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Intervista a MICHELANGELO GALLIANI  di Chiara Canali

Michelangelo Galliani, titolare della cattedra di Tecniche del Marmo e delle Pietre dure presso l’Accademia di Belle Arti di Urbino, è stato proclamato vincitore, lo scorso 4 dicembre, del Franco Cuomo International Award per la sezione Arte 2019.
Michelangelo Galliani, dalla seconda metà degli anni Novanta ha inaugurato un’intensa attività espositiva che lo ha portato a presentare le proprie opere in Italia e all’estero. La sua ricerca si rivolge al linguaggio della scultura plasmando la materia per esplorare nuove formule espressive che meglio corrispondano alle suggestioni e inquietudini della nostra contemporaneità.

Fulvio Granocchia, Michelangelo Galliani, Cristian Contini, Otello Iottini (Presidente della Giuria), durante la Cerimonia di premiazione,, Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, Roma

Da sempre manipoli la tecnica del marmo con una maestria antica e uno sguardo contemporaneo. Per quale motivo continui a privilegiare l’utilizzo del marmo in una società come quella attuale in cui l’attenzione degli scultori si rivolge preferibilmente ad altre materie industriali o artificiali?
Spiegarti il perché è difficile così come è difficile spiegare perché ci si innamora di una persona piuttosto che di un’altra. È ancora un mistero, per fortuna. L’amore per il marmo è iniziato in tenera età e non è mai svanito. Ricordo già giovanissimo di aver pensato che con il marmo si potesse sostenere e proporre un linguaggio attuale e contemporaneo e molto lucidamente decisi di fare questa scommessa. Credo che la storia di questi ultimi anni mi abbia dato ragione. Visti i tanti scultori che si sono avvicinati di nuovo a questo materiale. Non c’è un materiale “migliore” o più attuale di un altro. La materia non deve mai essere il fine dell’opera, deve invece servire l’artista e piegarsi alla sua volontà nel tentativo di esprimere un concetto, un’idea, un racconto.

Michelangelo Galliani, Rebvs vitae, 2018, marmo statuario di Carrara e acciaio inox, cm. 130x55x60

Che importanza assume l’ideazione e progettazione dell’opera all’interno dello sviluppo della tua ricerca? In che modo avviene la genesi di una tua opera?
All’inizio e per diverso tempo ho avuto un approccio alla materia molto istintivo e gestuale. Non usavo modelli e non facevo disegni delle opere che realizzavo. Questo è vero tuttora anche se negli ultimi tempi tendo a progettare e ideare con più calma e riflessione le opere che realizzo. Talvolta mi capita di realizzare le mie opere in funzione di un racconto dove ogni scultura diventa un elemento per comprendere una narrazione più ampia. È il caso della mostra Rebvs Vitae, curata da Flavio Arensi alla Versiliana di Marina di Pietrasanta realizzata in collaborazione con la Galleria Continicontemporary di Londra. Non ho mai comunque un approccio unico e definito. Non amo ripetermi e ogni mia opera è un esemplare unico proprio in funzione di questo “metodo”, così intimo e personale.

Michelangelo Galliani, Il giardino, 2019, marmo bianco di Carrara, piombo e ottone, cm. 110x110x25

Come mai ti sei sempre rivolto a soggetti di stampo figurativo? 
Perché nonostante tutto l’esplorazione del corpo, la sua rappresentazione in marmo rimangono ogni volta un’esperienza unica e travolgente. E la sfida è crescente nel cercare di rendere sempre più perfetta la scultura che farò domani. Il marmo è magico proprio perché e così lontano dalla carne viva ma allo stesso tempo così vicino nel restituirci il suo aspetto. Quando mi stancherò farò altro. O niente.
Ho riflettuto proprio in questi giorni in cui ho inaugurato una personale presso il Palazzo Dogana della Provincia Autonoma di Trento, curata da Patrizia Buonanno, sul fatto che in fondo in questi anni in cui ho realizzato frammenti di corpi, parti anatomiche, volti, torsi, braccia ecc… Ho cercato di ricomporre una idea di umanità spezzata, frammentaria, destrutturata. Quasi fossero reperti da ricomporre in un unico brano di scultura universale.

Michelangelo Galliani, PGR, 2018, marmo bianco di Carrara e argento, cm. 33x33x56

In che modo si combina e si relaziona la tua attività didattica di titolare della cattedra di Tecniche del Marmo e delle Pietre dure presso l’Accademia di Belle Arti di Urbino con la tua ricerca d’artista?
L’aspetto più interessante riguardo l’insegnamento in un Accademia di Belle Arti è quando ti accorgi che sei riuscito ad accendere l’interesse e la curiosità per questa disciplina nello studente. Quando sei riuscito a toccare quelle corde che lasceranno un segno indelebile trasformando da quel momento la persona che hai davanti. Questo non ha prezzo e supera di gran lunga ogni aspetto negativo correlato a questo impiego. Inoltre il rapporto con persone più giovani è sempre stimolante e fonte di nuove conoscenze. Per il resto ritengo che le Accademie di Belle Arti andrebbero riformate completamente.

Quali traguardi vorresti raggiungere dopo il Franco Cuomo International Award?
Poter lavorare con la stessa gioia di sempre…

Il Franco Cuomo International Award, nato nel 2014 e presieduto da Velia Iacovino e Alberto Cuomo è il premio intitolato allo scrittore, giornalista e drammaturgo scomparso nel 2007; un riconoscimento che si propone di valorizzare nuove forme di espressione culturale, sociale e umana nel segno dell’opera di Cuomo, intellettuale sensibile e raffinato che sapeva analizzare l’agire umano e il mondo da molteplici punti di vista e che ha raccontato il suo tempo, attraverso la cronaca, la storia, i suoi romanzi e le sue pièce teatrali. L’iniziativa, che ha il patrocinio dell’ECPD, il Centro Europeo per la Pace e lo Sviluppo-Università della Pace delle Nazioni Unite, intende stimolare il dibattito nazionale e internazionale intorno ai grandi temi sociali, premiando quanti, tra i protagonisti del nostro tempo, si sono distinti nella Letteratura, nel Giornalismo e nella Saggistica, nel Teatro e nell’ Arte, ma anche in altri importanti segmenti della nostra società. 

Franco Cuomo International Award per l’Arte 2019
Premiato lo scultore Michelangelo Gallian– www.michelangelogalliani.net

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