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MILANO | Pirelli HangarBicocca | 31 ottobre 2019 – 23 febbraio 2020

di PIETRO BAZZOLI

Le opere luminose di Cerith Wyn Evans (Regno Unito, 1958) occupano l’imponente navata dello spazio industriale del Pirelli HangarBicocca a Milano e dimostrano come – ancora una volta – una delle più interessanti realtà a livello nazionale sia in grado di trasformare se stessa e lo spazio, con una proposta di grande rilevanza.
Certo, Pirelli HangarBicocca ha abituato il proprio pubblico a perdersi con lo sguardo nella grandiosità delle esposizioni che propone, di deciso impatto sulla sfera emozionale, pur senza precludere la forte componente di una ricerca che punta su una selezione attenta di artisti e poetiche peculiari, in un risultato sempre coerente e garante del proprio successo.

Cerith Wyn Evans, StarStarStar/Steer (totransversephoton), 2019, veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano 2019 Courtesy dell’artista; White Cube e Pirelli HangarBicocca. Prodotto con il supporto tecnico di INELCOM, Madrid. Foto: Agostino Osio

Anche questo nuovo progetto non fa eccezione: la mostra di Evans si colloca come un insieme di elementi caratterizzanti, quali la luce (prima di ogni altro), il suono, il movimento, all’interno di uno spazio-tempo apparentemente sospeso. Ed è proprio questa astensione, un momento di collisione e cortocircuito percettivo, a demarcare quel modo preciso con cui si avvolge lo spettatore. Un’esperienza che si rinnova opera dopo opera per ciascuna delle ventiquattro presenti, che si collocano con perfezione attenta nell’immenso spazio a disposizione – a volte più una sfida da vincere che una mera opportunità di collocazione.
Armonie, battiti, respiri meccanici e rifrazioni artificiali sono le situazioni avvolgenti di cui fruire, partendo dalle sette imponenti colonne luminose di StarStarStar/Steer (totransversephoton) (2019) che pulsano secondo una complessa intermittenza, tale da passare da uno stato di translucenza a uno di totale luminosità. Interessante è il connubio tra presenza-assenza della materia luminosa e l’obsolescenza del mezzo, messo in risalto dal fatto che alcune tecnologie sono necessariamente rimpiazzate da quelle nuove date dalla modernità: proprio come le lampade a gas di cui era originariamente formata l’opera, poi sostituite con quelle a LED.

Cerith Wyn Evans. “….the Illuminating Gas”, veduta della mostra, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2019. Courtesy dell’artista e Pirelli HangarBicocca, Milano. Foto: Agostino Osio

Altra opera d’indubbio interesse è Composition for 37 Flutes (in two parts) (2018): unica opera sonora della navata, è una scultura trasparente composta da due coppie di tubi circolari concentrici da cui si irradiano trentasette flauti di vetro. Come se fosse dotata di polmoni meccanici e seguendo un algoritmo pre-impostato, l’opera “inspira” l’aria circostante per emettere una melodia suonata a intervalli.
L’insieme di lavori che, però, cattura maggiormente lo sguardo per complessità, posizione e dimensione è Neon Forms (after Noh) (2015-2019), costituito da un intricato insieme di linee luminose nate apparentemente da una matrice insensata, però riconducibile a gesti e movenze tipiche del teatro tradizionale giapponese, il Noh appunto. Il repertorio codificato di gesti e movimenti, una coreografia denominata kata (metodo, in italiano n.d.r.), è così sintetizzato in uno schema che traspone in materia luminosa i passi, la rotazione della testa, le posizioni del ventaglio, il battito dei piedi sul pavimento e l’avvolgersi della manica del kimono. Ne risulta, dunque, una vera e propria testimonianza visiva e completa, quasi accavallata, unita in un’unica immagine che sovrappone in prospettive differenti ogni singolo momento. Eppure, proprio il tentativo di ricondurre a segmenti di luce l’estetica nipponica, crea un momento di stasi dove il movimento stesso è cristallizzato, intrappolato in tubi luminescenti che non ne consentono la fluidità.

Cerith Wyn Evans. Composition for 37 Flutes (in two parts), 2018, veduta dell’installazione, Pirelli HangarBicocca, Milano, 2019. Courtesy dell’artista; White Cube e Pirelli HangarBicocca. Foto: Agostino Osio

Ciò non toglie che sia il più accurato ed elegante metodo per riportare “a noi” qualcosa di estremamente lontano, seppur non riuscendo a tradurlo con le dovute sfumature: ne trasferisce i gesti, ne sintetizza le movenze, pur perdendo inesorabilmente l’insieme di sensazioni che il teatro tradizionale porta con sé.
Mettere in un’opera luminosa ogni movenza del teatro giapponese, forse, appare un po’ riduttivo. Bello il tentativo, spettacolare di certo, ma l’opera non trasmette compiutamente le medesime sensazioni, non riflette appieno ciò che è la base del teatro nipponico: l’esaltazione della tradizione, la codifica del gesto e la testimonianza del passato. Oppure questo non è un tentativo di riproduzione, bensì un semplice tributo all’azione drammaturgica.
Le opere continuano lungo la navata fino al Cubo, dove E=C=L=I=P=S=E” (2015) descrive, in un insieme di linguaggio poetico e di terminologia accurata, un’eclissi solare e la traettoria del fenomeno che attraversa differenti aree geografiche in diverse ore del giorno, dalla Penisola Iberica al Nordafrica, per concludersi in Somalia.

Cerith Wyn Evans. “…the Illuminating Gas”
a cura di Roberta Tenconi e Vicente Todolí

31 ottobre 2019 – 23 febbraio 2020

Pirelli HangarBicocca
Via Chiese 2, Milano

Orari: da giovedì a domenica 10-22

Info: info@hangarbicocca.com
www.pirellihangarbicocca.com

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