MILANO | c|e contemporary | 29 marzo – 11 maggio 2024
Ibrahima Thiam, reduce dalla mostra appena inaugurata al Kindl Center for Contemporary Art di Berlino, per la sua prima mostra in Italia, da c|e contemporary a Milano e a cura di Christine Enrile, presenta opere fotografiche realizzate fra il 2014 e il 2019 che raccontano il suo immaginario. Un mondo ideale che, fin dagli inizi dell’attività dell’artista, si alimenta grazie alle indagini condotte su memoria, archivi fotografici e narrazioni orali della tradizione africana.
Nato a Saint Louis e trasferitosi a Dakar per studiare economia, Ibrahima scopre, in seguito alla partecipazione a un workshop organizzato dal Goethe Institute durante il Mese della Fotografia di Dakar, che il medium più adatto per condurre le ricerche di suo interesse è la fotografia.
La collezione di famiglia che contiene ritratti realizzati da alcuni dei più importanti fotografi africani è stata per lui stimolo e nello stesso tempo oggetto e base di lavoro per la creazione della serie in mostra.
Ibrahima ritrae persone che tengono nelle mani stampe fotografiche che riproducono persone vissute in altri tempi, dando così vita a doppi ritratti. Il passato gioca con il presente, l’analogico dialoga con il digitale creando un confronto fra spazi, tempi e epoche differenti.
Prima pittore, poi fotografo con i “portrait vintage”, Thiam si pone in un crocevia di epoche e di modi di intendere la fotografia e in particolare il ritratto proponendoci una ricostruzione antropologica e storico-sociale del patrimonio identitario della comunità di cui è membro attivo. Il suo sguardo è quello di un’artista contemporaneo figlio del suo tempo che vuole catturare e reinventare il linguaggio visivo che proviene dal passato per non dimenticare; nello stesso tempo, vuole dare un punto di vista contemporaneo e non nostalgico o puramente documentaristico. Uno sguardo che porta lo spectator, come definiva il fruitore dell’immagine il grande critico e semiologo Roland Barthes nel suo testo “La Camera Chiara” del 1979, pubblicato nel 1980, a interrogarsi su quanto l’operator volesse comunicare.
Per restare nel solco tracciato da Barthes possiamo dire che lo studium dell’opera di Ibrahima ci svela il patrimonio storico-culturale di un continente, dei suoi riti e della sua ricchezza umana. Mentre il punctum, ovvero quell’aspetto emotivo di una fotografia che ci punge e ferisce al punto di coinvolgerci nel profondo, quel quid che ci trafigge, in sintesi il noema/ l’essenza di uno scatto in Portrait Vintage, si può ravvisare nell’unione quasi perturbante fra passato e reale contemporaneo che si presenta però senza volto. Infatti, nelle opere di Thiam, il soggetto contemporaneo che regge la fotografia d’epoca è nascosto dietro essa, celandosi dietro il ritratto di chi non c’è più. Sempre per citare il grande semiologo francese, nei lavori di Ibrahima possiamo rinvenire una fotografia sovversiva che non è quella che spaventa o stupisce, ma quella che induce a pensare a riflettere diventando, in questo caso, quasi perturbante.
L’artista-narratore ci sconvolge con un racconto che parla del passato e si arricchisce di nuove storie così come è nella natura delle tradizioni orali, all’interno delle quali chi ha ascoltato può riportare ciò che ha sentito aggiungendo nuovi elementi che verranno raccontati in seguito. In un continuo divenire e dialogo fra piani temporali differenti, le fotografie di Ibrahima diventano strumento per rispondere alle domande che in qualsiasi continue l’essere umano si pone: chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo?
Ibrahima Thiam. Portrait Vintage
a cura di Christine Enrile
29 marzo – 11 maggio 2024
Inaugurazione giovedì 28 marzo ore 18.30, alla presenza dell’artista
c|e contemporary
via tiraboschi 2 – citofono 404, Milano
Orari: martedì-sabato: 9-13 | 15-19
Info: +39 02 45483822
+39 391 4166725
gallery@cecontemporary.com
https://www.cecontemporary.com/