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OPEN STUDIOS

Intervista a Maddalena Ambrosio di Antonio D’Amico

Maddalena Ambrosio è una personalità vulcanica che coniuga la napoletanità alla tradizione avanguardista tedesca, due elementi apparentemente opposti che in lei trovano una perfetta simbiosi, non solo nella sua vita di donna e madre ma anche di artista. Il suo studio è altrettanto vulcanico quanto lei ed è possibile trovare griglie arrugginite, elementi che forse prenderanno forme nuove, animali imbalsamati in cerca di una collocazione nel mondo degli uomini e terra, tanta terra che Maddalena ha utilizzato nelle sue installazioni. È possibile trovare di tutto tutt’intorno, tranne che lavori finiti, in quanto non vuole vederseli intorno per non lasciarsi influenzare. Artista dalle idee originali che ci ha abituato a grandi spazi rivissuti sotto una veste leggera, ingentilita e rigenerata mediante l’impiego di tessuti, disegni, piante, uova e animali forgiati con una materia diversa e distante dal reale. L’abbiamo incontrata per conoscerla meglio, di ritorno dall’ultima collettiva, Force of Nature, alla Galerie Valérie Bach di Bruxelles, alla quale è stata invitata dal curatore James Putnam.

Veduta dello studio di Maddalena Ambrosio. Foto: Lorenzo Palmieri

Veduta dello studio di Maddalena Ambrosio. Foto: Lorenzo Palmieri

Nasci a Napoli, in una terra vulcanica che è visceralmente legata alla materia, al fare pratico e dinamico. il tuo lavoro si incastona perfettamente in una poetica che nasce dal basso, dal riuso dei materiali, dalla vivacità di analizzare una forma e lasciarla rivivere sotto altre parvenze visive. quanto conta nella tua arte la napoletanità?
Il senso d’abbandono di alcuni luoghi, il tufo sgretolato, l’odore dei muschi o delle muffe misto a quello dei fiori di gelsomino, pareti decrepite che si alternano a superfici levigate e nuove, il profumo di cucina, del pranzo e della convivialità. Poi, due passi ancora, e si è aggrediti dai fumi dello smog, dai clacson e dalle urla della gente, mentre squarci di cielo e di mare vengono incontro prepotenti a offrire fughe verso un altrove, ristoratore.
Memorie… e un desiderio lanciato verso nuovi orizzonti. La Bellezza…. e un senso di minaccia che contemporaneamente avvolge il cuore.
Come può tutto questo non incidere su chiunque? Sicuramente ha forgiato il mio temperamento e la mia personalità, ciò nonostante forse la mia anima è nordica: le sue atmosfere cupe, le nubi minacciose, i venti che attraversano la pelle e le notti che arrivano subito in alcuni luoghi desolati della Germania o del Belgio, mi hanno sempre fatto sentire a casa. Io direi che il mio rapporto con la terra, proprio nel senso di madre-terra, è viscerale. Da nord a sud e oltre qualsiasi luogo definito, gli elementi naturali e quello umano sono come un tutt’uno racchiuso in se stesso, pieno di segreti da raccontare.

Veduta dello studio di Maddalena Ambrosio. Foto: Lorenzo Palmieri

Veduta dello studio di Maddalena Ambrosio. Foto: Lorenzo Palmieri

Cosa ti fa scattare il desiderio di utilizzare determinati oggetti? Come scegli quelli sui quali intervenire?
In un certo senso sono loro che scelgono me e, per una strana dissociazione, li vedo direttamente trasformati, decontestualizzati, trasposti in uno spazio immaginario in cui io stessa vengo risucchiata.

