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SALERNO | Ophen Virtual Art Gallery | Fino al 28 agosto 2020

di MATILDE TEGGI

Molto prima che la Pandemia rendesse indispensabile l’utilizzo delle nuove tecnologie per la sopravvivenza di moltissime professioni, Sandro Bongiani costruisce un museo on-line. Sulle basi del preesistente Archivio Open Documentazione d’Arte Contemporanea, nel 2009 nasce Ophen Virtual Art Gallery, che nel 2011 diviene un vero e proprio spazio museale virtuale, costituito da quarantotto sale disponibili, facilmente accessibili e aperte 24h su 24.

Proprio in questo contenitore virtuale di arte contemporanea è possibile visitare, fino al 28 agosto, la mostra Timeless, senza tempo dedicata a 72 opere dell’artista fluxus Coco Gordon.

Coco Gordon, Libro, “Big Book” opera unica, 1984, Carta a mano, corda, stoffa, cm 120 x 70 x 5cm Realizzata nel laboratorio carta a mano di Rosanna Chiessi. © Courtesy Collezione privata

La parola chiave per capire il lavoro di Coco Gordon è sicuramente condivisione. La sua esistenza è da sempre una combinazione di arte e vita che rende l’opera scritta un riflesso di questa sua esperienza e l’uso della carta fatta a mano mezzo di espressione della sua vita, della sua arte, delle sue opere librarie. Per lei, come per i veri esponenti del movimento Fluxus, la vita diventa arte, l’arte diventa vita e la linea vitale di tutto questo è un libro.

Nasce a Genova nel 1938, è ebrea e nel giro di pochissimi anni è costretta a fuggire negli Stati Uniti, rannicchiata in uno scatolone. Studia nelle Università di Michigan e Adelphi e vive a lungo a New York, dove entra in contatto, grazie all’amica e artista Alison Knowels, con il movimento Fluxus, di cui si definisce artista della terza ondata.

È definita da molti “artista dell’environment”, ma in realtà i “prodotti” artistici finali di Coco sono molto cambiati negli anni e dall’environment si è spostata alla fotografia, alla performance, alla costruzione di libri scelti, (ri)tagliati e ripensati. In tutta la sua attività rimane evidente l’importanza del processo come medium; se Maciunas diceva “tutto è arte”, nel lavoro di Coco Gordon emerge l’importanza quasi artigianale del fare arte, la manualità e la pazienza di chi vuole conoscere, manipolare, mostrare anche la materia.

Le sue installazioni, ancora molto attuali, rivelano intenti estetico-ecologici, oltre che sociali, essendo realizzate con fibre, materiali vegetali, ritagli di stoffe, vetro, carta (quasi sempre realizzata direttamente da lei, nel suo laboratorio in Colorado). Una delle sue prime opere è Constructivism Apree Da Da del 1958; si tratta di una pittura ad olio in cui una serie di elementi plastici e costruttivisti sono visti dall’alto come fossero un paesaggio. Dalla fine degli anni Sessanta realizza sperimentazioni grafiche, in cui disegno, scrittura poetica, assemblaggio si mescolano come veri “fluxlavori”.

Gordon, Fresh Cuts,1963

Nel 1985 esegue la performance Earth, il cui risultato sono una serie di fotografie che la ritraggono prona sulla pancia vicino a un pezzo di carta bagnato, oppure compressa da pezzi di terra e carote. Il corpo dell’artista, che dagli Anni ’60 in poi si libera e assume un linguaggio proprio, si mescola materialmente alla natura e Coco Gordon diventa Skywoman. La natura interiore e il mondo esterno della crescita organica si unificano. Skywoman è l’identità a cui aspira, appartenente a un tempo lontano, precedente alla creazione del mondo, nel tempo dell’“Albero della luce”. Skywoman è “colei che ci porta le cose primitive, elementari di cui abbiamo bisogno. Ci induce a riflettere sul tempo frenetico della nostra cultura. A riprenderci il tempo”. Skywoman è “donna celeste che porta nel mondo la fertilità delle erbe, piante e frutti”. Assembla, modella materiali, linguaggi, oggetti, convertendoli in segni naturali e artificiali, offrendo la possibilità di una vita compatibile con quella naturale, con il tempo biologico. Coco decide, successivamente, di rendere la figura di Skywoman più popolare e la trasforma in Superskywoman, rielaborando al femminile il logo di Superman, che ricama sulla sua uniforme da performer in velluto blu.

Nell’autunno del 1990 Bush dichiara che le foreste nordamericane e canadesi non avrebbero meritato alcuna considerazione fino a quando i veri problemi delle foreste dell’Amazzonia non sarebbero stati risolti. Coco Gordon risponde a tale affermazione realizzando, al Banff Centre di Alberta, una serie di installazioni, tra cui la più famosa rimane quella della striscia di tessuto intrecciato a mano che contiene le scritte “bush” e “Amazon”. “Bush”, oltre a indicare l’ex presidente americano, in inglese significa anche arbusto, così Coco gioca con il valore semantico della parola, sottolineando il paradosso dell’irrilevanza delle foreste nordamericane.

