di GIUSEPPINA GIORDANO
“Ciascuno cresce solo se sognato”
(Danilo Dolci)
Nel mio Tik Tok compare spesso la pubblicità di una donna che canta: stonatissima, attiva un’app con l’autotune per diventare magicamente intonata.
Talvolta accade anche nella vita: ci si “intona” con le note di qualcun altro o con l’ambiente in cui si è immersi.
La notte prima delle elezioni presidenziali USA del 2016 la ricordo bene: a letto, in uno stato di dormiveglia, guardavo la maratona Mentana avvolta da una strana sensazione. Era lì, nell’aria, cupa, spettrale. Cosa succederebbe se fosse Trump a vincere? La curiosità crescente si trasformò presto in un sorta di stato ipnotico, fino a indurmi a sperare che lui fosse eletto.
Al mio risveglio, l’ impensabile era accaduto.
Destabilizzata e impaurita mi chiesi: come ho potuto desiderare che Trump vincesse? Ero davvero io a volerlo? Da dove veniva quell’idea?
Mi ero sintonizzata su una strana melodia.
Si è scoperto che gli autori dell’attentato dell’11 settembre hanno avuto accesso alle versioni PC della simulazione di volo; la simulazione è una delle cose più vicine al sogno.
W. Gordon Lawrence, uno dei padri del social dreaming – tecnica di lavoro di gruppo secondo cui i sogni sono manifestazione della sfera sociale in cui viviamo – racconta, in Introduzione al social dreaming, che i seguaci di Osama Bin Laden e le loro mogli iniziarono a sognare la distruzione dell’America prima che l’attacco terroristico fosse messo a punto e condiviso. Bin Laden si preoccupò così tanto che chiese ai suoi sostenitori di non raccontare i propri sogni agli altri, altrimenti il segreto sarebbe stato svelato e il piano sarebbe fallito.
La vita onirica di ciascun individuo sembra avere molte più implicazioni nella nostra realtà quotidiana di quanto si possa immaginare. Il sogno è il regno delle possibilità infinite, tutte vere, simultaneamente.
“Un tempo era solo il sogno” dicono gli aborigeni australiani. L’astrofisico Massimo Teodorani, in un avvincente libro sull’entanglement, fa luce su alcune teorie affiliate al multiverso, secondo cui l’universo, prima della riduzione obiettiva, non fosse cosciente ma sospeso in uno stato simile al sogno.
I sogni sono una parte significativa della mia storia personale nonché di quella d’artista.
È stato un sogno ad anticiparmi l’amore, quello che ho riconosciuto a prima vista, appena scoppiata la pandemia, di fronte la stazione di Firenze SMN.
Ed è grazie a un sogno che ho creato la mia prima installazione. Matisse, istruzioni e materiali alla mano, un pò come nei tutorial che spopolano oggi giorno, mi spiegava passo dopo passo cosa fare.
Talvolta mi affido ai sogni prima di addormentarmi, altre, con sorpresa, mi lascio abitare da idee vaganti, pensieri senza pensatori, o selvaggi, come li definí Wilfred Bion.
È cosi che è nato Tracce di bambini sognati, progetto di un libro e un’opera d’arte pubblica diffusa che coinvolge donne in gravidanza provenienti da diverse parti del mondo. Il progetto si sviluppa dalla visione di luoghi – che ho definito “sorgenti” – disseminati in ogni città che, al contrario dei cimiteri, ospitano la memoria viva del nostro accadere. Il progetto, ancora in corso, accompagnerà la mia intera esistenza.
Dallo scorso autunno conduco, invece, Sognando Ritratti di Città, progetto online in collaborazione con gli abitanti di Radicondoli (SI) ispirato al social dreaming.
Il progetto si inserisce in Ritratti di Città, progetto d’arte pubblica curato da Culture Attive e parte di Toscanaincontemporanea2020.
Ho incontrato scuole, associazioni e gruppi di anziani. Gli incontri, ancora in corso, hanno fatto emergere narrazioni non lineari e le tante paure che abitano il nostro tempo.
È difficile ammettere l’ovvio: dalla paura difficilmente ci si sottrae se non riconoscendola come tale e attraversandola.
Transitare la paura, in sintonia – se necessario – con l’autotune, per attivare la funzione narrativa innata in ognuno di noi, senza escludere le nostre angosce catastrofiche e l’“assurdo che c’è nel mondo”.
Sta a ognuno di noi assumersi la responsabilità del proprio potere immaginifico e avere il coraggio di farsi abitare da pensieri selvaggi per un tempo abbastanza lungo, affinché germoglino nuove idee e si delineino nuove strade.
Sognare insieme per ripensare l’unica vita possibile, quella comune.
Giuseppina Giordano (Mazara del Vallo, 1987) è un’artista interdipendente. La sua pratica non ha centro, si nutre di trasformazioni. Dal 2020 è impegnata in Ritratti di Città, progetto d’arte pubblica curato da Culture Attive, parte di Toscanaincontemporanea2020. Giuseppina Giordano.
Nel 2020 è tra i vincitori di Cantica21, progetto di committenza pubblica sostenuto da MiBACT e MAECi.
È la fondatrice di #10cents – ART AT THE SUPERMARKET, progetto di arte e filantropia.
Ha partecipato a diverse residenze internazionali tra cui The Studios al MASS MoCA, USA nel 2019 e The London Summer Intensive presso Slade School of Arts & Camden Arts Centre, Londra nel 2018.
Dal 2017 al 2020 è stata beneficiaria del grant TSS Traveling Artist di The Secular Society. Tra le mostre recenti: BAM – Biennale Arcipelago Mediterraneo, Palermo e Please, teach me the language of a rose, mostra personale al Taubman Museum of Art, Ronaoke, USA.
Vive ovunque si trovi il suo corpo.
www.giuseppinagiordano.com
www.10centsproject.com
Leggi qui i contributi delle artiste invitate in Open Dialogue: www.espoarte.net/tag/open-dialogue/