Che peso ha avuto nella tua arte l’esperienza storica del New Dada? Ti senti una figlia dei figli di Rauschenberg?
Ognuno di noi è intriso di storia e non saprei dire fino a che punto il Dada, la Pop Art, il Barocco o l’Espressionismo possano aver inciso su ciò che sono. È certo, però, che l’umanità ha partorito genialità che hanno lasciato tracce indelebili, aperto strade altrimenti invisibili e contaminato irrimediabilmente tutti e per sempre. La cosa interessante è che nessuno rimane immune dall’essere contagiato, ancora oggi, dall’azione di artisti quali Manzoni piuttosto che Rauschenberg o Pascali, o da Warhol, solo per citarne alcuni.

Veduta dello studio di Maddalena Ambrosio. Foto: Lorenzo Palmieri

Veduta dello studio di Maddalena Ambrosio. Foto: Lorenzo Palmieri

La tua è una poetica che “ingentilisce” l’oggetto che altrimenti cadrebbe nell’oblio. Tu non lasci la memoria di ciò che era, ma converti tutto in un pensiero tuo…
Il pensiero che mi pongo come cardine quando inizio un lavoro è iniziare un lavoro, tutto il resto è immagine e quando non è così, il lavoro che creo non mi piace.
Ogni oggetto porta con sé una storia esplicita e un’altra segreta e silenziosa, in un certo senso ogni oggetto è portatore di un inconscio personale, arricchito da tutti quelli che l’hanno creato, posseduto, usato e buttato via e, una volta lasciato, porta con sé le tracce di una memoria che si protrarrà nel tempo. Nostro malgrado, nessun oggetto cade veramente nell’oblio.

Mi racconti il tuo spazio di lavoro? Quanto ti assomiglia? E quanto le opere fanno i conti con lo spazio in cui lavori? Qual è il momento della giornata in cui lavori meglio o ti piace chiuderti a riflettere?
Amo l’ordine e il vuoto perché mi aiutano a pensare e a vedere le mie immagini proiettarsi all’interno. In realtà ci vuol poco perché vuoto e ordine diventino caos e, a volte, non so neanche io come sia accaduta questa trasformazione repentina. A un certo punto però decido di finire in fretta un lavoro perché non vedo l’ora di rivedere tutto al suo posto, di ricreare quel vuoto iniziale. Non faccio altro che ordinare e incasinare continuamente. Sì, lo so, è da matti.
Comunque in alcuni momenti il caos mi piace, in quanto tendo ad aggiungere elementi che ricordano qualcosa di vivo e all’improvviso tutto si riscalda, mi tiene compagnia come se fosse una sorta di entità-opera sull’orlo di divenire qualcosa che ancora non “è”.
Questa sensazione mi fa stare bene. Non è un caso che molti miei lavori fotografici nascono in studio in mezzo a quel caos.
Per quanto riguarda le opere, cerco di non averne mai nessuna in studio. Le opere che detesto, non le voglio vedere perché le detesto, e quelle che mi piacciono non voglio tenerle per non incappare mai in forme di compiacimento che limitino la mia libertà.

Maddalena Ambrosio, Senza titolo, 2013/2015,  legno, radici e terra, cm 80x60x83. Foto: Lorenzo Palmieri

Maddalena Ambrosio, Senza titolo, 2013/2015,
legno, radici e terra, cm 80x60x83. Foto: Lorenzo Palmieri

Sei diventata madre di due gemelli di recente. In che modo la nascita di due figli può cambiare la visione del tuo essere artista? Del tuo pensare o ripensare al lavoro?
Durante l’attesa ho potuto constatare cambiamenti incredibili riguardo la mia percezione del mondo, in quanto la mia sensibilità si è affinata e ripulita.
Sul piano pratico sono ancora in evoluzione. Molto lentamente e con molte difficoltà sto riprendendo il lavoro, poi saranno le mie opere a parlare visto che a settembre terrò una mostra personale alla galleria Mimmo Scognamiglio di Milano, quale migliore occasione per appurare il cambiamento che ha avuto il mio lavoro.

Intervista tratta da Espoarte #93.

Eventi in corso:

Maddalena Ambrosio (mostra personale)
Galleria Mimmo Scognamiglio, Milano
settembre – ottobre 2016
Info: www.mimmoscognamiglio.com

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