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FIRENZE | Palazzo Pitti e Uffizi | Fino al 14 gennaio 2024

di VALERIA CARNEVALI

Due mostre da leggere a partire dalla curatela. Con una firma condivisa con quella del direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt, è Demetrio Paparoni che porta a Firenze, incastonandole into the core della cultura visiva occidentale, due personalità internazionali con cui coltiva relazioni da anni, di cui segue progetti e di cui scrive: da una parte, l’intimo ed isolato Wang Guangyi, dall’altra, la travolgente Joana Vasconcelos.

Veduta della mostra Wang Guangyi. Obscured Existence, Palazzo Pitti, Firenze

Non sorprende, infatti, che sia Paparoni a co-curare prima esposizione personale in Italia di uno degli artisti asiatici più noti, Wang Guangyi (nasce nel 1957 a Harbin, nella provincia Heilongjiang, nel nordest della Repubblica Popolare Cinese), anzi, è piuttosto la conferma del rilevante spazio che Demetrio Paparoni dedica, nel suo lavoro di ricerca e critica, alla generazione di artisti cinesi contemporanei maturata a cavallo dello spartiacque storico e culturale della protesta, nel 1989, di piazza Tienanmen. Il taglio critico che ce ne offre è generalmente vagliato attraverso il filtro della riflessione politica, ma ciò è imprescindibile: è l’estetica stessa di questo dirompente gruppo di artisti figurativi che porta il pensiero in una direzione molto calata nel mondo, a partire dalla realtà sociale, fino ad indagare, con metafore e sensi traslati, il peso dei condizionamenti collettivi di massa esercitati attraverso il controllo politico. Si muovono in questo brodo le stralunate famiglie di Zhang Xiaogang, la decostruzione dell’immagine di Li Songsong, le ossessive ceramiche di Liu Jianhua e di Li Zhanyang, le beffarde e celebri risate di Yue Minjun.
Wang Guangyi, come performer dal linguaggio estremo e pittore figurativo molto eloquente, occupa uno spazio di primo piano tra i nomi appena citati, tanto da rappresentare, con i suoi stilemi molto riconoscibili (iconico nel già iconico è il suo Mao Zedong AO, celebre trittico con griglia rossa del 1988), l’estetica della nuova figurazione che giunge da est. 

Veduta della mostra Wang Guangyi. Obscured Existence, Palazzo Pitti, Firenze

Paparoni ne aveva già scritto ne Il bello, il buono e il cattivo, saggio del 2014 in cui, intrecciando arte e storia recente, indagava sulle influenze che teorie e pratiche politiche esercitano sul lavoro degli artisti del presente, e riprende in questo periodo a trattare l’argomento con il nuovo Come la politica condiziona l’arte, appena edito, sempre per i tipi di Ponte alle Grazie.

In questo intenso lavoro di ricerca si inserisce Obscured Existence di Wang Guangyi a Palazzo Pitti, visitabile fino al 10 dicembre nell’ala isolata dell’Andito degli Angiolini, presentata in un ambiente avvolgente e soffuso, confacente ad una fruizione lenta e silenziosa che tocca le corde emotive, in cui non è immediato rintracciare subito la linea politica che gli attribuisce il curatore, ma diventa razionalmente avvicinabile ponendo l’individuo al centro di un contesto dominato dai sistemi di controllo sociale e di dominio culturale.

Wang Guangyi, Daily Life No.2, 2013, 180×140 cm, arylic on canvas

Realizzati nel 2013-14, i dipinti della serie Daily Life, con cui si apre il percorso, ci portano all’interno della vita domestica dell’artista, in stanze nere, chiuse alla luce naturale, illuminate appena dalla tinta acida degli arredi e dalla figura dello stesso abitante, solo, serio, inattivo, inerme sotto lo sgocciolamento della pittura liquida, che rende tutto il turbamento e scandisce la lentezza del momento, più di indugio che di attesa: la casa protegge dal mondo, la casa isola dal mondo, la casa ti fa sparire dal mondo, ed è l’unico luogo che ti toglie dalla relazione con il mondo. La politica che c’è qua, ed è tanta, è proprio nella distanza tra io e noi, o tra io e loro.

