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VERONA | Boxart Galleria d’Arte | 3 ottobre 2015 – 31 gennaio 2016

Intervista a GIORGIO GABURRO di Silvia Conta

Una galleria, Boxart, che grazie alla passione del suo fondatore, Giorgio Gaburro, e della co-direttrice Beatrice Benedetti, attraverso vent’anni di sfide si è attestata, a livello internazionale, come realtà di produzione artistica in stretta interazione con artisti italiani e stranieri. Iniziamo con Boxart, proprio in occasione dei suoi vent’anni di attività, una ricognizione delle gallerie veronesi, in un momento in cui Verona sta per ospitare il primo evento fieristico della stagione: ArtVerona 2015.
Abbiamo incontrato Giorgio Gaburro per un bilancio del percorso della galleria dal 1995 ad oggi.

Veduta della galleria. Foto: Valentina Zamboni

Qual è la filosofia della vostra galleria? Cosa è rimasto uguale e cosa si è modificato nel vostro approccio all’arte in questi anni?
In vent’anni nulla è rimasto uguale, tutto è cambiato: ci siamo spostati in tre sedi diverse, compresa l’attuale in via dei Mutilati: da Vicenza alla provincia, al cuore di Verona. Poi lo spazio aperto per hobby è divenuto una galleria che opera in un mondo globale e con artisti internazionali. Quindi, in parallelo agli spostamenti fisici, anche l’idea di galleria si è trasformata: da negozio di quadri ad azienda che investe sugli artisti e produce le opere.

Quali sono gli artisti che hanno segnato il vostro percorso, chi tra questi collabora con voi sin dagli inizi? Quali le cooperazioni più longeve?
L’artista che ho conosciuto per primo e a cui imputo la “colpa” della mia passione per l’arte è Mario Schifano. Tutto è iniziato da Lui.
Ad oggi Marco Cingolani è l’amico con cui abbiamo percorso più strada. Nel corso di questi vent’anni ci sono state collaborazioni intense, realizzate con artisti che ritengo siano veri e propri monumenti.

Veduta della galleria. Foto: Valentina ZamboniIl vostro “acquisto” più recente?
Ne citerei due. Un artista argentino, Alejandro Almaraz, e uno palestinese, Steve Sabella, entrambi conosciuti nel 2014 alla Biennale di Fotografia di Houston in Texas.

Uno dei ricordi più belli… Ci può regalare qualche aneddoto che Le sovviene con particolare emozione?
Una delle emozioni più grandi l’ho provata quando abbiamo avuto il privilegio di entrare per la prima volta nell’atelier di Hermann Nitsch, nel castello austriaco di Prinzendorf. Dovevamo scegliere alcune opere in vista di una sua personale in galleria.
Un ricordo indelebile, e all’epoca “drammatico”, è stato un episodio accaduto alla fiera di Pechino (CIGE nel 2007) quando, a dispetto della censura cinese, abbiamo cercato di esporre Miss Mao n.2 dei Gao Brothers, una scultura rossa in vetroresina alta 220 cm, raffigurante Mao Zedong con il naso da Pinocchio e il seno da donna. Ovviamente alcuni funzionari del governo, dopo averla vista, l’hanno immediatamente censurata coprendola con un telo.
Noi, incuranti del pericolo, abbiamo fatto stampare sopra la copertura la scritta “opera censurata dal governo”, in lingua inglese e ideogrammi cinesi. Raramente ho visto gente tanto adirata, direi inferocita! Confesso di aver temuto per la nostra incolumità.

Giorgio Gaburro e Beatrice Benedetti con i Gao Brothers, Cige Pechino 2007

Oltre ai Gao Brothers, lavorate anche con un altro artista cinese: Liu Bolin. Come sono nate queste collaborazioni?
Sia con i fratelli Gao sia con Liu Bolin il percorso è iniziato nel 2006, durante uno dei primi viaggi di lavoro in Cina con Beatrice Benedetti. Ai Gao Brothers ci lega un rapporto di profonda amicizia, li stimiamo perché rappresentano la generazione di artisti dissidenti del periodo di Piazza Tienanmen. Siamo fieri di aver realizzato la loro prima mostra personale in Italia.
Per quanto riguarda Liu Bolin, oltre ad aver notato le sue sculture e alcune fotografie esposte nel distretto 798 di Pechino, ci è stato suggerito da una curatrice italiana – Francesca Tarocco – che vive in Cina da molti anni. Ci siamo incontrati in occasione della Biennale di Shanghai e abbiamo concordato subito la sua prima mostra qui a Verona.

Ritratto di Giorgio Gaburro e Beatrice Benedetti, insieme a Liu Bolin. Foto: Stefano Galletti

Quanto è importante la sinergia con le istituzioni museali? Boxart come opera in tal senso?
Negli ultimi cinque anni ci siamo concentrati su una decina di progetti, poi realizzati in alcuni dei maggiori musei italiani, con l’intento di dare più risonanza alle nostre idee.
L’obiettivo primario, tuttavia, è sempre quello di trovare lo spazio più adeguato al progetto dell’artista. Abbiamo avuto la fortuna di poter contare su un grande appoggio di tutte le istituzioni con cui siamo venuti in contatto, dalla GNAM di Roma, dove abbiamo organizzato e supportato una mostra antologica di Emilio Isgrò, fino al MART di Rovereto, in cui nel 2012 si è ambientata una performance di Nitsch durata una settimana. Ultima, in ordine di tempo, la mostra di Andrea Mastrovito al museo Andersen di Roma.
Nella nostra città ricordo con piacere le collaborazioni con la Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Forti, il Museo di Castelvecchio e il Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri. Trovo fondamentale unire la forza comunicativa delle istituzioni con il pragmatismo e la creatività dei privati.

Progetti in cantiere? Qualche anticipazione sulla vostra programmazione…
Stiamo dando vita alla quinta produzione di Liu Bolin in Italia. I primi scatti dell’artista cinese li abbiamo realizzati a Verona nel 2008, poi a Milano, Venezia, Roma e Pompei, passando per il progetto dello scorso anno sulle eccellenze del nostro Paese. A settembre di quest’anno, insieme all’artista, abbiamo ideato un progetto molto ambizioso sul fenomeno dell’immigrazione. In estrema sintesi, siamo stati a Lampedusa e a Catania e abbiamo coinvolto alcuni migranti africani per gli scatti di performance dell’artista, si tratta di opere corali dal titolo Target in cui i soggetti vengono dipinti fino a fondersi con il contesto alle loro spalle.
Con Mauro Fiorese stiamo concludendo un percorso chiamato Treasure rooms. Questa serie fotografica vuole trasmettere il fascino e la magia che si provano ad entrare nei depositi dei musei italiani. Il progetto ci ha permesso di accedere ai caveau degli Uffizi, della Galleria Borghese, del Museo di Capodimonte e molti altri, suscitando in noi un’emozione incredibile che vogliamo restituire intatta al nostro pubblico.

Backstage del progetto Target 2015 di Liu Bolin a Lampedusa. Courtesy Boxart, Verona

Evento in corso:

2×10. Dieci artisti per vent’anni di Boxart
Mario Schifano, Marco Cingolani, Liu Bolin, Hermann Nitsch, Emilio Isgrò, Andrea Facco, Gao Brothers, Steve Sabella, Andrea Mastrovito, Mauro Fiorese

3 ottobre 2015 – 31 gennaio 2016
Inaugurazione sabato 3 ottobre ore 18,30

Boxart Galleria d’Arte
Via dei Mutilati 7/a, Verona
www.boxartgallery.com

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