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Matteo Basilé da Roma

La tua nuova ritualità quotidiana…
Il 12 marzo alla chiusura delle scuole da parte del Governo, sono partito per una settimana sulle Dolomiti con la mia famiglia, ed improvvisamente mi sono ritrovato catapultato tra le montagne per quasi due mesi. Il tempo tra le montagne sembrava dilatato e, dopo tre settimane, ho avuto la sensazione di vivere dentro un grande loop quotidiano. Giornate fatte di rituali domestici che andavano a sovrapporsi alla conta dei caduti e dei feriti che per settimane è andata crescendo.
Il mio primo e unico pensiero, che mi sta ancora accompagnando dal primo giorno di chiusura, è che i modelli che abbiamo a disposizione per prevedere gli effetti a lungo termine di questa pandemia sono inadeguati, e questa esperienza è un’opportunità per svilupparne di nuovi e più efficaci. Spesso i cambiamenti più profondi risultano solo da contingenze drammatiche che costringono le persone a riesaminare radicalmente il loro modello di vita, e in questo caso potremmo beneficiare della grave situazione per elaborare soluzioni rivoluzionarie a beneficio di tutti.
Il fragile sistema dell’arte sarà tra i primi che andrà rifondato e la mia nuova ritualità di questi mesi è stata una quotidiana ricerca e studio su quello che noi artisti potremmo e dovremmo ricreare per continuare ad esistere.

Com’è cambiato il tuo modo di lavorare?
La casa e la sua ritualità dal risveglio al tramonto sta modificando il mio modo non solo di lavorare, ma anche di percepire l’esterno. In questo momento come non mai, sto portando avanti più progetti contemporaneamente. Alcuni di questi potrebbero assomigliare a concerti di musica da camera, dove con pochi strumenti ed esecutori sto realizzando delle brevi storie con strumenti “nuovi” che spero possano tracciare inedite vie per il mio lavoro.

Ad oggi quali sono state per te le conseguenze immediate della diffusione del Covid-19 sul tuo lavoro e quali pensi possano essere le conseguenze a lungo termine?
Il mio lavoro è da anni proiettato sull’Oriente, nello specifico in Cina. A marzo del 2019 ho inaugurato una grande mostra nel museo d’arte contemporanea della città di Wuhan e a giugno a Beijing. Nel 2020 dovevo aprire altre due grandi mostre a Beijing e Shanghai che purtroppo per ora sono state rimandate. Devo ammettere che il Covid-19 ha avuto conseguenze pesanti sul mio lavoro ma sono ottimista. Questo, dall’altra parte, mi ha portato ad un nuovo assetto progettuale per il futuro che sicuramente non avrei mai preso in considerazione prima.
La dimensione social, la necessità di rendere tutto adatto a Instagram, sono diventate caratteristiche comuni a praticamente tutto il grande mondo che ruota intorno all’arte facendo perdere, nella maggior parte dei casi, la sacralità, l’intimità con l’opera creata e posseduta. Yuval Harari nel suo Homo Deus: Breve storia del futuro ci aveva avvertiti: la sfida più grande che l’uomo contemporaneo è disposto a combattere non è quella per la pace, ma per l’immortalità.
Questa quarantena globale ha ridisegnato le linee per creare e comunicare il proprio lavoro e la propria ricerca. Sono nati nuovi sistemi di condivisione e ne sono stati perfezionati altri, ma la cosa più importante è il nuovo rapporto con il tempo. Lo spazio fisico diverrà sempre di più un lusso e le gallerie purtroppo verranno decimate insieme a migliaia di artisti, facendo così scomparire almeno in Italia un paio di generazioni d’artisti del futuro e, forse, anche del presente. Dobbiamo trovare nuove forme di mecenatismo e non di assistenzialismo, dobbiamo creare delle alleanze più forti e continuative tra mondo dell’arte, architettura, design, new media, editoria e soprattutto cercare di trovare forme di collaborazioni con le grandi aziende che, mai come ora, avranno bisogno di un nuovo immaginario da raccontare. Da tempo si parla anche in Italia di Digital Humanities, ma la sfida non è mai davvero cominciata. È il momento di un grande e corretto dialogo tra pubblico e privato, tra i grandi player del web e il sistema del patrimonio culturale europeo.

Cosa ti manca? La tua personale esperienza dell’“assenza” e della “mancanza”.
Quello che mi manca e mi mancherà, purtroppo sempre più nel futuro prossimo, è la fisicità con quello che mi circonda. L’assenza da contatto diverrà per noi, ma soprattutto sarà per i miei figli, una perdita incolmabile. Le unità di misura del tempo e dello spazio sono cambiate per “sopravvivere”, il compito di noi artisti sarà di usare queste coordinate spazio/temporali per scoprire una nuova mappa umana e terrestre che possa permetterci di Vivere in questo secolo breve, anzi, provando ad interpretare il pensiero di Eric Hobsbawm secondo il quale il 1900 è stato appunto il secolo breve, il secolo del 2000 potremmo definirlo un secolo brevissimo, corto e che è durato fino al febbraio del 2020.
Per concludere, solo il futuro prossimo ci dirà se a seguito della pandemia “nulla sarà come prima” e se questa ipotesi dovesse essere confermata dai fatti, cioè se si dovesse concretizzare, il secolo 2000 potremmo definirlo il Secolo mai nato e noi saremo i testimoni di questo extraordinario momento storico per il mondo tutto.

Matteo Basilé (1974) vive e lavora a Roma. Inizia la sua carriera a metà degli Anni ’90 ed è tra i primi artisti in Europa a fondere arte e tecnologia. La ricerca di Basilé riesce a conciliare in maniera inconfondibile idee apparentemente inconciliabili come bello e grottesco, reale e surreale, naturale e artificiale. Esplorando la natura dell’essere umano, l’artista sviluppa una narrativa suddivisa in capitoli successivi: Quel che resta della Transavanguardia (2006) The Saints are Coming (2007), Thisoriented (2009), Thishumanity (2010), Landing (2012), Unseen (2014), Pietra Santa (2016), Viaggio al Centro della Terra (2017), Stardust (2018) Memento (2019). Una serie di passaggi indipendenti in cui l’artista affronta la sua percezione dell’esistenza. La ricerca di Basilé si evolve come un’interfaccia tra Oriente e Occidente, in una dialettica che opera come una collisione situata tra tradizione e modernità, tra sacro e profano.
La sua galleria di riferimento è la Galleria Giampaolo Abbondio di Milano. www.matteobasile.com

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