Installation view "Contemporanee. Dialoghi 1", SAB, Bubbio. Ph. Diego Santamaria

Carla Crosio. Arte per transitare nel permanere della memoria

BUBBIO (AT) | SPAZIO ARTE BUBBIO | Fino al 14 settembre 2025

Intervista a CARLA CROSIO di Francesca Di Giorgio

La scorsa settimana, usciva l’intervista a Margherita Levo Rosenberg (leggi qui), protagonista insieme a Carla Crosio di una serie di mostre, in terra piemontese, incarnanti l’intenso dialogo professionale e umano che lega da decenni le due artiste. Il percorso espositivo iniziato, nella primavera scorsa, da Palazzo Robellini ad Acqui Terme e continuato, nell’estate, nei suggestivi spazi della chiesa medievale di Nostra Signora Assunta e del Santo Rosario a Ponti (AL) – con le mostre dal titolo Contemporanee. Arte come radice di un’amicizia – continua, fino al 14 settembre, al SAB (Spazio Arte Bubbio) con la mostra Contemporanee. Dialoghi 1, a cura di Livia Savorelli.

In questo intenso dialogo, Carla Crosio ci accompagna nel ventre della sua ricerca…

Installation view “Contemporanee. Dialoghi 1”, SAB, Bubbio. Ph. Paolo Bonfiglio

In un momento di forte dolore collettivo, in cui la logica della sopraffazione prevale su qualsiasi afflato di umanità, l’opera Genesi (2022) mi sembra un ottimo inizio. Trecento semi di diverso materiale – dal marmo alla ceramica raku, dal bronzo fino alla canapa e alla textile art – sono elementi generativi che portano con sé l’idea di un inizio, di un’uscita dal buio, di una rinascita. Sono, come dici tu, “semi buoni da te plasmati con materiali buoni”. Ma il male è sempre dietro l’angolo e alcune forme degenerate, maligne, sovrastano i semi buoni… Parliamo della convivenza bene/male che tu hai ben rappresentato in questa installazione? Vedi, in questi tempi bui, la possibilità di una resurrezione e cosa può l’arte contribuire a fare per allentare le ansie e le paure che originano da questo stato di cose?
Il bene e il male mi pare che siano un tutt’uno, una specie di mostro bipolare. In questi tempi trovo che ci sia molta confusione nel capire cosa sia l’uno e dove sia l’altro.
Resurrezione? Estinzione! Cosa rivivi in questa parola? Per me è il ricordo di una vita, la mia, che si genera da momenti sereni fino al punto in cui mi rendo conto che non c’è nessuna possibilità di accompagnarla verso un orizzonte consapevole e accogliente; sono ormai inglobata senza scampo in questa giungla urbana e sociale che è diventata il nostro habitat. Il mondo non ce la fa più ed io sto rotolando con lui chissà dove. Non è pessimismo, certo non ottimismo. Estinzione è la parola che mi torna in mente da tempo.
Arte non mente mai. Non credo che ti possa aiutare a stare meglio con te stessa se le premonizioni che ti deve divinare sono nefande, tuttavia Lei ti suggerisce cosa sta accadendo in questa implacabile nostra società. Mi rendo conto che sia molto più comodo non stare ad ascoltarla. Attuare la modalità ‘felice’ è più semplice ma allora l’artista perde la sua lucidità, la sua funzione, non fa che mentire prima di tutto a se stesso e poi al Mondo.

Carla Crosio, Genesi, 2022, marmi, canapa, bronzo, ceramica raku, 300 esemplari, installazione misura ambiente. Installation view SAB, Bubbio. Ph. Margherita Levo Rosenberg

