ROMA | MUSEO NAZIONALE ROMANO – TERME DI DIOCLEZIANO | FINO AL 4 MAGGIO 2025
di MATTEO DI CINTIO
La mostra dal titolo Infinite forme e bellissime, presso le Terme di Diocleziano a Roma (fino al 4 maggio 2025), a cura di Sergio Risaliti e Stéphane Verger e in collaborazione con il Museo Nazionale Romano, celebra le forme scultoree dell’artista britannico Tony Cragg.

Tony Cragg, Infinite forme e bellissime, installation view. Ph. Monkeys Video Lab. A sinistra: Tony Cragg, Caught Dreaming, 2006, bronzo, 159x285x153 cm; a destra: Tony Cragg, McCormack, 2007, bronzo, 117x130x75 cm, 300 kg
Sulla figura di quest’ultimo si coagula un’assoluta certezza creatrice: si potrebbe, con poche parole, definirlo come uno dei più grandi e celebri esponenti della scultura contemporanea. Fin dagli anni Ottanta, le sue opere si stagliano magnificenti nei luoghi più disparati, dai più convenzionali ma prestigiosi spazi espositivi a parchi, università, luoghi di culto. Il caustico moto ondoso che sottende la materialità delle forme sovverte il piano prospettico dell’ambiente attorno; tutto s’accentra nella folgore della materia vibrante dell’opera scultorea, per usare il titolo di un famoso saggio di Jane Bennett, creando spaesamenti, turbinii emotivi e meraviglia. Anche in questo caso, come a seguire un’insistenza dell’impeto creativo, Cragg sonda il divenire della forma, architettando un corpus di opere che traccia ipoteticamente le nervature del proprio percorso artistico. Ciò che salta all’occhio, di primo acchito, è il profondo dialogo che queste sculture intessono con lo spazio che le ospita; l’impianto architettonico delle terme, statico, verticalistico, teso a rimandare antichi splendori di una cultura ormai dispersa nell’oblio della Storia antica, si configura come l’involucro stabile dentro cui “incapsulare” il movimento perpetuo di una morfogenesi in atto. Si contempla quindi l’opera immettendosi in un campo di forze i cui vettori sono in costante opposizione: staticità e dinamicità, ruvidità e levigatezza, antico e contemporaneo, passato e divenire, ecc. Queste tensioni producono inevitabilmente un cambiamento nello sguardo del fruitore. Non si tratta più di differenziarsi dall’opera, di percepire la voluminosità degli impianti scultori come fuori da sé, ma partecipare ad una realtà percettiva che, per citare Wolfgang Köhler, è caratterizzata da uno «scontrarsi di ordini privi di un mutuo soccorso». Provando a recuperare tale esperienza, immergendosi cioè in questo limbo visivo e percettivo dove l’antinomia ordine-disordine si dilegua, ha senso a mio avviso recuperare un concetto già citato fugacemente: morfogenesi.
Parlare dell’opera di Tony Cragg non può che permetterci di sondare questo termine che sta assumendo un ruolo pivotale in un rinnovato interesse accademico per la filosofia francese del Novecento e il suo rapporto con le scienze matematiche. E allora, per vivere ancora di più l’incandescenza delle sculture dell’artista britannico, non possiamo che operare delle piccole incursioni, delle vignette teorico-speculative che possano lambire l’irruenza e l’urgenza del divenire forma.

Tony Cragg, Infinite forme e bellissime, installation view. Ph. Monkeys Video Lab. Nella foto: Tony Cragg, Red Figure, 2008, bronzo, 208x210x42 cm, 580 kg
Alessandro Sarti, filosofo e matematico, ricercatore del Centre de Recherches en Epistémologie Appliquée di Parigi (CREA), si occupa da vari anni di morfogenesi di una sua possibile matematizzazione. La morfogenesi, per Sarti, è la forma nella sua dimensione generativa, nel suo divenire. Come per Gilbert Simondon, le forme aspirano al proprio crearsi per la presenza di un piano intensivo, preindividuale direbbe il filosofo francese, che permette il dispiegare delle forme nello spazio e nel tempo. Gilles Deleuze chiama questo piano intensivo virtuale, e aggiunge che, perché ci sia evento della forma, deve strutturarsi una costellazione di differenziali. Deleuze osserva che i differenziali sono «quantità intensive» e «sono espresse, definite unicamente dalla loro distanza da zero. Pertanto, è del tutto normale che se le essenze sono quantità intensive, siano espresse in relazioni differenziali, poiché la quantità intensiva è inseparabile da una definizione rispetto allo zero, e che la relazione differenziale è proprio quella». Se l’emergenza delle forme è integrazione di quantità intensive, allora la scultura di Cragg indaga proprio questo: non la forma in quanto tale, non la creazione ultimata, ma il divenire della forma, la morfogenesi in atto. Lo stridio materico dell’alternarsi di concavi e convessi, i nodi ondosi delle superfici laccate, i pattern rappresentativi, le escrescenze fungine, la geometria fluida, insomma la plasticità materica che adempie al suo fissaggio scultoreo in realtà non punta al realizzato ma al processo di realizzazione, declina incessantemente e sintomaticamente il piano intensivo da cui si districano le forme.
Altra suggestione: la teoria del Big Bang, seppur congetturata nella prima metà del Novecento, rimane il modello cosmologico più accreditato dalla scienza attuale. Secondo tale teoria, il cosmo sarebbe nato da un’esplosione, da una compressione e subitanea dilatazione di corpi gassosi, frammenti, detriti. Tale teoria è stata ultimamente ripresa dallo psicoanalista lacaniano Alfredo Eidelzstein per istituire un parallelismo fra il soggetto dell’inconscio e l’evento del Big Bang: il soggetto non è il frutto di un processo evolutivo, ma il prodotto di una creazione ex nihilo. Il soggetto, come il Big Bang, è un evento originario, un colpo cesoia che divide un dopo dispersivo e diffuso, e un prima non recuperabile. Se niente sappiamo prima dell’avvento del Big Bang, così niente sappiamo anche del campo biologico animale dell’umano, giacché quest’ultimo è da sempre immerso nelle trame del simbolico e del linguaggio. Veniamo all’opera di Cragg: non è forse il caso di dire che ciò che insiste nelle sculture dell’artista britannico, ciò che perturba la morfogenesi in atto è l’ombra di un’origine insaputa? Al fondo della creazione scultorea soggiace infatti un recupero impossibile dell’origine: Cragg seziona l’evento, cristallizza il momento in cui il piano intensivo coagula i suoi elementi differenziali. Nel processo evolutivo della forma si ha a che fare con la morsa dell’oblio, di ciò che s’immagina prima della voluminescenza della forma. La morfogenesi di Cragg anela all’impensabile, e per tale motivo è infinita e bellissima.

Tony Cragg, Infinite forme e bellissime, installation view. Ph. Monkeys Video Lab. Nella foto: Tony Cragg, We, 2015, bronzo, 190x90x90 cm, 450 kg.
TONY CRAGG. INFINITE FORME E BELLISSIME
a cura di Sergio Risaliti e Stéphane Verger
9 novembre 2024 – 4 maggio 2025
Museo Nazionale Romano
Terme di Diocleziano
Via Enrico de Nicola 78, Roma
Orari: dal martedì alla domenica ore 9.30 – 19.00, ultimo ingresso ore 18.00