MILANO | Cortesi Gallery | 16 settembre – 15 novembre 2024
di ILARIA BIGNOTTI
Maurizio Donzelli è solito concepire le sue mostre come delle vere e proprie macchine immaginative, trattando gli spazi espositivi come amplificatori della visione: ogni stanza come scatola magica dove il visitatore è attratto, avvolto, ammaliato.
Succede sempre e succede di nuovo nei bellissimi ambienti della Cortesi Gallery a Milano, nel contesto della monografica che sin dal titolo, Nets, promette di irretire il pubblico.
È questo, infatti, il nome che Donzelli (Brescia, 1958) ha dato all’ultima, e sino a questa mostra, inedita serie di nuove opere, che lavorano, nel pieno rispetto del suo statement, sulle potenzialità laterali della visione e sull’immagine latente, chiedendo allo spettatore un atteggiamento contemplativo e aperto allo stupore e all’incantamento. Non a caso, Spellbound si intitolava, lo scorso anno, la sua grande mostra bresciana nell’anno di Bergamo e Brescia Capitale Italiana della Cultura, curata da Alberto Fiz che torna oggi a seguirne la ricerca, aggiungendo un tassello critico alla sua lettura. “I Nets – afferma infatti il curatore – si possono leggere come un viaggio all’interno del segno magmatico in espansione che tende ad occupare nuovi spazi dando vita ad architetture immaginarie”.
Se è vero che il primo spettatore dell’opera è l’artista che assiste al suo farsi, con questi nuovi lavori Donzelli è stato egli stesso, forse più di altre volte, “vittima” dei suoi propri incantamenti: la tecnica infatti è complessa – del resto, quale ciclo di sue opere non richiede una maestria antica e una innovazione visionaria?, basti pensare ai Mirrors presenti anche da Cortesi – e alle Nets può procedere secondo due binari: o l’artista realizza una matrice pittorica che viene poi tradotta in immagine digitale, stampata su carta fineart, montata poi su una superficie in alluminio Dibond e nuovamente dipinta a mano, in una sorta di esercizio mandalico con il quale insegue l’immagine che ha realizzato modificandola con nuove suggestioni pittoriche, scaturite al secondo sguardo dopo il processo meccanico di riproduzione; oppure, nel secondo caso, la matrice d’artista viene stampata su uno speciale tessuto UV back black – in questo caso l’opera è bicroma, nera e bianca – e questo viene poi montato su tela, infine ripercorso pittoricamente. Una sorta di labirintico comporre e ricomporre il canvas, atto che rende l’artista Penelope in perenne attesa di un odissiaco ritorno dell’immagine e delle sue metamorfosi, nel periplo della visione intima. Ma anche titano in eterna lotta con la macchina e la riproduzione tecnica dell’immagine: una mitologia contemporanea che vede Donzelli artista severo con se stesso, e ineluttabilmente, pienamente “dentro” all’incantamento dell’immagine e del suo metamorfico perpetuarsi.
La mostra dunque si apre sulle sue Nets: nella prima sala una grandissima superficie nera si anima e bagna di ruscelli cromatici interrotti e confluenti, mentre ai lati altri tre lavori, di più sintetico segno, riecheggiano la stessa litania; alla destra dell’ingresso si accede invece all’acquoreo ambiente dove l’artista lavora sul pavimento, sulle pareti e sul soffitto, disponendo uno specchio che caleidoscopico riproduce le opere, le sue Girandole dalle infinite variazioni di blu, l’ambiente e noi con esso; a sinistra della sala centrale vi sono le Nets bianche e nere, più rigorose eppure conturbanti che guardano come sfingi alle opere dal titolo O, allagate di ori che si sovrappongono; in fondo, i Mirrors, nelle ultime variazioni che questo tema affascinante ha saputo far germinare.
Poi si torna indietro, e si vede una teca, nella prima stanza, che l’artista titola La Natura delle Cose: contiene opere di piccolo formato su carta e qualche catalogo aperto. Dichiaratamente ispirata all’omonima opera di Lucrezio, questa opera composita di più elementi si riferisce anche in agli scritti teorici di Klee contenuti in “Teoria della Forma e della Figurazione”. A vederla, è un prezioso scrigno trasparente nel quale sono allestite opere di dimensione minuta, appunti già consapevoli di una indagine che pulsa di vita e di magia, orbitando, come scrive Fiz, “al punto zero dove tutto è ancora possibile e lo spazio dell’arte, che talvolta ci sempre troppo esiguo, torna ad ampliarsi”.
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a cura di Alberto Fiz
16 settembre – 15 novembre 2024
Cortesi Gallery
Via Morigi 8, Milano