Quanto c’è di auto-terapeutico nella tua arte? Credi che dar voce al dolore personale possa attuare un processo di condivisione collettiva? Parlami di Angela (2012), un rosario trasfigurato dall’immaginario del dolore e della morte, una preghiera che trasforma il dolore animale in un gesto di catarsi, di presa di coscienza e di suo lento superamento, come se ciascuna delle 333 ossa di mucca da te ripulite (ricordando l’azione Balkan Baroque di Marina Abramović) e ricucite insieme costituisse una strada di uscita dal lutto e dalla disperazione… 
Il dolore è trasparente come l’intelligenza e ha la stessa valenza sia che si tratti di quello animale che di quello umano.
Il lavoro che faccio serve a me! È propedeutico alla resurrezione dai miei patimenti intellettuali. Non so dire altro. Certo il momento di condivisione avviene quando il mio lavoro esce dal mio studio e la gente si accorge che esistono problematiche esistenziali (condivise o no) che vanno oltre le famose verità del telegiornale. Mi rendo conto che sono donna prima di ogni cosa, ma anche moglie, madre, docente. Tutte queste mie strade generano dalla stessa madre che le ha partorite.
L’Arte, quella ‘ossessione’ che non mi lascia mai, è compagna di vita in tutto ciò che faccio, mi guida in tutte queste mie strade. È presente, nel mio quotidiano compulsivo fare. La mia mente, mentre organizzo altre cose, riserva sempre uno spazio all’ultimo lavoro che sto facendo. Un dolce tormento. Ho bisogno di cascare in un credo e portarlo a compimento senza tregua fino a raggiungerne la nausea; allora capisco che è arrivata la fine e chiudo il lavoro. Angela è mia madre. Ho chiesto ad Arte di aiutarmi a lasciarla andare. E lei lo ha fatto. Ho scelto di usare ossa per rientrare ancora una volta nel suo corpo, nel suo profondo. Per fare il video ho inserito all’interno delle cavità ossee, fino a trovarmi nel dentro del dentro, una piccola telecamera traducendo il tutto in radiografie bianche e nere; la musica forte che accompagna questo entrare crea un suono ossessivo a coprire il silenzio che mi recinta.

Carla Crosio, Angela, 2012, 333 ossa di mucca, filo di nylon, video – Installazione, misura ambiente. Installation view “Contemporanee. Dialoghi 1”, SAB, Bubbio. Ph. Paolo Bonfiglio

La memoria è un processo lento di scoperta e messa in connessione con l’altro cui dedicare un tempo lento, quello della rimembranza, ma è anche uno strumento fecondo di attivazione di storie dimenticate, per riempire vuoti e celebrare nuove rinascite. In memoria di noi (2022) hai scelto cuori di vari materiali: sassi trovati lungo il tuo percorso, in tutti quei luoghi che hai attraversato, sassi che rappresentano la memoria di chi quei luoghi li ha abitati e vissuti, cuori di marmo e ferro, ma anche cuori di argilla cruda. Qui l’installazione scultorea si combina alla performance, cosa hai voluto attivare con essa?
Con l’avvento della tecnologia è diventato tutto più veloce e spesso ci troviamo dietro al computer con facce di cera a ‘lavorare’ il doppio del nostro tempo. Il procedimento del ricordo che si innesca nella memoria è lento, terribilmente lento. Con questo lavoro praticamente in progress, vivo il permanere della memoria.
Cammini per rugosi sentieri, vedi un cuore, procedi oltre. Qualche altro passo poi torni a cercarlo. È un cuore, ma di chi? A chi apparteneva?
E allora parte la tua mente in interminabili considerazioni fino a cercare di fare memoria, di capire per collocare questi presunti avanzi di corpi che incontri nel tuo fare quotidiano. Sono tanti sai! Hai ragione, la memoria è un tempo lento, inesorabile che comunque ti devi prendere se vuoi pensare di ritornare alle tue origini, al tuo dentro.
Il riordinare i pensieri, l’accumulare ricordi si è trasformato in performance, che ha traslato un cuore di terra sciolto nell’acqua in fango primordiale che accomuna tutti noi. In quella performance ho cercato di restituire un cuore di terra, l’ho offerto ai presenti ma nessuno lo ha voluto, nessuno se ne è fatto carico, nessuno si è riconosciuto in lui… così è tornato terra, fango.
La triste considerazione è che ci siamo impossessati della terra come volgari predoni, senza accorgersi di cosa contiene, di cosa veramente ha da offrirci, senza capire che noi siamo la terra, che ne facciamo parte.

