone | 9 settembre – 31 ottobre 2020

di ALICE VANGELISTI

L’arte e la fotografia raccontano il fermento femminista a Milano dalla metà degli anni Settanta. Questo è lo spirito della mostra in corso da Nuova Galleria Morone a Milano, che tramite la collettiva Gesti di Rivolta. Arte, fotografia e femminismo a Milano 1975-1980, a cura di Cristina Casero, dà spazio ad artiste e fotografe che nella loro pratica hanno valorizzato e sviluppato temi legati al femminismo e alla condizione della donna nel mondo a loro contemporaneo. È così che la mobilitazione femminile di quegli anni trova spazio in maniera più o meno evidente nel lavoro di interpreti che si impegnano attraverso la loro ricerca a riflettere sull’identità femminile e sul ruolo della donna nella società moderna.

Libera Mazzoleni, L’odalisca, 1973-2019, stampa fotografica in bianco e nero Courtesy l’artista e Nuova Galleria Morone, Milano

In particolare la mostra si concentra sul punto di vista della città di Milano, epicentro di un movimento fatto di idee e ideali collettivi richiamati attraverso una “ricostruzione artistica” delle esperienze femministe che hanno animato il contesto urbano a partire dalla metà degli anni Settanta. Infatti, arte e fotografia diventano una nuova voce per raccontare le rivendicazioni femministe in un periodo storico fondamentale per l’affermazione della donna contemporanea in una società tipicamente patriarcale. In quegli anni, il femminismo diventa una questione scottante e in particolare è un fenomeno difficile da ignorare: in questo modo, le artiste – ognuna secondo la propria sensibilità e la propria ricerca – sono riuscite a ritagliarsi un proprio spazio all’interno di un sistema governato tendenzialmente dagli uomini per raccontare il loro essere donne attraverso la propria linea creativa ed espressiva. In questo senso, l’esposizione si configura come uno spaccato di un universo ben più ampio e profondo rappresentato attraverso una sistematica ricognizione in grado di stimolare un’indagine ulteriore sulla vicenda storica e artistica che ha movimentato il contesto milanese, ricco di esperienze e attivo in un fermento collettivo.
La mostra si caratterizza, quindi, attraverso l’esposizione di materiali che richiamano a questa mobilitazione, ma che denunciano una differente maniera di interpretare tale fenomeno: infatti, sono presenti diverse modalità espressive, le quali a loro modo riesco a delineare lo sfaccettato universo delle manifestazioni femministe a Milano. Mezzi differenti che mettono in scena però un unico spirito comune: quello di raccontare la donna e il suo ruolo nella società, sottolineando ed andando oltre a tutti quegli stereotipi che per secoli ne hanno incatenato la figura al ruolo di madre e moglie. In questo senso, le artiste stesse si rappresentano al di fuori di queste convenzioni, dando vita a un’estetica in grado di ritagliarsi un posto nella società e nel mondo dell’arte.

Paola Mattioli, Pance, 1975, stampa baritata ai sali d’argento Courtesy l’artista e Nuova Galleria Morone, Milano