Wang Guangyi, Obscured Existence Debater, 2020, 140×180 cm, arylic on canvas

La mostra Obscured Existence prende il titolo dalla serie omonima del 2018/22, in cui lo sgocciolamento già adoperato in precedenza diviene un dripping invasivo, necessario e controllato, che cade dall’alto, parallelo alla tela, e “oscura le esistenze” che vivono nel quadro: figure prestate dalla storia dell’arte occidentale (anche per questo la scelta di Firenze è importante) o esseri umani ritratti in situazioni di sofferenza; la storia e la vita vengono lentamente soffocate da una gabbia di colature, soppresse da un muro di pioggia definitivo e inveterato.  

Del 2021 sono i dipinti The shadow of memory: l’ombra della memoria è solo un fantasma nero, ottuso, amorfo, prostrato, anch’esso serrato in una stanza, tra muri alzati da una pittura imprecisa e la mancanza di qualsiasi uscio o finestra, possibilità di fuga e di contatto con il mondo.

Wang Guangyi, The Shadow of Memory No.2-, 2021, 200×300 cm, arylic on canvas

Wang Guangyi è qua, nella sede e nel senso, intimo nell’intimo, mentre Joana Vascocelos è, al contrario, pop nel pop. Obscured Existences appare appartata ed isolata negli spazi interiori di una zona del complesso espositivo di Palazzo Pitti già destinata alle esposizioni temporanee, invece la seconda esperienza che in questo periodo Eike Schmidt ha voluto si mescola con il tutto: è la presenza di tre installazioni, due qua, una alla Galleria degli Uffizi, di Joana Vasconcelos (portoghese, ma nata a Parigi nel 1971 da genitori in esilio, tornata in patria dopo la Rivoluzione dei Garofani) ospitate all’interno del percorso canonico di ogni visitatore o turista. Sono tre interventi di numero, ma chiassosi come se fossero mille, e bisogna andarseli a cercare solo se non si è interessati al contesto in cui sbocciano: altrimenti li incontri naturalmente, con il loro linguaggio pop, nell’esperienza del giro dei must fiorentini.

Joana Vasconcelos, “Marylin” a Palazzo Pitti  Sala Bianca Ph. Lionel Balteiro / Atelier Joana Vasconcelos

Between Sky and Heart, tra cielo e cuore c’è un piano di mezzo, ed è lì che incontriamo come corpi estranei i tre momenti di sbigottimento generati dall’incontro con l’inaspettato: al primo piano di Palazzo Pitti, nello scintillio della Sala Bianca, avviene il primo iato, con Marilyn (AP), un enorme paio di scarpe decolletes assemblato con pentole e coperchi, gigantesca sineddoche che urla “sono come tu mi vuoi!” andando a comunicare un messaggio chiarissimo di autocoscienza femminile alla portata di ogni visitatore che in esso si imbatte. Nella sala contigua, un gruppo di tre elementi rivendica la sua felice indipendenza dalla cultura cristiana; vestiti fin sull’epidermide di tessuto all’uncinetto, mezzo spesso utilizzato dell’autrice, rappresentano una famiglia dalla composizione tradizionale ma dall’apparenza pagana, sono una madre e un padre separati tra loro, ma uniti dallo stesso atto di cura nei confronti di un bambino da portare. Happy Family, installazione concepita nel 2022, è benedetta dall’allestimento: la fastosa eleganza della Sala di Bona, gonfia di affreschi del ‘600, è più di una cornice e crea un’eco armoniosa di significati che risuonano.