Carla Crosio, Amen, 2009, ferro, dissuasori per uccelli, fiori in stoffa e plastica, mosche giocattolo, cm 10×1700 – h cm 5, 17 elementi

Il flebile confine tra caducità ed eterno è il filo conduttore di Amen (2009), importante installazione in cui fiori di stoffa e plastica “mai stati vivi”, usati per commemorare le spoglie del defunto, si librano grazie ad un ideale soffio di vento e divengono nuovamente simulacri della finitudine umana. Come hai concepito quest’opera e da quale tuo luogo interiore si origina?
Il vento era reale, il luogo veramente casuale, un cimitero. Mi sono ritrovata addosso queste piccole presenze animate dalla folata improvvisa. Ancora una volta la mente ha indagato questo accadimento, e ho trovato ricordi nel mio vissuto.
È una dolce pietà che mi ha esortato a farmi carico di queste anime perennemente vaganti. Sinceramente è un  sentimento che non mi pervade, che raramente si fa sentire perché credo nella responsabile paternità di ogni gesto che compiamo, tuttavia come non farsi carico di questo abbandono per sempre?
Mi sono immaginata tombe senza nome vuote di memoria, tombe che hanno avuto questi fiori di plastica una volta e per sempre. Poi l’oblio.
Crudele, li ho raccolti costringendoli, imprigionandoli tra dissuasori per uccelli affinché non volassero ancora via e restassero per sempre con me. Sinceramente non ho ancora capito se ho dato loro dignità trasformandoli in un lavoro oppure una prigione peggiore rispetto all’eterno vagabondare nel vento.
Amen.

Installation view “Contemporanee. Dialoghi 1”, SAB, Bubbio. Ph. Diego Santamaria

La forza del silenzio e la volontà di onorare il tuo tempo presente sono alla base del catartico lavoro MagnaCharta/testamento. Novanta metri di “domande al mondo”, di tracce e segni di un percorso doloroso e disegni per esorcizzare il trauma di una ferita, i segni indelebili di una malattia…
Mi ritrovo a cercare l’origine delle cose. E dei miei lavori. E allora scavo dentro al mio corpo per capire ancora e ancora e ancora. Qui il motivo appare segnato sul confine del mio corpo, sulla pelle del mio seno. È un taglio perfetto che a volte luccica al sole e altre si camuffa tra l’abbronzatura. Sì tutto nasce dal mio cancro. Dire cancro con consapevolezza e coraggio serve a sconfiggere il drago. Faccio appello a chi sono e scrivo i tanti interrogativi (ai quali non so rispondere) su di un lungo foglio sul quale mescolo lacrime (poche) e medicine liquide che mi aiutano a guarire.
Scrivere insieme ad Arte il mio testamento anche immersa in una chiesa con musicisti che suonavano arte medievale con strumenti originali (‘gaudete’ festival internazionale di musica antica) ha contribuito a farmi guarire da pensieri codardi e disonorevoli.
L’essere circondata da quei suoni che parevano trasportati da un vento caldo arrivato da lontano fino a me, mi ha dato il senso del succedersi del tempo, dell’immortalità che supera il presente e va oltre, dell’intreccio tra memoria e futuro; mi ha collocata nella giusta casella, mi ha aiutato a pensare consapevolmente che io non ho paura. Poi ho continuato la strada che unisce e non divide la vita dalla morte fino alla chiusura del testamento.

Installation view “Contemporanee. Dialoghi 1”, SAB, Bubbio. Ph. Diego Santamaria

Le tue opere sono esseri metamorfici in continuo divenire, questo implica che nessuna delle stesse possa essere considerata definitivamente conclusa, come nel caso di UmbelicalCorde
Attraverso la mia vita con i miei lavori in un dialogo continuo. I tempi del fare scultura generalmente sono lunghi, e ‘noi’ viviamo insieme tanto tempo durante il quale io cresco, cambio, vivo. Da un po’ di tempo non metto più la data ai miei lavori. È un fatto istintivo, naturale. Vorrei che non avessero tempo.
E l’ho capito quando è nato il covid. Trent’anni or sono ho costruito un’installazione con tantissimi ‘virus atomici’ ricavati da tenoni di ferro dell’industria tessile. Di colpo ho ripreso quel lavoro scoprendo che la mia premonizione era diventata un fatto reale… contemporaneo. Quella installazione è immortale.
Capisco che una data di nascita i lavori debbano averla, è storicamente importante, ma i lavori sono nati con me e moriranno con me…. Potrei dirti che ho già pensato al come!
UmbelicalCorde è stato un lavoro importante per la mia crescita intellettuale. Tempo fa ho racchiuso in lui cose che ho avuto modo di avere tra le mani, che hanno dato un senso al mio vivere, ora il lavoro rivisitato appare spoglio, silente, scarcerato da ammassi di materiali, spoglio, crudo. E non si tratta di una decisione formale dedicata all’essenzialità del pensiero contemporaneo, piuttosto di un bisogno di non possedere. Solo il virus che abitava UmbelicalCorde è rimasto imprigionato tra la rete del cordone. Un giorno ci lascerà e il male se ne andrà partorito e libero nel mondo.