Libera Mazzoleni, ad esempio, attraverso Odalisca (1973-1974), mette in scena in maniera personale e intima un corpo femminile che si scompone in una serie di dettagli in grado di evocare una molteplicità di gesti e forme attraverso un mosaico composto da fotografie in cui ritrae parti del suo corpo. In questo modo, ogni singola immagine restituisce un particolare della fisicità femminile, ma estraniandola completamente dalla sua tradizionale rappresentazione. Il riferimento alla storia dell’arte è infatti ben evidente dal titolo – che richiama a La Grande Odalisca di Ingres – ma qui l’artista scardina la visione convenzionale del corpo nudo della donna, indagandolo nei suoi particolari per restituirne poi una rappresentazione frammentaria ma identitaria, in modo da focalizzarsi su una rilettura dell’immaginario collettivo al femminile per riappropriarsi del proprio corpo rispetto all’interpretazione tipica della cultura maschilista dominante.
Restando sul tema del corpo femminile, la serie fotografica Pance (1975) di Paola Mattioli, si concentra in particolare sulla condizione della sua modificazione in relazione alla maternità. Un tema cardine per il femminismo e caro anche all’artista, che in questo caso particolare ritrae la sua pancia in una serie di cinque scatti mentre era in attesa della figlia. Ma la maternità indagata da Mattioli non è quella a cui siamo convenzionalmente abituati: infatti, alla classica rappresentazione di una pancia gravida, l’artista sovrappone a collage una serie di elementi che simbolicamente fanno riflettere sul dualismo che si crea tra la naturalezza fisica tipica di una futura madre e i differenti modi in cui la società la interpreta. L’artista mette così in campo uno sguardo alternativo della donna-madre, dando vita a un’indagine visiva sulla sua dimensione nella società dell’epoca e sulla sua identità.

Marcella Campagnano, L’invenzione del femminile RUOLI, 1974, stampa fotografica in bianco e nero Courtesy l’artista e Nuova Galleria Morone, Milano

Il ruolo di madre è solo uno di quelli convenzionalmente attribuiti dalla società alla donna. In questo senso, Marcella Campagnano indaga il ruolo stereotipato che le viene assegnato nella quotidianità in L’invenzione del femminile: RUOLI (1974). In questa serie fotografica l’artista ritrae i diversi ruoli con i quali le donne sono state “etichettate” e le differenti parti che sono portate ogni giorno a interpretare, dando così vita a un complesso mosaico di figure che si fa specchio della sua contemporaneità. L’artista mette quindi in scena una sorta di campionatura chiara ed efficace, evidenziando come convenzionalmente le donne vengono viste quasi solamente in relazione ai ruoli che la società ha loro assegnato nel corso dei secoli.
Una natura femminile che si manifesta non più attraverso il corpo ma che è evocata grazie a una serie di oggetti che tipicamente richiamano all’universo delle donne è quella che si presenta nei lavori di Silvia Truppi. Mi ero identificata negli oggetti per averti (1975), Il luogo dei gesti scuri (1975) e Il luogo delle contraddizioni (1975) restituiscono così la figura femminile nella sua assenza corporea, ma per contro è esplorata attraverso gli elementi materiali che la identificano. A potenziare ulteriormente la forza visiva di tali immagini, l’artista associa a queste rappresentazioni una serie di frasi e parole che affiancandosi alla fotografia riescono ad aprire un’ulteriore riflessione sulla donna e sul suo modo di essere.

Gesti di rivolta – Arte, fotografia e femminismo a Milano 1975/1980
a cura di Cristina Casero
in collaborazione con MEMOMI (La memoria di Milano)
la mostra è inserita all’interno del programma Palinsesto 2020 “I talenti delle donne”, dedicato al protagonismo delle donne nella cultura e nel pensiero creativo, promosso e coordinato da Comune di Milano | Cultura
catalogo Gesti di Rivolta edito da enciclopediadelledonne.it

Artiste: Gabriella Benedini, Diane Bond, Marcella Campagnano, Carla Cerati, Mercedes Cuman, Fernanda Fedi, Paola Mattioli, Libera Mazzoleni, Maria Teresa Meneghini, Elisabeth Scherffig, Silvia Truppi e Collettivo Donne Fotoreporter (Liliana Barchiesi, Kitti Bolognesi, Giovanna Calvenzi, Marisa Chiodo, Marzia Malli, Laura Rizzi, Livia Sismondi)

9 settembre – 31 ottobre 2020

Nuova Galleria Morone
v
ia Nerino 3, Milano

Orari: da lunedì a venerdì 11.00-19.00; sabato 15.00-19.00

Info: +39 02 72001994
info@nuovagalleriamorone.com
www.nuovagalleriamorone.com

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