Nel 1995 lancia il movimento TIKYSK a V-Idea di Genova. Scrive che TIKYSK (che sta per things I Know You Should Known) è “una conoscenza comune presente ai bioregionalisti, ai filosofi della terra come Thomas Berry, agli anziani indigeni, alle radici mondiali che vivono in modo sostenibile comunità biocentriche intenzionali e ai professionisti della permacultura con i quali ho un’interazione sostenuta”. Quindi si parte dal presupposto che le parole e i modi di esprimersi che rimangono o sono persi nella nostra lingua riflettono ciò che sopravvive, ciò che è in pericolo, ciò che è vecchio, usurato, di solito scartato ma che ha ancora l’anima e che può essere ripristinato per un uso continuo o nuovo; ciò che costruiamo di nuovo segue la permacultura di buonsenso, nutre, elimina gli sprechi.

Il lavoro di quest’artista così prolifica è, dunque, una concatenazione di idee, esperienze, segni, oggetti che non si fissa in una forma definitiva, ma cambia sempre. Unisce insieme arte, lavoro, esperienza, amore, mescola la sua immaginazione con i ritmi naturali.

Coco Gordon, Fresh Cuts – Tagli Freschi,  con la partecipazione di Barbara Cappello in occasione  della performance di Coco Gordon  “Exploding Red Piano Keyboard”, galleria Visionialtre Venezia, febbraio 2020. © Courtesy Collezione privata

Skin installation and Book è un progetto partecipato realizzato in corrispondenza con Barbara T Smith, la quale aveva inviato delle pelli di carta fatte a mano a 12 artisti/collaboratori chiedendo loro di farne ciò che desideravano e di comunicarle, in seguito, il risultato con una documentazione, con una descrizione oppure tramite la pelle stessa. Ogni artista comunicò il risultato con qualche tipo di reazione dimostrando come la coscienza può verificare e confermare in modo uguale un reticolato di arte/vita e come la sua attività possa essere condivisa a distanza. Si torna, quindi alla parola chiave condivisione, che si manifesta in questo caso nell’uso delle corrispondenze postali/umane intese come esperienze di vita, che diventano una metafora per la filosofia dell’artista ed un attestato dei contratti arte/vita che vengono mantenuti e continuati. Coco ha documentato tutte le risposte dei personaggi coinvolti in un’opera libraria che funge da “guida alla comprensione delle relazioni umane”.

Il patrimonio librario realizzato da Coco è molto cospicuo e la caratteristica delle sue opere-libro è, oltre alla presenza quasi esclusiva della sua carta fatta a mano, il fatto che esse reclamano la partecipazione dello spettatore/lettore. Ad esempio, Try on book, opera nella quale tu, in quanto partecipante/fruitore/spettatore, indossi letteralmente l’opera libraria, potendo “sentire” la pelle della carta. Coco riconosce la carta come un materiale sensibile, delicato e lo usa lavorando anche sulle percezioni più materiche.

Coco Gordon, “Heidi” Paul Mc Carthy & Mike Kelley pubblicato Krinsinger Gallery 1992, Coco taglio 2019. © Courtesy Collezione privata

Se arte, musica, performance, sono elementi caratterizzanti di Fluxus, allora l’ultima mostra di Coco Fresh Cuts – Tagli Freschi può decisamente rientrare in quel movimento che così tanto ha influito sulla sua formazione. Ancora una volta torna la parola condivisione e ancora una volta tornano carta e processo come media artistici.
Il lavoro esposto nell’ultima mostra alla Galleria Visioni Altre di Venezia è una sorta di omaggio ad amici/artisti e di sintesi del movimento Fluxus e molti dei pezzi esposti sono fruibili anche nello spazio virtuale di Sandro Bongiani. Si tratta di una serie di libri o riviste cari all’artista, per motivi personali o professionali, presentati secondo una ri-lettura complessa e confidenziale. Coco ri-costruisce l’oggetto trasformandolo in libro-oggetto, ri-tagliato e ri-disegnato per una lettura che non sia nuova, ma alternativa. Alcuni di questi, inoltre, diventano i tasti del pianoforte rosso, metallico, scheletrico, “esploso”, immaginato dall’artista come parte dell’installazione.

 

Coco Gordon. Timeless, senza tempo
La natura tra performance e Exploding Books

15 giugno – 28 agosto 2020

Ophen Virtual Art Gallery
Via S. Calenda 105/D, Salerno
Orario: tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00

Info: http://www.collezionebongianiartmuseum.it
bongianimuseum@gmail.com

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