Carla Crosio, UmbelicalCorde, tubolare di plastica, lane colorate. Installation view SAB, Bubbio. Ph. Margherita Levo Rosenberg

Particolare forza ha, nella tua poetica, l’utilizzo del tessile, a costituire dei grovigli o delle imponenti installazioni composte da fili e trame (penso a corpi celesti | costellazione del cancro o Io non sono più qui). Cosa rappresenta per te il filo e cosa vuoi che esso contribuisca a delineare?
Corpi celesti | costellazione del cancro è un accadimento della mia vita, Io non sono più qui è tutta la mia storia passata. La lana, la corda il filo di ferro sono materia facile, esecutiva che mi permette di costruire lavori che posso portare con me. Essi mi permettono di lavorare, di proseguire il mio pensare ovunque. Una sorta di scultura da asporto… sì, come la pizza!
Cucendo mi tornano alla mente donne che hanno usato il filo per costruire o sanare storie personali, sociali e artistiche. E questo mi permette di essere interconnessa e di condividere i fatti della storia. In corpi celesti | costellazione del cancro il costruire grovigli e nodi che formano accumuli di lana praticamente non districabili mi ha permesso di trasmettere la cruda realtà del mio corpo e il patire della mia mente, mentre in io non sono più qui la lana è legata dolcemente al filo di alluminio a ricordarmi che la mia vita è stata una passeggiata nel tempo che mi è concesso. Impossibile raccontarla tutta, ma sicuramente impossibile tornare indietro. Chissà quanti chilometri di filo dovrò lavorare prima della mia fine.
Un attore in occasione di una delle tante feste per le donne (che condivido poco)  è riuscito a fatica a camminarci dentro. È difficile entrare nella vita degli altri!
Quando ho bisogno di compagnia progetto un lavoro leggero come l’anima, un lavoro madre che mi accompagna e mi consente di parlare a me stessa ovunque io sia. Grossi lavori in lana separati in moduli e successivamente assemblati restano con me ovunque io vada.

Carla Crosio, Io non sono più qui, filo di ferro, filo di alluminio, lana rossa, installazione ambientale. Installation view “Contemporanee. Dialoghi 1”, SAB, Bubbio. Ph. Paolo Bonfiglio

Per chiudere, oltre al rapporto personale che vi lega, quali sono le principali affinità che accomunano il tuo lavoro e quello di Margherita Levo Rosenberg con la quale hai intrapreso un nuovo dialogo creativo?
Che dirti? Ci siamo incontrate. Diversissime per vita e fare artistico. Non ho ancora capito cosa abbiamo in comune. Certo è che i nostri incontri artistici sono esplosivi, soprattutto quando installiamo una mostra. Margherita mi piace, penso che non devo cercare motivazioni altre. Mi piace e basta il risultato che otteniamo confrontando i nostri lavori.

Carla Crosio, infected, 2021, tela, silicone, lane, 100 esemplari fronte-retro. Installation view SAB, Bubbio. Ph. Margherita Levo Rosenberg

CONTEMPORANEE. DIALOGHI 1
CARLA CROSIO | MARGHERITA LEVO ROSENBERG
A cura di Livia Savorelli

2 agosto – 14 settembre 2025

SPAZIO ARTE BUBBIO
Regione Giarone snc, Bubbio (AT)

Orari: venerdì | sabato | domenica dalle 15.00 alle 19.00 o su appuntamento telefonando al 3356086701

Info: www.spazioartebubbio.com

Condividi su...