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TORINO | GAM

Intervista a CHIARA BERTOLA di Francesca Di Giorgio*

La notizia della nomina di Chiara Bertola alla direzione della GAM di Torino arriva il 31 ottobre 2023 nella “settimana calda” dell’arte contemporanea torinese in contemporanea ad Artissima e ad un mese di distanza della nomina di Francesco Manacorda alla direzione del Castello di Rivoli, uno degli altri grandi punti di riferimento culturali per l’arte in Italia. Quello di Chiara Bertola si può considerare come un ritorno perché, se a Torino è legata la sua nascita e la sua formazione, gli ultimi vent’anni vedono il suo percorso legato a Venezia dove ha affinato le sue doti curatoriali e consolidato la sua esperienza nella gestione di istituzioni museali. Iniziamo il dialogo con la neo-direttrice della prima Galleria Civica nata in Italia, proprio dai progetti site-specific di arte contemporanea concepiti per la Fondazione Querini Stampalia di Venezia dal 1997 al 2022 e nel giorno in cui, lunedì 19 febbraio, alle ore 11.30, si presenta ufficialmente la nuova direttrice della GAM…

Il suo libro, Conservare il futuro, edito da bruno (Venezia), a fine 2023, raccoglie l’esperienza alla Querini Stampalia, riordinandola in un volume che, dalla quarta di copertina, risulta essere impostato come un manuale d’uso, un metodo di lavoro. Progetti espositivi come casi studio, lezioni da imparare tra presente e futuro?
Non è stato facile accreditare il ruolo di luogo contemporaneo a una Fondazione che era principalmente una biblioteca e un museo antico, ma sentivo che nella relazione tra presente e passato era racchiuso il cuore della creazione e anche un infinto serbatoio di significati ancora sommersi che, come curatrice, intendevo esplorare. Direi che l’ingrediente più importante del mio fare curatoriale e dei progetti per la Fondazione Querini, è stata la relazione con il tempo. Non solo quella che ho dato agli artisti per orientarsi e sintonizzarsi con la storia e lo spazio della Fondazione, ma certo, anche il tempo passato e accumulato in quel luogo… Un luogo fatto di sovrapposizioni, esuberi spaziali, rotture, che lo restituiscono a volte ridondante, in altri casi minimale e contemporaneo. Di fatto, è un immenso serbatoio di memoria, un palinsesto spazio-temporale dove convivono, stratificati nell’edificio storico del Cinquecento, anche interventi di architettura contemporanea come quello esemplare di Carlo Scarpa o quello di Mario Botta. In Querini a ogni piano si varca una soglia temporale entrando in un tempo storico diverso. Avevo capito che proprio questa instabilità atmosferica e questa discontinuità  stilistica potevano costituire una ricchezza ineguagliabile e molto interessante da offrire agli artisti. Per questo motivo in ogni progetto il luogo storico è diventato un soggetto importante con cui gli artisti si sono dovuti sempre confrontare. Un soggetto che chiedeva di essere visto, riconosciuto, ascoltato e poi aperto al dialogo con il presente. In quel libro ho cercato di raccontare e ripercorre in un unico testo, i progetti curati dal 1997 al 2022, gli interrogativi, i pensieri e le scoperte che ho fatto insieme agli artisti, vivendo con loro il processo ideativo. Forse, per questo motivo, si è definita una linea curatoriale un po’ fuori dai confini canonici o consolidati, incentrata piuttosto sui concetti di “precarietà”, “instabilità” ma soprattutto sulla “relazione” con lo spazio, le cose, la storia, gli altri artisti…

Jimmie Durham, Venice. Objects, Works and Tourism, veduta della mostra, Fondazione Querini Stampalia, Venezia, 2015. Ph. Francesco Allegretto

Forse involontariamente questa esperienza rende giustizia ad un termine, site-specific, a volte abusato nell’arte contemporanea…
Mi sembra che oggi, il rapporto con il passato, nella maggior parte dei casi, si riduca a una questione di bella cornice scenografica che aggiunge fascino e glamour alla presentazione di un evento o una mostra. Si assiste a un gran proliferare di mostre in spazi antichi, ma spesso si tratta di opere contemporanee che atterrano come meteoriti in luoghi con cui non hanno radicato un vero rapporto e che dunque risultano avulsi e scomodi. La relazione con il passato rimane in questi casi appiattita in una modalità statica e conservativa, invece di diventare una reale occasione di disvelamento. Ciò che ho sempre tentato di promuovere è un programma di mostre vive per un museo vivo, un museo che non conosce tutto ma era disponibile a lasciarsi interpretare attraverso altri sguardi e altre culture, attraverso lo “sguardo dell’altro”. Se si pensa il museo in questa prospettiva di libertà e vitalità, è più facile immaginare che dentro a un museo se ne nascondano altri. È stato così alla Querini, dove ogni progetto di arte contemporanea individuava sempre nuove soglie visive e prospettive da cui ripensare il passato; dove ogni artista, attraversando le collezioni e i fondi della biblioteca, aveva saputo rivedere forme o temi da tradurre al presente; dove come curatrice, ho potuto offrire agli autori invitati la possibilità di pensare deragliando dai propri canoni espressivi. Questo credo sia un lavoro site specific.