Joana Vasconcelos, Happy Family, 2022, Sala di Bona, Palazzo Pitti

Lo shock visivo avviene però alla Galleria degli Uffizi, dove chiunque arrivi alla Tribuna, stanza di per sé concepita per strabiliare già nel XVI secolo, con occhi, mente e cuore già carichi di tante suggestioni artistiche in fieri, non può non stupirsi di Royal Valkyrie calata dal centro della cupola con tutta la sua festosa incombenza, simbolo della grande energia e della grande potenza creatrice delle donne. 
Il nome di Joana Vasconcelos è già legato a quello di Paparoni, che, con un itinerario nella direzione opposta rispetto Wang Guangyi, la scorsa estate ha portato l’europea per la prima volta in Cina, alla Tang Contemporary Art di Pechino, rivelando ulteriormente il costante lavoro di reti e relazioni internazionali in cui il critico siracusano è impegnato.

Joana Vasconcelos, Happy Family, 2022, Sala di Bona, Palazzo Pitti

Nella fruizione ravvicinata delle due mostre, Obscured Existences e Beetween Sky and Heart, si può andare a cercare un legame che le accomuni, poiché sin dall’inizio siamo partiti dalla curatela. E a Demetrio Paparoni è stata rivolta questa domanda: Wang Guangyi e Joana Vasconcelos, due personalità totalmente diverse per due percorsi espositivi molto lontani tra loro, oltre alla sede espositiva che li accomuna come filo conduttore, lei trova che ci sia qualcosa da comunicare al pubblico per creare un legame tra le due esperienze?

Joana Vasconcelos, Royal Valkyrie 2012, Uffizi, Tribuna, Firenze

“Non vedo connessione tra le due mostre. I due artisti manifestano visioni e approcci culturali totalmente diversi. Quella di Wang Guangyi è una critica alla fede nell’ideologia e nei beni di consumo. Così come l’ideologia ci promette una vista migliore, ci dice Wang Guangyi, la propaganda commerciale ci spinge a pensare che un futuro migliore ci verrà dai beni di consumo legati al lusso. L’approccio di Wang Guangyi è mistico, tenta di mettere in luce cosa si nasconde dietro i fenomeni e lo fa anche attraverso la filosofia. Mette in evidenza come le manifestazioni del sacro si nascondono anche dietro piccoli i  gesti quotidiani che ripetiamo automaticamente, o in oggetti banali. Il suo lavoro ha punti di contatto con quello di artisti come Joseph Beuys o James Lee Byars. Vasconcelos guarda invece all’universo femminile e mira a mettere in luce quanto di positivo ci sia nella donna utilizzando, tra l’altro, tecniche che tradizionalmente, nell’opinione comune, sono riconducibili al suo ruolo domestico. Nello stesso tempo non è estranea all’universo della moda, come dimostrano la sue collaborazione con brand commerciali e in questo fonde le dinamiche del Pop e quelle del postmoderno. Attraverso simboli e metafore mette in evidenza l’inconsistenza dei luoghi comuni legati al giudizio sulle donne. I suo lavoro è sfavillante, allegro, coinvolgente., vuole trascinarti in un vortice di emozioni e farti con questo sentire bene. Direi che tanto più Vasconcelos tende a coinvolgerci emotivamente tanto più Wang Guangyi tende a coinvolgerci razionalmente.” 

 

Wang Guangyi. Obscured Existence
A cura di Eike Schmidt, Demetrio Paparoni

6 settembre – 10 dicembre 2023

Palazzo Pitti
Andito degli Angiolini, Firenze

Info: https://www.uffizi.it/eventi/wang-guangyi-obscured-existence

 

Joana Vasconcelos. Between Sky and Heart
A cura di Eike Schmidt e Demetrio Paparoni

4 ottobre 2023 – 14 gennaio 2024

Uffizi, Tribuna (secondo piano)
Palazzo Pitti, Sala Bianca e Sala di Bona (primo piano)

Info: https://www.uffizi.it/eventi/vasconcelos-uffizi

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