ROMA | z2o Sara Zanin Gallery | 19 settembre – 8 novembre 2025
di ANTONELLO TOLVE
I lavori presentati da Beatrice Meoni nella sua nuova personale alla z2o Sara Zanin Gallery di Roma, sono ambienti in cui il familiare diventa a tratti una alterità: ovvero una via di fuga dalla consuetudine che lascia il posto a giochi spiazzanti in cui il colore – spesso e a bande larghe – diventa protagonista sonoro, con tonalismi melodiosi e giustapposizioni fluenti, quasi a indicare una certa qual letterarietà del soggetto trattato (non dimentichiamo che la pittura è una fabula de lineis et de coloribus) e dunque un programma linguistico, teorico direi, fatto di accordi (accordi tra due toni, il caldo e il freddo, volendo seguire le indicazioni di Baudelaire) o di rapporti interdipendenti tra cose quotidiane.

A primo acchito, in questa sua mostra curata da Marina Dacci, tutto il rappresentato sulla superficie somiglia a un giroscopio che, mosso da una vertiginosa accelerazione, frulla luoghi e occasioni per riproporli sotto nuove linee di lettura, grazie all’utilizzo di spostamenti o condensazioni (a tratti legate alla grammatica del sogno) e a una accentuata vaporosità che ne bagna, ammorbidisce o restringe i contorni. Ma a riguardare ogni singolo lavoro che delinea il racconto e a tenere stretto in mente il titolo scelto per indicarne, in purezza, la lettura (Fuoriscena), ecco che la lettura si illumina: fa scorgere un versante che trasforma il colorismo in armonismo per trasformare le superfici – tutte le opere in mostra sono olio su tavola e alcune hanno una meravigliosa sovrapposizione strutturale – in luoghi dove le cose non solo si mescolano a sogni o a sentimenti, ma sembrano mutare di attimo in attimo ora allo spostarsi d’un’ombra o d’una luce, ora agitate da un brandello di memoria, ora ancora definite dal tremolio fenomenico d’un’impressione fugace. «Il segno è liquido, talvolta timido: suggerisce, si sottrae, sovverte e, a volte nega piani e prospettive, accoglie e amplifica il galleggiamento di oggetti nello spazio. Non c’è mai disordine, ma accumulazione di sguardi in cui è possibile innestarsi immaginando diverse narrazioni che, a volte sovrapponendosi, prendono corpo come collage (Nel bosco sull’albero)», puntualizza non a caso Marina Dacci nel testo di presentazione.

La mostra, in sé, si offre come un’atmosfera perfetta, cadenzata seguendo intervalli spaziosi che rendono ogni singolo lavoro – trovo irresistibile Passacaglia degli oggetti (2024) – un atollo nel quale immergere lo sguardo per farsi trasportare da flutti visivi (e direi anche ontologici) in cui si avverte qualcosa di originario: in altre parole «la ricchezza-di-mondo propria della vita vissuta» (Heidegger).

Fuoriscena (2025), il lavoro da cui è tratto il titolo dell’esposizione, sembra una scena, un quadro teatrale in cui la semplice vita vivente si converte in vita vissuta per trattenere a sé la vita tutta – fatti naturali, culturali, accidentali, emotivi – per spostare l’asse dall’idealità dell’intenzione alla fattualità e alla cosalità dell’affezione: e forse basta questo a spiegare il potere magnetico della pittura che ci offre Beatrice Meoni. Perché l’artista «guarda il mondo in modo trasversale, mettendo insieme nella sua pittura esperienze fisiche e mentali» si legge nella nota d’accompagnamento al comunicato stampa. «Il risultato è la creazione di spazi pittorici che rappresentano il suo andare e venire come il flusso di un mare senza sosta. Tutto si muove, si riposiziona in una costante connessione fra lo studio, la casa, il giardino, il capanno sull’albero e il bosco. Nello studio, la visione si traduce in pittura, incarnando questa attitudine in cui tempo e spazio si palesano fluidamente: la sua palette vibrante e allusiva, il suo gesto che segna, cancella, deposita sulla tela o sulla tavola per poi riattivarsi in nuove stagioni visive. Il corpo dell’artista agisce dialogando con oggetti e spazi del quotidiano, elementi costanti nelle sue opere. L’esperienza del capanno sull’albero le ha restituito il “sapersi fare piccola” guardando con occhi ancora diversi ciò che sta fuori in una intimità che assume un sapore quasi mistico. Beatrice Meoni è in costante ascolto e dipinge echi».

Pur vivendo una sua – inevitabile direbbe Nikolaj Tarabukin – autonomia linguistica, la pittura di Beatrice Meoni si nutre dunque di realtà quotidiana, presa per la coda e contraffatta da un pensiero sofisticato che la trasforma in eco, in eco di eco, in immagine scomposta, in sovrapposizione, in scena e spettacolo da decifrare, in gioco (quasi corpo a corpo) instaurato con l’occhio dello spettatore, invitato – mi pare – a seguire strade plurivoche, a risolvere rebus, a intuire trabocchetti d’una preziosità lirica, disarmante, allarmante.
Beatrice Meoni. Fuoriscena
a cura di Marina Dacci
19 settembre – 8 novembre 2025
z2o Sara Zanin
via Alessandro Volta 34, Roma
Orari: da martedì a sabato | 12.00-19.00
Info: +39 06 80073146
info@z2ogalleria.it
https://www.z2ogalleria.it/