Roman Opalka, Dire il Tempo, veduta della mostra, Fondazione Querini Stampalia, 2019. Ph. Michele Alberto Sereni

Per oltre vent’anni Venezia è stata la sua casa e il luogo dove ha strutturato il suo percorso professionale. A fine ottobre 2023 è stata nominata direttrice della GAM – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, città dove è nata. Negli anni qual è stato il suo legame con Torino? Quali contatti e collaborazioni ha intrattenuto?
Torino è una città che ho sempre frequentato non solo per motivi familiari, perché le sue istituzioni soprattutto il Castello di Rivoli, la Fondazione Sandretto, e, certo la GAM, proponevano all’inizio degli Anni ’90, un programma di mostre che per me, giovane curatrice, sono state di formazione e di riferimento. Inoltre a Torino vivevano – e vivono tutt’ora – molti tra gli artisti allora per me maestri; ho avuto la fortuna di frequentare molti di loro negli studi a discutere i progetti pensati per Venezia… Ma Torino per me è sempre stata una città intellettuale dove conoscere e incontrare studiosi e studiose di qualità, stimolanti ma che provenivano soprattutto da mondi culturali diversi, un mondo letterato e musicale. Ricordo quando abbiamo organizzato alla Querini il convegno sul cinema di Marguerite Duras, di averlo discusso e pensato esclusivamente insieme a raffinate intellettuali e specialiste durasiane dell’Università di Torino. Poi ci sono stati anni intensi trascorsi intorno alla famiglia Merz, alla Fondazione per seguire le attività ma soprattutto nella cucina/studio di Marisa Merz per definire la mostra nel museo della Querini. Ma sono stati molti e importanti i passaggi in quella città con gli artisti e continuano. Molti artisti amici di quella generazione non ci sono più e ho sempre pensato che era anche quello il compito di una curatrice: trasmettere la loro eredità culturale e il loro insegnamento.
E se Venezia con il suo paesaggio e i suoi maestri hanno fatto parte del mio nutrimento quotidiano, Torino invece, rappresenta quella formazione di appartenenza di cui ci si impregna nel luogo in cui si nasce, dalla famiglia, dalla scuola; il luogo ti dà un imprinting… Non so, come un lessico familiare culturale che riconosci subito. In questo senso Torino mi appartiene perché sento i suoi modi e la sua eredità intellettuale e morale profondamente radicati in me. Questa nomina è un bellissimo ritorno a casa, anche se, dopo venticinque anni, avrò bisogno di capire quale Torino c’è adesso.

Kiki Smith, Homespun Tales. Storie di occupazione domestica, veduta della mostra, Fondazione Querini Stampalia, 2005


Chiara Bertola

Chiara Bertola è nata a Torino nel 1961, vive e lavora a Venezia. È curatrice del progetto di arte contemporanea “Conservare il futuro” alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia dal 1999 a oggi. Dal 2014 è socia fondatrice della Venice Gardens Foudation di Venezia con il compito di restaurare giardini e farvi crescere l’arte. Ideatrice e curatrice del Premio FURLA per giovani artisti italiani dal 2000 al 2015. È stata direttrice artistica dell’Hangar Bicocca di Milano dal 2009 al 2012 dove ha ideato e curato il progetto sperimentale Terre Vulnerabili a growing exhibition, una mostra lungo un anno in 4 tappe di crescita. Dal 1996 a 1998 è stata Presidente della Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia. Tra i curatori fondatori del Progetto Ars Aevi per la costituzione del Nuovo Museo di Arte Contemporanea di Sarajevo. È stata curatrice del “Padiglione Venezia” della Biennale Internazionale d’Arte di Venezia e della XV Quadriennale di Roma. Ha curato diverse mostre personali e collettive in Italia e all’estero tra cui quelle di Marisa Merz, Giovanni Anselmo, Michelangelo Pistoletto, Elisabetta Di Maggio, Mona Hatoum, Haris Epaminonda, Giulio Paolini, Lothar Baumgarten, Joseph Kosuth, Roman Opalka, Maria Teresa Sartori, Paolo Icaro, Christian Boltansky, Hans Peter Feldmann, Ilya&Emilia Kabakov, Georges Adeagbo, Remo Salvadori, Kiki Smith, Maria Morganti, Jimmie Durham. Ha pubblicato il libro Curare l’arte dedicato alla figura del curatore (2008); Conservare il futuro, 25 anni di arte contemporanea alla Fondazione Querini Stampalia di Venezia (marzo 2023) edito da bruno e realizzato grazie al sostegno dell’Italian Council (X edizione, 2021), programma di promozione internazionale dell’arte italiana della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.


GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino

Via Magenta 31, Torino

Orari: da martedì a domenica dalle 10.00 alle 18.00
(ultimo ingresso alle 17). Lunedì chiuso.

Info: +39 011 442 9518
gam@fondazionetorinomusei.it
www.gamtorino.it

* Intervista tratta da Espoarte #124 all’interno dello Speciale Nuove Nomine.

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