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PISTOIA | Galleria Vannucci | 1 dicembre – 3 febbraio 2020

Intervista a PIETRO GAGLIANÒ di Irene Biolchini

Apre il 1 dicembre a Pistoia, negli spazi della Galleria Vannucci, la mostra L’invenzione del corpo a cura di Pietro Gaglianò. Vincenzo Cabiati, Daniela De Lorenzo, Paolo Fabiani, Elena Nemkova sono chiamati a riflettere, attraverso differenti linguaggi – dalla ceramica alla stoffa, passando per il vetro – sull’immagine del corpo. In questa intervista Pietro Gaglianò ci racconta come è nata la mostra e cosa dobbiamo aspettarci…

Paolo Fabiani, Andate via, 2019, tecnica mista, dimensioni 85x103x82 cm

Nel Manifesto tecnico della scultura futurista Boccioni scriveva: “Bisogna distruggere il nudo sistematico; il concetto tradizionale della statua e del monumento!”. Nella tua ricerca hai già lavorato sul monumento e sul suo necessario ripensamento (penso al tuo libro Memento). Come si inserisce questa mostra all’interno del tuo percorso di ricerca? Come sono i corpi e le sculture che vedremo esposti?
Tutto il mio lavoro come critico d’arte – anche nelle sue declinazioni curatoriali – tende sempre a interpretare le decostruzioni e le rivelazioni delle strutture già consegnate. Questo è emerso nella ricerca sulla riconsiderazione dei monumenti e delle strutture egemoniche, ma – ancora prima – nella mia attività in prima persona nella sfera della danza contemporanea (dove mi sono occupato della capacità segnica del corpo). Il Novecento ci ha consegnato un corpo disperso, sia nella sua moltiplicazione di immagini-icona, sia nella disintegrazione della sua componente materica attraverso la rete. Abbiamo ereditato da questo Novecento una serie di esperienze anche estreme (come ad esempio quelle della body art) che mettevano in luce un corpo come arena. Quindi anche in questa mostra l’idea del corpo non si riferisce ad un’icona, ma si spinge piuttosto alla ricerca di una forma. Una forma che si raggiunge solo quando l’immagine del corpo non c’è più: tutti gli artisti invitati lavorano su  una rappresentazione che è mentale. C’è chi lo fa in modo diretto, quasi scientifico, e chi lo fa con l’impulso del gesto creativo. I corpi presenti in mostra sono l’esito dello sforzo immaginativo che la memoria compie dopo l’esperienza.

Daniela De Lorenzo, Uomo a rovescio, 2015, feltro, dimensione h 120cm

La rappresentazione del corpo che proponi si basa infatti su memoria e percezione sensoriale. In che modo memoria e percezione sensoriale si uniscono nel lavoro degli artisti che hai scelto di esporre?
Gli artisti che ho deciso di coinvolgere sono un gruppo di persone con cui lavoro da anni, con alcuni di loro c’è una collaborazione quasi ventennale. Tutti sono molto legati all’uso della materia scegliendo diversi media e sono soliti analizzare l’elemento tangibile e percepibile dai sensi. Questo emerge chiaramente guardando da vicino alcune opere, come quelle di Daniela De Lorenzo che presenta un’indagine sul senso di percezione della vertigine. Daniela lavora sempre sull’autoritratto: in una delle due tele c’è quindi l’impronta dei suoi piedi mentre cerca di sollevarsi (quindi compiendo uno slancio rispetto alla vertigine), mentre nella seconda si trovano una serie di raffigurazioni in scala 1:1 dei labirinti e dei nervi che collegano i labirinti allo stomaco. Tramite il ricamo viene quindi data una rappresentazione della percezione sensoriale del corpo.

Elena Nemkova, While I was not in love, I knew ver well what love is, 2019, n°6 pezzi metallici di gallio, (99.99%) sciolto dal calore umano, dimensioni varie

Elena Nemkova racconta, invece, una storia legata al suo percorso, avendo lavorato come dipendente di un laboratorio di Stoccolma dove le veniva chiesto di dare rappresentazione degli encefalogrammi. Da questa esperienza professionale ha ricavato queste grandi sculture che sono rappresentazioni di emozioni forti (dal lutto, all’eccitazione): la figurazione è quindi soggetta a come il corpo stesso reagisce alle sollecitazioni esterne. Per contro il lavoro di Paolo Fabiani è più diretto e gestuale: la sua è la rappresentazione di una serie di corpi in fuga che inevitabilmente rimanda alle storie di migrazione (dove l’illeggittimità abitativa si traduce in una irriconoscibilità anche dell’aspetto fisico). Per finire: Vincenzo Cabiati si muove su una dimensione più narrativa, come ad esempio in San Sebastian (dove una serie di elementi decorativi provenienti da un immaginario barocco si sposano alle frecce in neon che trafiggono la superficie dei vasi): il martirio non è quindi tanto quello del santo, quanto piuttosto il martirio del corpo nella dimensione contemporanea.

Vincenzo Cabiati, Saint Sebastian, 2019, ceramica, smalti, lustri oro zecchino e platino, luci al neon, dimensioni 174x100x130 cm

In quale misura il tuo lavoro ed il tuo impegno sulla performance (che va ormai avanti da diversi anni) ha contribuito a questa lettura scultorea del corpo, fatta appunto di sensi, memoria, esperienza?
È stata una naturale evoluzione direi. Nel nostro tempo è necessario restituire al corpo la centralità che ha nello svolgersi delle relazioni sia inter-soggettive che tra gli individui e i sistemi di potere. Questo gli artisti lo hanno sempre saputo: il corpo nel Novecento non è un segno, ma un terminale di scelte e dichiarazioni. Mai come oggi il corpo è un elemento politico e lo dimostra il fatto che per manifestare la propria posizione si scende in piazza e si smette di agire da remoto. Fino ad ora mi ero sempre occupato di scultura in maniera tangenziale, per me lavorare su questo medium era anche un modo per riguardare con una certa freddezza al corpo come elemento fondante del tempo attuale.

Principessa liquida, 2019, ceramica,maiolica, smalti, lustri oro zecchino, dimensioni 147x75x20 cm (figura principale)

Molti degli artisti in mostra vengono da una profonda esperienza della scena artistica degli anni Novanta. Come credi che sia cambiato il loro modo di approcciarsi al corpo-spazio, se lo è.
La scena a cui fai riferimento è stata variegata ed anche tumultuosa e spesso è stata purtroppo trascurata, anche a causa di una serie di circostanze più o meno generazionali: quello che io ho rilevato lavorando con questi artisti è un’assoluta coerenza nel loro lavoro. Parliamo di ricerche che si sono svolte ormai quasi trent’anni fa, ma in loro è molto forte il senso del lavoro in studio e il rispetto per la restituzione della loro indagine quotidiana, capaci di parlare – allora come adesso – della e alla società in cui viviamo.


L’invenzione del corpo.
Opere di Vincenzo Cabiati, Daniela De Lorenzo, Paolo Fabiani, Elena Nemkova
a
cura di Pietro Gaglianò

ME VANNUCCI
Via Gorizia 122, Pistoia

Orari: da mercoledì a sabato dalle 9.00 alle 12.30 – dalle 16.00 alle 19.30

Info: +39 0573 20066
+39 3356745185
info@vannucciartecontemporanea.com
www.vannucciartecontemporanea.com

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