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INTERVISTA DI CHIARA SERRI

Fervono i preparativi per Fotografia Europea, la rassegna che dal 6 maggio porterà a Reggio Emilia oltre trecento mostre, per riflettere sul tema dell’identità e della storia, ma anche sui caratteri peculiari della fotografia italiana. Nonostante i tagli alla cultura, la manifestazione torna puntuale come sempre, grazie ad importanti sinergie e al supporto di numerosi sponsor. Una tre giorni di incontri, conferenze, spettacoli, dj set e laboratori, il coinvolgimento del circuito cittadino e poi mostre istituzionali fino al 12 giugno, sotto l’attenta direzione artistica di Elio Grazioli, dal 2007 al timone della rassegna. Tema del 2011: Verde, bianco, rosso. Una fotografia dell’Italia. Dai progetti espositivi alle scelte curatoriali, attraverso le specificità di un festival che richiama ogni anno un numero crescente di visitatori.

Chiara Serri: Dopo il limite, la condizione urbana, il corpo, il tempo e lo sguardo, Fotografia Europea dedica la sua sesta edizione al 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Un tema ampio che si presta a diverse letture. Quale taglio avete deciso di dare alla manifestazione?
Elio Grazioli: Reggio Emilia è la città in cui è nato il Tricolore, quindi non poteva esimersi dal rendere omaggio all’Unità d’Italia. Un tema che abbiamo “preso di petto” (ride, n.d.r.), dando il titolo Verde, bianco, rosso. Una fotografia Italiana e proponendo, per le mostre istituzionali, quasi esclusivamente fotografi italiani. Un elemento di novità, in quanto le precedenti edizioni ospitavano generalmente un solo artista italiano, per monitorare al meglio la situazione europea. Per scelta abbiamo lasciato da parte l’aspetto illustrativo e la rappresentazione del paesaggio italiano, poi recuperato con alcuni omaggi (tra cui Bianco Papa, che documenta il mutare dell’iconografia papale dalla presa di Porta Pia fino ai giorni nostri), chiedendoci invece se esistano caratteri della fotografia che si possano definire come “italiani”.

Alla luce delle sue ricerche, quali sono gli elementi caratterizzanti la fotografia italiana? In quali opere potremo rintracciarli?
Credo che alcuni caratteri peculiari siano rintracciabili nelle opere dei quattro autori che compongono lo Sguardo italiano: Mario Dondero, Paolo Roversi, Davide Mosconi e Paola Di Bello, eccellenze del reportage, della moda, dall’arte e della sperimentazione. Mario Dondero è l’erede del Neorealismo, con quei tratti nostalgici che hanno rappresentato in passato e ancora rappresentano il nostro Paese. Dondero ha portato però il Neorealismo in una direzione etica, in cui la fotografia è mezzo per stabilire rapporti umani, secondo una versione che potrebbe essere addirittura vista come antesignana dell’Arte Relazionale teorizzata da Bourriaud. Paolo Roversi è sinonimo di eleganza: non il glamour della moda, ma una bellezza eterea, legata più al desiderio che al piacere. Davide Mosconi è stato un grande sperimentatore, in maniera assolutamente italiana. Nell’arte in generale così come nella fotografia, noi italiani siamo più scherzosi e leggeri, come diceva Calvino. Le sue fotografie sono giocate sulle coincidenze e sulle casualità, che con spirito orientale chiamava “impermanenza”. Paola Di Bello, per finire, rappresenta il lato etico della partecipazione, l’arte pubblica. La sua ricerca si distingue per la volontà di far vedere alle persone quello che hanno sempre avuto sotto il naso, ma senza accorgersene. In mostra, una serie di paesaggi ripresi di giorno e di notte e ricomposti in un’unica immagine.

Anche quest’anno è direttore artistico di una rassegna che si avvale di numerosi curatori…
Dopo tante edizioni, la struttura è ormai consolidata: esiste un nucleo centrale di mostre che curo personalmente, al quale si sommano esposizioni e progetti affidati a diversi critici, come Alberto Melloni, Gigliola Foschi, Walter Guadagnini e Sandro Parmiggiani. Gigliola Foschi, in particolare, cura una collettiva dedicata a fotografie, video ed installazioni di undici giovani artisti, raccolti sotto il titolo La Giovine Italia… Un nome mazziniano seguito da tre punti di sospensione, alla ricerca di aperture interstiziali, spazi impensati e piccole storie che nessuno sembra voler ascoltare.

Come si colloca Fotografia Europea rispetto alle altre rassegne dedicate alla fotografia? Quali le peculiarità?
dovrei essere io a giudicare Fotografia Europea, essendo più che mai parte in causa. Negli ultimi mesi, però, ho partecipato a diverse tavole rotonde, nelle quali è stata riconosciuta come una delle rassegne più interessanti a livello italiano, e non solo. Credo che sia l’unica manifestazione ad argomento, con un coordinamento forte, una regia. Ogni anno viene offerto, infatti, un quadro pressoché completo del tema scelto, con dibattiti e lezioni magistrali tenute da storici, filosofi, antropologi, giornalisti… Fotografia Europeanon è una “graziolata” (ride, n.d.r.), non rappresenta il mio gusto personale, ma il desiderio di far vedere ricerche meno consuete e sfaccettate. La fotografia vive un momento molto interessante, senza distinzioni tra tecniche tradizionali e nuove tecnologie, perché è in grado di toccare corde che le altre produzioni non toccano nel più stretto ambito artistico.

E se dovesse seguire il suo gusto personale? Quali artisti vorrebbe portare a Reggio Emilia?
Devo dire di essere già molto soddisfatto, ma se dovessi fare due nomi, citerei sicuramente Raymond Depardon e Hans Peter Feldmann. Depardon è un grande fotoreporter francese, che sento vicino per il suo modo di affrontare la realtà non in maniera brutale, ma con toni malinconici e riflessivi. Feldmann, invece, non ha mai scattato una fotografia, pur raccogliendo le immagini degli altri attraverso un lavoro sostanzialmente fotografico. Due autori molto lontani e allo stesso tempo molto vicini…

L’evento in breve:
Fotografia Europea 2011
Verde, bianco, rosso. Una fotografia dell’Italia
Reggio Emilia, sedi varie
Info: +39 0522 456249 – 451152
www.fotografiaeuropea.it
6 maggio – 12 giugno 2011
Giornate inaugurali: 6 – 8 maggio 2011

In alto:
Paola Di Bello, “Rear Window, Baghdad #6”, 2002, fotografia su alluminio, cm 80×120, courtesy the artist and Federico Bianchi Gallery, Milano
In basso, da sinistra:
Mario Dondero, “Il diffusore de ‘L’Unità'”, 1975, © Mario Dondero
Paolo Roversi, “Kirsten away, Londres”, 1988, pigment print on fiber based paper, cm 40×51, © Paolo Roversi

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